Tema di S.
“Cosa vuole che s’impari,
con dieci ore al giorno?
Certe volte la scuola
mi somiglia allo zapping:
premi un tasto, cambia l’ora,
e via con una roba che non c’entra
un’emerita con quella precedente.
E poi immagazzinare, registrare
a memoria… Conta questo, per voi.
Ma imparare è un’altra cosa, professore:
c’è bisogno di tempo, fallimenti,
dormite sotto a un albero per potere
imparare davvero. Me lo dà, lei,
il permesso di sbagliare,
di perdermi in un sogno?”
***
Confessione di A.
“Come si sentirebbe, lei,
di fronte a delle statue parlanti,
gente che non ricorda nemmeno
il tuo nome, che ti ignora
nei corridoi ma poi decide
di te, di quanto vali?
È come se la mia vita si fermasse
la domenica sera e riprendesse
il venerdì. È più scuola
o galera, secondo lei, questa qui?”
***
Scuola a distanza
I.
Certo, parliamo di Boccaccio:
qualcuno se la ride, i non-oscuri,
quando sente Ciappelletto spergiurare
sulla sua verginità – però non è la lontananza
il vuoto più penoso di questa scuola,
di questi giorni: il male immedicabile
è che parlandoci così, da lucina
a lucina, da schermo a videocamera,
è impossibile guardarsi negli occhi.
II.
“Se posso dire una cosa anch’io”,
e alza la mano con pudore,
sperando quasi di non essere notata
“è che va bene, la scuola a distanza
ha fatto schifo a tutti, ma la scuola
che c’era prima, invece,
quella a voi piaceva?”
*
“A un certo punto ho staccato la spina,
in tutti i sensi: quella del computer
e anche quella del cervello.
Non mi alzavo più dal letto,
sprofondavo in me stessa.
Mi sono accorta improvvisamente
di essere al mondo, di essere io”.
*
“Per me è arrivato solo
l’inizio della fine. La famiglia
sgretolata. Le sorelle quasi ostili,
presenze da schivare.
Così ti scrivo questo,
cara me del futuro: ricorda
che sei forte, se ti sembra di non esserlo.
Ricorda che hai saputo
sopravvivere anche tu, ritrovare
nel buio della camera un conforto”.
*
“Quando qualcuno
gli parlerà del girotondo,
i bambini chiederanno alla maestra
che cos’era. Come la stufa,
la carta da lettere, la sveglia,
l’iPod… le cose che una volta c’erano
e adesso non ci sono più”.
*
“A te che sarai ventisettenne,
nel ’30, e che magari avrai pure
un figlio un lavoro una città
lontana da Lugano e con un nome
molto buffo, dico buona fortuna,
buon tutto. Pensami, quando puoi.
ma non troppo”.