Ricerca #15

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Che razza di scuola - Accogliere, raccontare, insegnare le differenze.
Borselli Ribolla
L’antropologia, sapere di frontiera, ci può aiutare a capire meglio il mondo che ci circonda. Proponendo un pensiero “meticcio”, transculturale, dove ogni uomo, migrante o meno, gode delle medesime “universali” possibilità.
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Dieci anni fa la prima scuola, ora sono quarantadue. Lingua italiana per giovani e adulti migranti; quaranta, cinquanta studenti per quasi altrettanti professori. Senza classi. Senza voti. Senza registri. Senza burocrazie. Funziona.
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L’integrazione non è un processo spontaneo e vuole didattiche e interventi specifici, ma è favorito dalla capacità/volontà di accogliere, dalla curiosità per l’altro, dalla disponibilità. Solo così crolla lo stereotipo dello straniero.
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Cosa significa insegnare in una classe di trentatré studenti, tutti cinesi? Tra gemellaggi poetici e mediazioni culinarie, il racconto della scuola multietnica: un’indimenticabile avventura
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A ottant’anni di distanza, quali sono le avvertenze da considerare nell’inserire in un percorso didattico il racconto delle leggi razziali e della persecuzione dell’infanzia nell’Italia fascista?
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Il contributo dell’antropologia a una prospettiva pedagogica capace di aprire la scuola al dialogo con i migranti e la città.
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Come parlare correttamente di immigrazione? Ne abbiamo parlato con Eleonora Camilli di «Redattore Sociale».
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Dall'ultimo numero de «La ricerca», con l'originale in lingua romagnola affiancato dall'autotraduzione in italiano.
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Del perché, invece dei grandi valori trasmessi dal mondo classico, abbiamo cercato nell’antichità le pezze d’appoggio per costruire identità politiche, nazionali e perfino razziali.

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