Tre urgenze per la scuola

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Ci lasciamo alle spalle una stagione interrotta, perciò l’attuale passaggio congiunturale più che tempo di bilanci è il momento per fissare le urgenze. Ci sono cose che non dovrebbero caratterizzare l’azione del prossimo governo circa la scuola.

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Sono la preoccupazione di tagliare le spese, di riordinare i cicli (cioè ancora di tagliare le spese), di digitalizzare la scuola (cioè ancora di tagliare le spese, almeno nelle intenzioni o nella retorica usata), di cancellare gli esami (ossia, di nuovo, di tagliare le spese). Per contro, ecco quali dovrebbero essere, a mio parere, le tre preoccupazioni più urgenti:

Investire – Servono investimenti nell’edilizia scolastica. Servono edifici nuovi, ma è anche indispensabile che quelli esistenti siano luoghi confortevoli. Servono aule scolastiche accoglienti, aule insegnanti vivibili, attrezzate adeguatamente. Servono poi investimenti importanti per la formazione continua dei docenti. Andrebbe favorita la costituzione di reti tra scuole e tra docenti, perché le esperienze nate in loco possano essere condivise.

Valorizzare la professionalità docente – L’aumento degli stipendi degli insegnanti dovrebbe essere realizzato subito. Le spese di aggiornamento e di autoformazione andrebbero defiscalizzate. Andrebbero defiscalizzate anche le spese sostenute dai docenti per informatizzarsi: di fatto ormai i computer sono un’appendice indispensabile alla pratica di lavoro in classe. Andrebbero valorizzate le professionalità, premiando il merito e creando incentivi che motivino la classe docente. Non è ormai tempo di valutare i valutatori? I timori che questo avvii spirali inquisitorie sono fondati. Si può pensare però a un sistema equilibrato che eviti i pericoli e non rinunci ai vantaggi del controllo. Questo non sarebbe una forma di sfiducia, ma un’opportunità di feedback. Lo si potrebbe agganciare a una promozione del merito non necessariamente di tipo economico.

Razionalizzare l’introduzione del digitale – Anche per stemperare una delle parti più originali del programma del Movimento 5 Stelle – diciamo le cose come stanno – ci si è lanciati a digitalizzare le scuola. Si è trattato di una corsa senza senno e senza metodo. Sono stati spesi molti soldi, cominciando a mettere in piedi un sistema privo delle infrastrutture necessarie per funzionare a dovere. Soprattutto, non è stato creato alcun sistema di monitoraggio per valutare le novità in atto e per continuare a introdurne con discernimento. Servono importanti e urgenti investimento sulle infrastrutture di base (soprattutto reti wireless). Il mondo dell’informatica ha fatto in breve passi enormi soprattutto perché ha seguito una metodica: si fa qualcosa, se ne valutano le conseguenze, si lavora per superare i problemi rilevati. Questo modello a tre passi non viene però seguito oggi per la digitalizzazione della scuola. Digitalizzare senza seguire i metodi del digitale porterà sprechi e inefficienza.

In un periodo di difficoltà economica come l’attuale sembra irragionevole chiedere risorse, eppure in parte esse sono già state allocate. Si tratta ora di pensarne un utilizzo più meditato. In parte le risorse vanno aggiunte. Per il Paese sarebbe una boccata di ossigeno e non solo perché quanto investito ricadrebbe subito nel ciclo economico. Il punto chiave è, come si ripete da molti e da molto, che a non investire sull’istruzione, non si promuove il futuro. Un’idea semplice che chi guarda avanti dovrebbe tenere fissa.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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