Racconti come scuola di vita

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Quando genitori e figli rievocano i ricordi comuni, li interpretano e ricostruiscono le storie di famiglia, nasce una piccola comunità interpretativa, si elaborano schemi utili alla lettura e alla vita.

Quando genitori e figli rievocano i ricordi comuni, li interpretano e ricostruiscono le storie di famiglia, nasce una piccola comunità interpretativa, si elaborano schemi utili alla lettura e alla vita.

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La lettura ha una storia di migliaia di anni. Nel corso di questa storia essa è passata attraverso fasi decisive dovute ai cambiamenti che hanno caratterizzato la vita del testo scritto, quali il passaggio da scriptura continua a scriptura discontinua, la nozione di autorialità, l’invenzione della stampa. Attraverso queste fasi la lettura è divenuta un processo autoriflessivo, metacognitivo e silenzioso.
Tuttavia, nella storia della lettura, oltre a questi cambiamenti legati alle trasformazioni che hanno investito la nozione di testo, grande importanza è stata assunta dal problema della alfabetizzazione. In questo quadro la scuola ha avuto un ruolo preminente perché è stata l’istituzione culturale che più di ogni altra ha sottratto bambini e adolescenti alle strade per affidarli in luoghi specificamente deputati all’educazione. In questi luoghi “gli scolari” vengono impegnati per molte ore al giorno su problemi e compiti che solo in piccola parte hanno una utilità pratica.
In realtà la scuola è stata nel corso dei secoli un immenso laboratorio linguistico all’interno del quale lo scolaro è stato abituato a riflettere sul linguaggio della pittura, della matematica e delle lettere. In questo laboratorio linguistico lo scolaro impara a leggere i testi e a interpretarli, scoprendo che questa interpretazione non è un processo solitario e univoco, ma dialogico e complesso, nel quale interagiscono vari soggetti: il lettore stesso prima di tutto e avanti tutto deve fare la parte principale, ma egli può farla solo a patto che conceda pari dignità al testo nella sua materialità e composizione interna, all’Autore con le sue intenzioni, divenendo consapevole altresì del ruolo del linguaggio e della cultura, come riferimenti indispensabili per un’interpretazione che conduca il testo al di là del semplice dialogo tra scrittore e lettore, e facendo emergere ciò che Peirce ha chiamato interpretante e Feldman comunità Interpretativa. Per queste ragioni ho definito la lettura un processo autoriflessivo e metacognitivo: la lettura infatti, intesa come processo interpretativo, comporta un’attenta riflessione sul linguaggio, sui significati e sulla scelta dei possibili contesti di riferimento.
La lettura non ha tuttavia solo una storia che affonda nei secoli passati, ma essa ha anche un percorso ontogenetico, uno sviluppo cioè all’interno della storia individuale. Osservare questo percorso permetterà di comprendere meglio la definizione di lettura come processo autoriflessivo e metacognitivo dalla quale siamo partiti.
Come è che un bambino impara a leggere? Per poter rispondere a questa domanda dobbiamo porcene un’altra: quando è che un bambino comincia a riflettere sul linguaggio? Ciò avviene prima che il bambino si confronti con un testo scritto, anche se con un testo di figure i bambini si confrontano già precocemente.

Partire dalle vecchie storie di famiglia

Esiste una situazione nella quale genitore (soprattutto madri) e bambini si confrontano sul linguaggio, ed è quando essi parlano del passato. Si tratta di situazioni specifiche e documentate, nelle quali il genitore chiede al bambino di ricordare eventi passati, magari vissuti assieme, di raccontarli e di commentarli. Dato che questo compito può assumere livelli diversi di complessità, in relazione al tipo di evento e alla sua lontananza nel tempo, diventa importante il modo con cui il genitore aiuta il figlio in questo compito.
Parlare degli eventi passati che hanno accomunato genitore e bambino costituisce prima di tutto una attività sociale: ciò che il bambino farà, ciò che egli si ricorderà e racconterà sarà una funzione della relazione col genitore e quindi anche del modo in cui il genitore guiderà il bambino in questa ricerca.

Questa attività sociale non è semplicemente limitata a riscoprire eventi accaduti che rischiano di rimanere perennemente coperti nella memoria, ma anche, una volta scoperti, a farli rivivere interpretandoli. Fare il gioco di parlare del passato significa attribuire emozioni ai personaggi del racconto, attribuire intenzioni e significati, domandarsi quali possono essere state anche le proprie emozioni.
Riflettere sul perché una cosa sia successa in un modo piuttosto che in un altro o quale possa essere stata l’emozione sperimentata costituisce quella attività autoriflessiva e metacognitiva che caratterizza la lettura. È proprio in queste situazioni che comincia a formarsi una disposizione a chiedersi il perché dei sentimenti umani e prende forma quella enciclopedia interiore indispensabile poi per saper leggere e trarne godimento.

 

racconti_storie_di_vita2Trame, intrecci e schemi per la vita

Quando poi leggere diventa un’abilità acquisita e il libro una protesi cognitiva, un prolungamento del Sé verso il mondo, la lettura diventa una scuola di eccellenza per comprendere la vita. Questo avviene perché la lettura delle storie in particolare presenta delle ridondanze che sono state chiamate schemi di storie o anche plot o generi. Anche se tra questi termini esistono delle differenze quello che vorrei sottolineare è che questi schemi (o plot o generi) rappresentano delle modalità fisse di evoluzione del racconto (al di là di una variabilità tra racconto e racconto legata alla identità dei personaggi, ai luoghi e così via) conosciute le quali è possibile fare delle previsioni sulla evoluzione della storia.
Ma poiché i racconti raffigurano delle versioni possibili della vita, conoscere gli schemi di storia permette di estendere la propria conoscenza sulle questioni della vita: intravedere per esempio in una vicenda un certo schematismo e, a partire da questo, fare delle previsioni sulla evoluzione, non solo ma anche fare delle inferenze sulle cause di questa evoluzione, proprio perché la persona, come lettore, è stato abituato a ritrovare delle cause a determinati effetti. Tutto questo naturalmente non vuole concludere che sarebbe sufficiente starsene su una comoda poltrona a leggere Dostoevskij per poter sapere tutto sulla mentalità del giocatore, ma solo che la lettura delle storie apporta un archivio di conoscenze anche riguardo gli schemi di vita, quantunque il nostro lettore dovrà imparare altresì a distinguere le differenze che pure in realtà esistono tra schemi di storie e schemi di eventi o script.
In conclusione attraverso la lettura il lettore impara a riflettere sulle diverse e possibili rappresentazioni della vita. Egli non farà questo come se dovesse leggere la vita attraverso lo specchio del testo perché, come si è già detto, la lettura comporta un processo complesso di dialogo col testo stesso, con l’autore e con il linguaggio. Sarà quindi un complesso processo metacognitivo e autoriflessivo d’interpretazione che permetterà al lettore di estrarre dal testo quegli insegnamenti che arricchiranno la sua cassetta degli arnesi e per mezzo dei quali egli potrà attribuire un senso alle proprie esperienze.

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