Pompeo Mariani, impressionista italiano

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Dal 28 febbraio al 3 maggio 2014, la Galleria Bottegantica di Milano (via Manzoni 45) ospita una mostra dedicata a Pompeo Mariani (Monza, 1857 – Bordighera, 1927), intitolata Pompeo Mariani. Impressionista italiano.

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L’esposizione, organizzata in collaborazione con la Fondazione Pompeo Mariani di Bordighera e curata da Enzo Savoia e Stefano Bosi, presenta un centinaio di opere, provenienti da collezioni private italiane e straniere, in grado di documentare l’eclettismo tematico e l’abilità formale di uno dei principali esponenti della pittura italiana dell’Ottocento.

Questa mia ultima affermazione, in realtà, non è del tutto scontata, poiché la reputazione di Pompeo Mariani ha avuto, ed ha tutt’ora, uno strano destino. Il pittore fu infatti assai famoso in vita, celebrato e premiato dalla critica, ma soprattutto dal pubblico del “bel mondo” lombardo e ligure che smaniava per la sua sterminata produzione pittorica ove sapeva coniugare – cosa rara – qualità e quantità (era un pittore infatti anche “commerciale”, e con la sua arte divenne ricco!); e di ciò si accorsero pure grandi collezionisti come Charlie Chaplin, Giacomo Puccini, Arturo Toscanini, lo zar di Russia Nicola II, e perfino la Real Casa di Savoia e le facoltose  famiglie Bernasconi, Rockefeller e Rothschild, che non disdegnarono di comprare i suoi dipinti.

Dopo la sua morte, però, le cose sono un po’ cambiate, poiché se il Nostro è ancora amato dei collezionisti (fermo restando che il mercato antiquario non vive un momento troppo florido…), la critica troppo spesso non vuole (o non sa) considerarlo davvero un “grande”. Ciò forse perché i soggetti della sua pittura sono quasi sempre gradevoli e fortemente decorativi e piacciono molto anche alla “gente comune”; o forse perché Mariani è penalizzato dal confronto con lo zio Mosè Bianchi, anch’egli pittore, di lui più vecchio e parziale anticipatore di alcune soluzioni stilistiche da lui assunte.

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In realtà – un po’ schematicamente e “manualisticamente” – siamo stati abituati a identificare il grande Ottocento italiano con le esperienze del Romanticismo e quindi della “Macchia” toscana (che è straordinaria, non lo nego), per virare poi verso le soluzioni più decisamente avanguardistiche del Novecento; e così facendo abbiamo “perso per strada” (criticamente parlando) pittori eccelsi, e non parlo solo del Nostro, ma anche – tra gli altri – dell’immenso Giovanni Boldini. Vedo però oggi molti segnali – positivi, ovviamente – del superamento di questo schematismo!

Ma veniamo a delineare la produzione di Pompeo Mariani, nella quale egli dà grande prova di sé sia negli “esterni” (su tutti le marine liguri, il porto di Genova, le lanche fluviali del Ticino), sia  negli “interni” (come i caffè alla moda o gli affollati Casino); il tutto reso – come anticipavo – con modi pittorici personalissimi. Infatti in lui non venne infatti mai meno quell’amore per il “vero” che è un po’ il filo rosso della pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura; ma nondimeno la sua arte risente l’influsso dell’Impressionismo francese (da qui l’etichetta di “impressionista italiano”), e di quel crogiuolo di esperienze – non solo culturali – che costituirono l’epoca della Belle Époque, che il Nostro visse tra Milano, Bordighera, Nizza e Montecarlo. Quella Belle Époque che vedeva (metaforicamente e non solo) la borghesia europea ballare – quasi presaga che nel doman non v’è certezza – sul ponte del Titanic o camminare sul ciglio dello strapiombo della Grande Guerra.

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Direi che la bella mostra ora in corso a Milano non lascia scoperto nessuno dei periodi o dei temi dell’arte di Pompeo Mariani, perché se molte sono le opere che esprimono il fascino della mondanità del tempo (come la vivace Signora al caffè del 1908), altrettante sono quelle che rappresentano i paesaggi amati dal poeta: su tutti l’area boschiva della Zelata presso il fiume Ticino (riprodotta ad esempio nei Cacciatori alla Zelata d’inverno del 1894) o l’onnipresente Mar Ligure, oggetto in Inglesine sugli scogli del 1922 dell’ammirato sguardo delle turiste britanniche, oppure solcato dalla poderosa La Lancia Reale durante le celebrazioni colombiane di Genova del 1892. E non mancano testimonianza anche della suggestiva fase “orientalista”, seguita a un avventuroso viaggio in Egitto del 1881.

Si può dire pertanto che l’esposizione in corso costituisca un importante momento di riflessione e di studio su questa figura di artista, com’è documentato anche dal Catalogo (Bottegantica edizioni) con testi di Carlo Bagnasco, Stefano Bosi, Elisabetta Staudacher. E si può anche dire che oggi, grazie a iniziative come queste e all’attività della Fondazione di Bordighera, animata da Carlo Bagnasco, siamo un po’ più autorizzati a inserire Pompeo Mariani nel gotha della pittura italiana dell’Ottocento.

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Vorrei ora terminare con una breve nota di carattere personale, ricordando come il Mariani che io amo di più è quello dei piccoli acquarelli, dei raffinati disegni, delle strepitose  acqueforti monotipiche; siamo certo lontani dall’impegno dei grandi oli “da museo” (come alcuni di quelli in mostra a Milano) ma la loro abbondanza e la loro elevatissima qualità (basti sfogliare i suoi Taccuini di viaggio editi nel 1997 da Franco Enrico) ci danno l’idea di una lunga vita nella quale la pittura non è solo stata un “mestiere”, ma anche una prassi quotidiana, e perfino una necessità esistenziale. Dietro ai grandi quadri pensati per le esposizioni e per i ricchi committenti c’è dunque il lavorio di un artista che sente il bisogno di fermare sulla carta o sulla tela ogni aspetto del mondo che lo circonda. Per questo offro ai lettori della Ricerca l’immagine di una piccola Marina, inedita (e non esposta a Milano) del 1925: guardandola ci sembra proprio di sentire gli spruzzi del mare, il rumore delle onde, il verso dei gabbiani.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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