Tutti lo sanno

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Il regista iraniano Asghar Farhadi è uno tra gli autori più interessanti del panorama del cinema contemporaneo. I suoi film raccontano le relazioni umane con delicata sensibilità psicologica e scavano all’interno dei complessi legami di famiglia, mettendone in risalto gli aspetti dissonanti. Le sue sono piccole storie, girate con stile sobrio, elegante e minimalista, che si addentrano nelle zone d’ombra dell’esistenza, portando in luce l’ambiguità, il dubbio e le contraddizioni dei sentimenti.

Con About Elly (2009), Una separazione (2011), Il passato (2013) e infine con Il cliente, Farhadi ha sempre messo al centro del suo discorso cinematografico le difficoltà, le incomprensioni e i fallimenti delle relazioni umane. Nonostante quasi tutti i suoi film siano ambientati in Iran o comunque legati al suo paese d’origine, possiedono il respiro universale del grande cinema. Le sue storie appartengono all’umanità, ed esprimono il senso più profondo dell’esistenza. I protagonisti delle sue opere sono spesso oppressi dal peso del passato, dal ricordo di esperienze ingombranti, da vissuti scomodi. Oppure vivono un presente che non sembra più soddisfare le aspettative e i desideri più profondi.

È uscito da poco sui nostri schermi l’ultimo lungometraggio di Asghar Farhadi, Tutti lo sanno, già presentato in anteprima al Festival di Cannes 2018: si tratta della sua prima grande produzione internazionale, una vicenda ambientata in Spagna e interpretata da attori molto famosi. Tuttavia non dobbiamo farci confondere dalle apparenze. Il film non si discosta dal suo percorso poetico, restando coerentemente all’interno del perimetro del suo cinema. Forse anche perché il regista ha firmato la sceneggiatura e scelto personalmente gli interpreti.

Come racconta il regista, l’idea del film è nata durante un soggiorno in Spagna:

Quindici anni fa sono stato nel sud della Spagna. Durante questo viaggio, in una città ho visto diverse foto di un bambino affisse ai muri. Quando ho chiesto chi fosse, ho saputo che era un bambino scomparso e che la sua famiglia lo stava cercando: lì è nata la prima idea del film.

Anche la scelta dei protagonisti non è casuale:

I due personaggi principali sono stati scritti per Penélope e Javier. Erano quattro anni che parlavamo della sceneggiatura e avevano già accettato di fare il film. Quindi ho scritto il copione pensando a loro.

Laura vive da molti anni in Argentina e torna in Spagna con i figli per il matrimonio della sorella. Durante il ricevimento, la figlia adolescente scompare: è stata rapita. L’evento, oltre a sconvolgere la vita di Laura, fa riaffiorare un segreto del suo passato.

Come spesso accade nel suo cinema – pensiamo alla sparizione in About Elly o all’incidente in Il Cliente – è un evento esterno che rompe un apparente equilibrio, spesso precario e instabile, per mettere in moto le dinamiche psicologiche tra i personaggi e i successivi sviluppi della vicenda. La narrazione prende ben presto la piega di un classico noir, in cui il piccolo paese e la famiglia diventano il centro di un oscuro intrigo. Il rapimento, e la successiva richiesta di riscatto, fanno riemergere vecchi rancori mai assopiti, odio, invidia e indicibili segreti familiari, nascosti nell’ombra buia della coscienza.

Grazie alla sua solida formazione teatrale e a una ferma mano autoriale, Farhadi non scade nei facili stereotipi del genere. Il film procede, più che per un susseguirsi di azioni, per pause e silenzi, che simbolicamente rimandano al tema del segreto, del non detto, dell’assenza. Le sottrazioni allo sguardo e alla parola diventano cosi gli architravi su cui poggia la storia, l’orizzonte che avvolge i personaggi nel loro forzato immobilismo psicologico. Solo il disvelamento di un vecchio segreto segnerà la fine di questo tempo sospeso e rimetterà in moto le vite dei protagonisti.

Il tema del tempo, dell’inconciliabilità di passato e presente, come fossero due dimensioni estranee e non uno sviluppo di un continuum lineare, attraversa tutta l’opera del regista.

Non è un caso che questo film inizi con la sequenza di un orologio di un vecchio campanile di hitchcockiana memoria. In fondo anche Laura, come la protagonista di Vertigo, è una “donna che visse due volte”: una vita in Spagna e una in Argentina. Due uomini e due grandi storie d’amore. Quando l’omertà del piccolo cerchio familiare si spezza, tutto si mostra per quello che è realmente, innescando una serie di prese di coscienza e di scelte ineluttabili. Il punto di vista del regista resta volutamente neutro e la narrazione procede senza mai cadere nella tentazione di un giudizio morale, lasciando il campo aperto allo sguardo e alla coscienza dello spettatore.

Tutti lo sanno
Regia: Asghar Farhadi
Con: Penélope Cruz, Javier Bardem, Ricardo Darìn, Eduard Fernàndez, Bàrbara Lennie, Inma Cuesta, Elvira Minguez, Saadet Aksoy, Carla Campra, Jaime Lorente, Roger Casamajor
Durata: 130 minuti
Produzione: Spagna-Francia, 2018

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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