Mio figlio ha quattro anni e mezzo e, seguito dalla sorellina che lo imita e lo contrasta al contempo, visita spesso la nostra libreria dove trova, nei ripiani adeguati all’altezza dei bimbi, gli albi illustrati che abbiamo letto insieme in questi anni, nei momenti più preziosi. Quando mi vedono sbucare su per le scale, al rientro dal lavoro, mi rincorrono con l’albo illustrato e chiedono spesso la mia voce. Il problema è che la piccola Yaeli desidera uno spazio privilegiato unicamente per lei, senza il fratello. Le lotte sono selvagge, le urla e le contese furibonde. Quando la lotta si risolve, la tregua dà tempo alla ricchezza delle storie.
Recentemente, durante una gita in pattini, nel tentativo di afferrare Nael, che invece pedalava sulla sua bicicletta e stava cadendo in una scarpata, in un’acrobazia mal riuscita sono caduto, sbucciandomi un ginocchio. Siamo rientrati a casa, con il piccolo illeso, mentre io lamentavo comprensibilmente un dolore alla rotula sanguinante. Dopo aver medicato la ferita, ho spiegato a Nael che mi sono spaventato, ho avuto paura, ho frenato bruscamente senza valutare le buche nell’asfalto, e così sono caduto.
“E adesso hai paura ancora?”
“No, e tu ti sei spaventato?”
“Io no. Io non ho avuto paura. Però adesso non andiamo più in bicicletta e tu con i pattini?”
“Adesso no. Adesso stiamo qui in terrazza. Puoi andare a prendere un libro.”
La sorellina dormiva, quindi, in questo caso, il fratello avrebbe goduto di tempo e spazio. Ha preso la rincorsa, diretto verso la libreria ed è tornato poco dopo con cinque titoli.
“Ho scelto questi.”
Ed ecco la sorpresa:
Maurice Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi (Babalibri, 1999 – prima ed. 1963), Henriette Bichonnier, Il mostro peloso (Emme edizioni, 1985 – prima ed. 1982), Russel Hoban, Quentin Blake, Mostri (Nord-Sud, 2013 – prima ed. 1979), Levi Pinfold, Cane nero (Terre di mezzo, 2013), e Heinrich Hoffmann, Pierino porcospino (Der Struwwelpter, Modern publishing house, 2008, prima ed. 1845).
Ha voluto che leggessi tutti i testi, nei quali la presenza di mostri – o, nel caso del “cane nero”, di animali che incutono timore – è evidente.
IL MOSTRO PELOSO
«Nel bel mezzo di una foresta fitta fitta, in una caverna umida e buia, viveva un mostro peloso. Era assolutamente ripugnante: la sua testa era enorme, e da essa uscivano direttamente due piedini piccolissimi…», si legge nel Mostro peloso, che rimane godibile anche per il ritmo narrativo: dalle sequenze descrittive allo scambio saettante di battute in rima tra il mostro e la bambina irriverente che vorrebbe divorare, ci fa ridere di gusto: alla fine la bestia esplode di rabbia; schizzano brandelli di carne mostruosa ovunque. Anche la sintassi è interessante ai fini di una riflessione sul legame tra nome, articolo e aggettivo. Evidentemente a mio figlio interessa la sfida finale, con la bimba Lucilla che si prende gioco del mostro peloso, rispondendo in rima alle sue minacce: le paure sono superate così.
CANE NERO
Cane nero di Levi Pinfold ci parla invece della percezione dei signori Hope, appena svegliatisi, quando vedono un cane appostato all’esterno della loro casa. È enorme. “C’è un cane nero grande come una tigre fuori da casa mia!” “Ma lo sai che c’è un cane nero grande come un elefante qui fuori?”, “Ma lo sapete che c’è un cane nero grande come un Tyrannosaurus Rex qui fuori?” dicono i genitori e il fratello di Small, la piccola protagonista della storia. Lei vuole uscire di casa e giocare con il gigantesco animale: lo conosce. La bambina si mette a correre, e lui la segue: i due s’infilano nei tubi al parco giochi, finché ci rendiamo conto che il cane adegua la propria dimensione al contesto nel quale si trova – in quel caso, in un ambiente giocoso, fatto di parole, sberleffi e rincorse. Alla fine, il cane rimane intrappolato sotto il coperchio di una padella. E le paure sono superate grazie all’incontro, al superamento delle barriere, alla natura infantile. A spaventarsi, ancora una volta, sono gli adulti barricati in casa con le pentole in testa, nascosti in cantina, convinti che il cane li divori (e non escono nemmeno per salvare Small!).
MOSTRI
John, protagonista di Mostri, classico della letteratura infanzia, pubblicato per la prima volta nel 1979, ama disegnare mostri, finché un giorno, su un rotolo di carta da pacco, ne disegna uno davvero grande che viene fuori dal disegno e si materializza. «Disegnava mostri che sembravano budini spappolati, mostri con centinaia di occhi e con strane orecchie. Disegnava mostri squamosi, mostri pelosi, mostri sassosi, mostri verdurosi e mostri talmente mostruosi che se si fossero visti allo specchio si sarebbero spaventati a morte!». La preoccupazione dei genitori e dei medici si contrappone alla spensieratezza di John, immerso nella propria illimitata fantasia.
