Un oggetto artistico è qualcosa che piace? #3

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Nelle scorse due settimane mi sono dedicato al tema: “un oggetto artistico è qualcosa che piace?”. Prima me ne sono occupato direttamente, poi attraverso il parere autorevole di Tiziana Andina. Oggi vorrei concludere la trilogia dando conto dell’esperienza didattica che nei mesi scorsi ho organizzato su questo tema e che ha coinvolto quattro classi di due istituti friulani.

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Su La ricerca ho già avuto modo di presentare le dispute filosofiche, come modalità ludico-didattica. Nella versione della disputa la quale adotta il protocollo Patavina libertas, si svolgono incontri tra squadre preparate a discutere e argomentare su un tema assegnato. In questo tipo di attività, nelle squadre vengono individuati dei veri e propri ruoli legati a ciò che si va a presentare nella disputa: ci saranno perciò un intervento introduttivo, o di prologo, due interventi di argomentazione, due di critica delle posizioni avversarie e, infine, la conclusione, o epilogo. Come capita nei giochi a squadre, ciascun ruolo finisce per specializzarsi, essendo dotato di proprie peculiarità. Chi prepara l’introduzione deve avere buone capacità di sintesi e una forte comunicativa, chi prepara gli interventi argomentativi deve essere rigoroso e capace di convincere, chi prepara gli interventi di critica deve essere capace di esprimere una polemicità acuta e vivace, ma naturalmente corretta. Chi, infine, presenta l’epilogo deve avere una buona capacità di sintesi e una certa capacità di improvvisazione, per tenere conto di quanto emerso nel corso del dibattito. Vince la squadra che, complessivamente, si presenta meglio sul piano retorico, dialettico ed espressivo.

Durante il presente anno scolastico ho svolto due incontri interni al Convitto Nazionale “P. Diacono”, a Cividale del Friuli (UD), ove insegno. Il Convitto è una realtà complessa, comprendendo al proprio interno tra l’altro alcuni indirizzi di scuola secondaria superiore. Perciò ho svolto un primo incontro nell’ambito del Liceo Scientifico (6 marzo). Dopo questa fase, con alcuni tra i migliori allievi segnalatisi nell’attività interna allo Scientifico ho organizzato una seconda sfida (26 aprile), questa volta con il Liceo Socio-Psico Pedagogico, che è appunto uno degli indirizzi del Convitto. Nelle attività volte a preparare i miei allievi, che in quell’occasione dovevano difendere la tesi contro (cioè che non è vero che un oggetto artistico è qualcosa che piace), ho assegnato alcuni capitoli del libro di Tiziana Andina, Filosofia dell’arte e ne abbiamo discusso nelle classi. Inoltre, grazie alla generosa disponibilità della studiosa, ho organizzato un incontro tra l’autrice e i ragazzi, in teleconferenza. In seguito all’esito di questo secondo scontro, ho formato una squadra composta da quelli che mi parevano i migliori elementi, sulla base di quanto emerso nelle fasi svolte, coinvolgendo gli allievi delle tre classi che si erano confrontate fino a quel punto. La squadra così composta aveva il compito di misurarsi col liceo “G. Bertoni” di Udine in una disputa che il giorno 30 aprile si sarebbe svolta in una sede esterna alle scuole e pubblica. Il tema della seconda sfida e quello della sfida col liceo “Bertoni” è stato, appunto: “un oggetto artistico è qualcosa che piace”. Esso è stato scelto perché dà modo di fare filosofia, ma al contempo di studiare l’arte e in particolare l’arte contemporanea, discutendone le opere più provocatorie e controverse: l’occasione di una interdisciplinarità pareva arricchente. Il tema del piacere nel contesto della fruizione dell’opera e del giudizio sull’artisticità è poi un topos classico dell’estetica. Oltretutto, per come è formulato, il tema consente uno spazio plausibile di manovra sia a chi deve sostenere la tesi pro, sia a chi deve sostenere quella contro, anche se forse su questo punto Tiziana Andina non sarà d’accordo. Si tratta di un’esigenza importante in questo genere di attività, per non mettere a priori in svantaggio una delle due squadre.

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Vorrei dare conto, in estrema sintesi, delle strategie argomentative proposte da ciascuna delle due squadre, durante la fase finale. La squadra rappresentativa del Convitto Nazionale, denominatasi Art Attack, doveva sostenere la tesi pro. In un primo argomento gli Art Attack hanno sostenuto che tanto a partire dalla psicologia, con riferimenti a Fechner e Freud, quanto a partire dalla filosofia si debba concludere che un oggetto artistico è qualcosa che piace. L’intento dell’artista è di emozionare i fruitori, suscitando in essi una qualche tipologia di piacere. Questo infatti non si riduce al solo piacere estetico, ma può anche essere un piacere intellettuale. Nella seconda tesi, gli Art Attack hanno sostenuto che il piacere è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per definire un’opera d’arte come tale. Proprio a partire da una teoria istituzionale, secondo cui un oggetto viene definito artistico da persone che appartengono al mondo dell’arte, gli Art Attack hanno osservato che, per ottenere tale status, l’oggetto deve essere stato apprezzato. Esso insomma deve essere piaciuto in qualche modo. In tale percorso argomentativo gli Art Attack hanno fatto riferimenti puntuali al mondo dell’arte, mostrando che anche le opere più lontane dal bello, come ad esempio quelle del MOBA (Museum of the Bad Art), sono proposte per una loro forma di eccellenza, in questo caso del brutto, così che, pur non piacendo esteticamente, possono piacere intellettualmente quando si capisce l’intento con cui sono state proposte.

La squadra rappresentativa del Liceo “Bertoni” si è data il nome di Pedanteschi. Essa doveva sostenere la tesi contro. La sua prima argomentazione è consistita nel sostenere, sulla scorta della logica aristotelica, che il topico non può costituire una definizione di oggetto artistico. Con la seconda argomentazione i Pedanteschi hanno sostenuto, citando Arthur Danto, che il piacere suscitato da un’opera d’arte può essere di due tipi: quello estetico e quello artistico. Il primo però non è sempre presente nelle opere d’arte, come chiarito nell’estetica del brutto di Karl Rosenkranz. Il secondo tipo di piacere d’altra parte non è legato all’opera stessa, quanto piuttosto ai portati dell’opera (il suo messaggio, lo status sociale di chi la produce o la compra). Se insomma c’è del piacere quando si contempla certa arte, esso non è una qualità intrinseca dell’oggetto artistico stesso e per questo non è vero che un oggetto artistico è qualcosa che piace.

Al lettore il compito di giudicare quali siano le posizioni che egli ritiene più solide e condivisibili. Io ho il dovere di cronaca di riportare il giudizio formulato dalla qualificata giuria, composta dal prof. Adelino Cattani, docente di teoria dell’argomentazione dell’Università di Padova, e dal dott. Manuele De Conti, dottorando di ricerca presso l’Università di Padova. Essi, tenendo conto degli argomenti, ma anche della parte dialettica e dell’efficacia espositiva, hanno decretato la vittoria della squadra Art Attack. La vittoria più importante, a mio parere, è però quella di tutti i ragazzi che con grande generosità si sono impegnati nell’iniziativa. Dà, infine, da pensare che la sfida tra Convitto Nazionale e Liceo Bertoni sia piaciuta al pubblico numeroso che vi ha assistito, pur non essendo essa un’opera d’arte (ma ne siamo proprio sicuri?).

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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