La norma prevede infatti che in caso di evacuazione l’insegnante porti con sé il registro di classe: il fatto che esso risieda sui server dell’azienda che fornisce il servizio alla scuola mi ha esentato da questo compito, facendomi guadagnare qualche secondo, che potrebbe diventare davvero prezioso nel caso l’incendio fosse autentico. Il lettore non pensi che la burocrazia – che pur tormenta la scuola italiana – sia giunta ad attribuire al documento amministrativo valore totemico, sacro, e si spinga fino al punto di prescriverne il salvataggio prioritario: la sua presenza serve infatti ad avere disponibile un elenco completo degli studenti, in modo da poter verificare se vi siano dispersi. Zelantemente, infatti, la segreteria della scuola ha provvisto il plico di una lista degli allievi destinata a questo scopo.
Misure di sicurezza e esercitazioni, per altro, non hanno soltanto lo scopo di salvaguardare l’incolumità degli studenti e del personale, ma anche quello di contribuire allo sviluppo di competenze di cittadinanza attiva. Quelle stesse che erano in gioco domenica scorsa allo Juventus Stadium, le cui curve erano affollate di ragazzi e ragazzini, reclutati attraverso le scuole-calcio e quelle “normali”, molti dei quali non hanno trovato di meglio da fare che imitare i peggiori comportamenti della tifoseria adulta, quella che assegna all’insulto e all’irrisione dell’avversario una valenza positiva, che costruisce nell’aggressione identità e appartenenza. Per nostra fortuna, l’universo 2.0 è anche in questa occasione anni-luce avanti le tradizionali istanze educative materiali, grazie all’applicazione di norme draconiane: è notizia di questi giorni che, nel caso i sensori destinati a ricevere i comandi vocali degli utenti dei videogiochi ambientati nel mondo del calcio per le console appena proposte sul mercato intercettino bestemmie o parolacce, è immediata l’espulsione del colpevole, con effetti negativi sulla sua performance sportiva virtuale. Non vi è che da augurarsi copiosi acquisti natalizi di prodotti con questa valenza formativa.
Che siamo nell’epoca di implacabili ribaltamenti è sempre più evidente anche in campo metodologico-didattico: i programmi distribuiti insieme alle lavagne interattive multimediali, per esempio, forniscono una serie di moduli per la preparazione di esercizi, dalla semplice scelta vero/falso, alle domande a scelta multipla, alla possibilità di gestire associazioni di parole, di parole e immagini e così via. Lo stesso vale per i software per l’implementazione di eBook. E così assistiamo tristemente alla “sperimentazione” da parte di entusiasti beginner di eserciziari e di strumenti di valutazione che appaiono sempre più come collazioni estemporanee delle diverse funzionalità offerte dagli ambienti di lavoro – ovviamente, nella gran parte dei casi la possibilità di ottenere automaticamente correzione e attribuzione di punteggio fa da padrona; come non provare l’ebbrezza della robotizzazione delle relazioni? – e sempre meno strumenti di lavoro frutto di riflessione, calibrati sulle esigenze cognitive degli studenti e sulle caratteristiche logico-culturali dei contenuti.