NEL PAESE DEI MOSTRI SELVAGGI
È un potere, quello di saper giocare con le carte del fantastico, ben presente nel Paese dei mostri selvaggi. Qui si narra il viaggio di Max, un viaggio zeppo di riferimenti (anche danteschi), e con una dinamica interessante che coinvolge ancora l’immagine dell’adulto minaccioso contrapposto al bambino ribelle che libera la fantasia per trasformare la propria camera in una foresta, in un mare, in un’isola nella quale approdare e dove tenere sotto controllo le paure: diventerà re di tutti i mostri, più selvaggio di loro. Il testo, pubblicato nel 1963, ha subito censure (rieccoli, gli adulti preoccupati), ma per fortuna le grandi opere di pensiero sono inarrestabili.
PIERINO PORCOSPINO (STRUWWELPETER)
Infine, citiamo le cattiverie che possiamo recuperare da Pierino Porcospino di Heinrich Hoffmann, nella sua opera pubblicata nel 1845, terribilmente attuale: «Ricordate quel bambino / sempre lercio e puzzolente, / sì, Pierino Porcospino, / aborrito dalla gente? / Unghie lunghe, testa incolta, / insultava il mondo intero, / incitava alla rivolta / come un bieco guerrigliero. / Se passava per la via / “Ma è Pierino Porcospino! / – gli gridavan – Pussa via! / Oh, che schifo quel bambino!».
E finita questa lettura, mio figlio, probabilmente inconsapevole delle sue scelte (e sinceramente non ricordo, davvero, se quei libri erano ordinati uno accanto all’altro, o se la sua scelta è stata, vista l’esperienza di lettura, anche ragionata) m’ha chiesto se io avessi paura di tutti quei mostri.
LO YARK
Qualche giorno dopo ho scoperto Lo Yark di Bertrand Santini, illustrato da Laurent Gapaillard (Officina libreria, 2015, prima ed. 2011). Qui si legge che «tra tutti i mostri che brulicano sulla terra, l’Uomo è la specie più diffusa. Ce n’è un’altra, tuttavia, meno nota e più astrusa. È lo Yark». Adora mangiare i bambini buoni, mentre, quando per sbaglio ne mangia uno malvagio, selvaggio o abituato a combinare guai, sta male e gli viene il mal di pancia e la caghetta. Per raggiungere i bimbi buoni, gentili, obbedienti, lo Yark riesce a rubare l’elenco a Babbo Natale. La situazione narrativa è invitante, e difatti il mostro capita a capolino del letto nel quale dorme la bimba più brava del mondo. Quando però la piccola si sveglia, abbraccia lo Yark, felice di vederlo. Ma per non farsi mangiare da lui, ora deve rivelarsi una monella di prim’ordine, così fa la cacca nella cartella. Il mostro scappa disperato. Al secondo tentativo arriva da un altro bambino buono, Lewis, e lo divora. Ma quale sorpresa nello scoprire che in realtà ha ingoiato il fratello, un vero teppista! La pancia gorgoglia: «assalito da una diarrea molesta più di mille diavoli, lo Yark fila come un razzo nella foresta. A ogni falcata, una sinfonia di peti lo sventurato orchestra […] Una terribile esplosione lo strappa dalla vegetazione. Come un razzo spaziale decolla in verticale. Il suo didietro a ozono gli fa superare il muro del suono. E come Pegaso, il cavallo alato, lo Yark scompare nel cielo stellato, a tutto gas». Ma un giorno il mostro conoscerà Madeleine, e incontrerà anche i bambini selvaggi… Il testo mette a dura prova le convinzioni perbeniste degli adulti (mostruosi) ed è un vero e proprio divertimento narrativo e linguistico.
GUARDO I MIEI FIGLI
Guardo i miei figli seduto in mezzo alla terrazza, tra Lego, giochi, disordine. Litigano. Stanno aggrappati alla staccionata sulla quale si arrampicano spesso. La piccola è in bilico, rischia di cadere, cerca di provocare il fratello. Sono nervoso. Un genitore deve mantenere la calma. Urlo? Li separo? Ora si stanno contendendo selvaggiamente un gioco, e temo che si facciano male, perché le assi dello steccato al quale sono appoggiati non è sicuro. Quante paure. Sono due esserini selvaggi. Ho ben presente le immagini di quando sono nati.
«L’avvento di un nuovo nato è sempre un evento molto considerato. La sua nascita nell’accogliente mondo degli uomini è a giusto titolo celebrata con bomboniere, champagne da bere e, per i più fortunati, con l’apertura di un conto presso un banchiere. Ma quanto è breve l’età dell’oro! Perché di anno in anno bisogna ben ammettere che la creatura perde molto del suo fascino. Corpo e carattere si corrompono a ogni compleanno. Il tempo l’appesantisce, sfigura, inebetisce… Di chi è la colpa? Di quel Mostro adulto che al suo interno cresce costante, come in un giardino un’erbaccia infestante».
E questo è lo Yark, a pagina 53, quando descrive una foresta popolata invece da bambini selvaggi. Mia figlia pochi giorni fa è caduta da un muretto. Pronto soccorso, rientro notturno, niente di grave, tanta paura.