Quattro poesie di Valerio Magrelli

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Magrelli è il poeta che più di ogni altro, in Italia, è riuscito a rappresentare l’esperienza della scrittura e della lettura. Sull’ultimo numero de La ricerca abbiamo pubblicato quattro sue poesie tratte da altrettanti libri, che riportiamo qui.

Nella prima, da Esercizi di tiptologia (Mondadori, Milano 1992), Magrelli traduttore s’immagina affine al traslocatore.
La seconda, Infanzia del lavoro, mette in scena lo straordinario fenomeno dell’apprendimento della lettura da parte di una bambina (da Disturbi del sistema binario, Einaudi, Torino 2006).
La terza, prelevata da Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi, Torino 1999), fornisce una puntuale definizione della poesia dal punto di vista di chi la legge.
La quarta poesia è tratta da Ora serrata retinae (Feltrinelli, Milano 1980), e mette in scena l’atto di scrivere e di vedersi scrivere.

Valerio Magrelli in una foto di Dino Ignani.

L’imballatore

Cos’è la traduzione? Su un vassoio
la testa pallida e fiammante d’un poeta.
V. Nabokov

L’imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch’io faccio cambiare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non conosco senza capire
cosa sto spostando.
Sto spostando me stesso
traducendo il passato in un presente
che viaggia sigillato
racchiuso dentro pagine
o dentro casse con la scritta
“Fragile” di cui ignoro l’interno.
È questo il futuro, la spola, il traslato,
il tempo manovale e citeriore,
trasferimento e tropo,
la ditta di trasloco.

***

Infanzia del lavoro

Guarda questa bambina
che sta imparando a leggere:
tende le labbra, si concentra,
tira su una parola dopo l’altra,
pesca, e la voce fa da canna,
fila, si flette, strappa
guizzanti queste lettere
ora alte nell’aria
luccicanti
al sole della pronuncia.

***

La poesia

Le poesie vanno sempre rilette,
lette, rilette, lette, messe in carica;
ogni lettura compie la ricarica,
sono apparecchi per caricare senso;
e il senso vi si accumula, ronzio
di particelle in attesa,
sospiri trattenuti, ticchettii,
da dentro il cavallo di Troia.

***

Scivola la penna
verso l’inguine della pagina,
e in silenzio si raccoglie la scrittura.
Questo foglio ha i confini geometrici
di uno stato africano, in cui dispongo
i filari paralleli delle dune.
Ormai sto disegnando
mentre racconto ciò
che raccontando si profila.
È come se una nube
arrivasse ad avere
forma di nube.

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