Sul “Giorno della memoria”

Tempo di lettura stimato: 4 minuti
Siamo quasi arrivati al 27 gennaio. E di nuovo i e le docenti sono a chiedere o a chiedersi: che faccio? Una proposta di lavoro alternativo.

Sembra diventata una specie di spada di Damocle ineludibile. La necessità, il dovere di ricordare passano quasi in secondo piano di fronte ad altre domande meno urgenti ma più pressanti e banalmente pratiche. È diventata come una specie di liturgia di cui a volte rischiamo di perdere il senso vero e profondo.

Allora forse credo sia meglio partire dal perché – sempre una buona indicazione per lavorare. Perché voglio lavorare su questa data con i ragazzi? E soprattutto, cosa mi interessa costruire con loro?

Per quanto mi riguarda, quello che voglio non è che ricordino o conoscano (sanno già nella maggioranza dei casi). Mi piacerebbe di più che riflettessero sul loro stesso pensiero.

Lo scorso anno ho deciso autonomamente di non aderire alla sempre ricorrente proposta di film per l’occasione. I ragazzi stessi mi hanno chiesto di non vederne più. «È dalle elementari che ci fate vedere film sulla Shoah, prof. Oramai è una abitudine». Infatti: non è proprio questo che vorremmo evitare? Che l’orrore diventi una cosa abituale? Che sia “normale” sapere e vedere e conoscere certe immagini, certe storie?

I nostri studenti oggi soffrono di una «bulimia iconica», come dice Marco Dallari (se pur parlando in altro contesto). Allora forse le strade da prendere sono altre. Io ne ho messe in campo due: o ci serviamo di immagini, potenti (non filmiche) e seguiamo la strada dell’’indagare cosa ci trasmetta quella sola e unica immagine (statica) e cosa rappresenti, oppure abbandoniamo le immagini e cerchiamo altre strade, ad esempio quella della lettura ad alta voce.

Lo scorso anno in quinta meccanici abbiamo dedicato tutta la settimana alla Shoah intesa come spunto di riflessione (che chiamerei quasi filosofica) sul male, sia in storia che in italiano.

Quindi abbiamo osservato, letto, appuntato, condiviso. Ho deciso di proposito di non produrre nulla e di non lavorare per forza su un prodotto fatto e finito.

Siamo partiti da una sola immagine: quella famosissima del processo Eichmann, usando una delle strategie del MTV (Making Thinking Visibile) ovvero See – Think – Wonder cioè: osserva, pensa, poniti delle domande. È una strategia molto potente che traccia il pensiero soprattutto se usata su immagini o brevi video.


Adolf Eichmann durante il processo, Gerusalemme, 1961 (AP Photo,b/w file)

Nel frattempo, con una Minilesson inchiesta (ovvero la ricerca della risposta a una domanda aperta posta dal docente), abbiamo ritrovato (sul web) notizie su Eichmann e sul suo processo. Quel processo cambiò la narrazione sulla Shoah in Israele, ed era in fondo quello che volevo ottenere anche io.

Per forza di cose siamo arrivati ad Hannah Arendt. Ho letto brevi estratti del suo libro ad alta voce. Ho letto poi parti della introduzione di I sommersi e i salvati di Primo Levi.

Abbiamo qui usato un’altra strategia applicata alla lettura: “3/2/1 ponte”: scriviamo 3 parole che non capisco e/o difficili, 2 domande, 1 metafora o similitudine suscitata dal testo letto. L’attività si ripete due volte a inizio lettura e a fine lettura.

Poi i ragazzi fanno il ponte, ovvero riflettono su come sia cambiata la loro prima impressione completando questo prompt: prima pensavo che… ora penso che…

Il formulare una similitudine o una metafora è una forma molto importante di costruzione del pensiero. Pensare per immagini e trasferirle nello scritto è un processo di creazione molto importante. Se insegniamo ai ragazzi a usare il pensiero e le parole per dare voce a immagini, il loro modo di affrontare la lettura e la scrittura ne trae grande giovamento.

Non abbiamo in effetti fatto molto altro in quella settimana. A fine percorso (tutte le mie sei ore) siamo andati a teatro (allora si poteva!) a incontrare Moni Ovadia. Anche i miei studenti di quinta professionali avevano le loro domande su vittime e carnefici, sul racconto del male e su che senso abbia oggi e come si possa fare. Alcuni hanno avuto il coraggio di salire sul palco e parlare.

Sembra poco, lo so. Ma non lo è.
Negli anni precedenti mai avrebbero osato. Sì sono sentiti invece forti di un percorso, portavoce di un pensiero scaturito da loro.

Abbia letto infine per chiudere (sempre lettura mia ad alta voce) un capitolo del libro di Liliana Segre Scolpitelo nel vostro cuore. Avevo scelto il capitolo del mancato saluto all’amica che si avvia alla camera a gas. Abbiamo usato lo schema a Y (impressioni/connessioni/domande). Ancora per farci interrogare dal testo sul male, su chi lo fa, su chi perdona, su chi dimentica, su chi non vuole dimenticare. Abbiamo scelto il testo della signora Segre come luogo di incontro finale. Me lo ero immaginato proprio come luogo: un luogo di sosta nel pensiero e di silenzio, senza immagini e con il volume basso, una volta tanto.

Condividi:

Sabina Minuto

Insegna lettere nella scuola superiore di II grado, a Savona. Si occupa da anni di metodologie didattiche, in particolare dei laboratori di lettura e scrittura messi a punto dalla Columbia University (Writing and Reading Workshop) contribuendo a portarne in Italia il metodo.

Tags

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it