Quando il merito sportivo è un privilegio

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Molte prestigiose università americane ammettono i loro candidati basandosi su caratteristiche apparentemente neutre rispetto alla provenienza “etnica”, ma in realtà fortemente legate alla ricchezza e all’essere bianchi. Fra queste, anche l’eccellenza atletica. Dal Dossier del numero 24 de La ricerca, “Nel merito”.
Gli Harvard Crimson in azione. Foto Wikimedia

Nel recente caso Students for Fair Admissions, Inc. contro President & Fellows of Harvard, un’organizzazione non profit ha accusato le politiche di ammissione dell’università di Harvard di discriminare illegalmente alcuni candidati sulla base della loro appartenenza etnica. Questa organizzazione, la Students for Fair Admissions (SFFA), sostiene che l’uso delle affirmative action (le discriminazioni positive in favore delle minoranze, N.d.T.) da parte di Harvard a beneficio dei candidati afroamericani e ispanici rappresenta un «sistema di quote sottilmente camuffato» che penalizza eccessivamente i candidati asiatici. In risposta, Harvard ha sostenuto che le azioni affermative sono il metodo più efficace per concretizzare il desiderio dell’ateneo di avere un corpo studenti in cui tutte le diverse provenienze etniche siano rappresentate.

I criteri di ammissione ALDC

Tuttavia, nonostante il suo ricorso alle azioni affermative per ammettere studenti diversi, Harvard applica molti altri criteri di ammissione che appaiono come neutrali, ma di fatto agevolano gli studenti bianchi. L’università favorisce le domande inoltrate da candidati che hanno lo status di atleti, o che si appellano alla “legacy admission” (la possibilità di essere ammessi perché l’ha frequentata in passato un genitore), che sono selezionati dal preside (perché i loro familiari hanno donato grosse somme di denaro all’ateneo) o infine i cui genitori sono membri di facoltà.

Nel complesso, queste preferenze sono chiamate “ALDC”, un acronimo per “athletes”, “legacies”, “dean’s interest list” e “children of Harvard employees”. Peter S. Arcidiacono, un professore di economia alla Duke University che ha partecipato come esperto di parte per SFFA nella loro causa contro Harvard, è coautore di uno studio sugli ALDC ad Harvard. Utilizzando i dati resi pubblici dal contenzioso legale, ha analizzato la natura intrinsecamente razzista di questi criteri di ammissione speciali. Ha scoperto che non solo la stragrande maggioranza dei candidati ALDC sono bianchi, ma che, senza questo status, tre quarti sarebbero stati respinti da Harvard.

Gli ALDC costituiscono solo il 5% dei candidati ma godono di un tasso di ammissione di circa il 45%, rispetto al normale tasso del 4,5-5%, e rappresentano oltre il 40% della popolazione studentesca bianca. Mentre meno del 16% degli studenti appartenenti a minoranze sono stati ammessi sulla base dei criteri ALDC, più del 43% dei candidati bianchi ha potuto frequentare Harvard basandosi su questi parametri. Questi ultimi hanno preso posto in classe alle spese di studenti appartenenti alle minoranze che altrimenti sarebbero entrati.

Gli atleti e i candidati per eredità costituiscono la maggior parte degli ALDC ammessi e la ricerca indica che i vantaggi per questi due gruppi sono effettivamente aumentati nel tempo. I candidati per eredità entrano a un tasso cinque volte superiore a quello degli altri studenti. Dal 2010 al 2015 hanno rappresentato oltre il 20% della popolazione studentesca bianca ad Harvard, rispetto al 7% della popolazione latina, al 6,6% di quella asiatica americana e al 4,8% di quella afroamericana. Favorire i figli di alunni prevalentemente ricchi serve a radicare il privilegio etnico ed economico all’università, e i sostenitori della diversità dovrebbero chiedere ad Harvard di porre fine alla pratica.

L’ammissione per eredità nelle università d’élite è stata ampiamente criticata, perché attribuisce un vantaggio extra ai candidati che hanno già il privilegio di aver avuto genitori altamente istruiti. Tuttavia, le preferenze speciali accordate agli atleti, che spesso sono viste come meritocratiche, sono ben più frequenti, e hanno una relazione altrettanto forte, seppur meno evidente, con la trasmissione del privilegio. Ad Harvard, dove gli atleti costituiscono il 20% del corpo studentesco e lo squash e il canottaggio hanno lo stesso sostegno del calcio e della pallacanestro, i candidati bianchi costituiscono l’unico gruppo etnico a beneficiare della corsia preferenziale accordata agli atleti.

Il processo di ammissione a Harvard

Harvard è una delle università più selettive al mondo. Ogni anno più d 40.000 studenti fanno richiesta di ammissione. Solo circa il 5% riesce a entrare, anche se la percentuale diminuisce ogni anno. Al contrario, la maggior parte dei college americani ammette non tutti, ma sicuramente una discreta parte dei candidati. Per mantenere la sua reputazione e creare la miglior classe di matricole possibile, Harvard applica un regime di ammissione piuttosto complesso. La selezione infatti inizia almeno 12 mesi prima dell’effettivo anno accademico che si intende frequentare.

Generalmente si richiede ai candidati di fornire un gran numero di informazioni, che includono i punteggi ai test standardizzati, le informazioni fornite dal liceo sulle attività extra curriculari e atletiche, l’area di studi e di carriera su cui il candidato intende concentrarsi, una sua lettera, suoi elaborati supplementari, raccomandazioni degli insegnanti e dei councelor, informazioni approfondite sulla sua famiglia e sulla sua situazione socioeconomica.

Le ammissioni si basano su diversi criteri, che possono essere raggruppati in quattro aree: parametri accademici, extracurriculari, atletici e personali. Harvard riserva particolare importanza ai parametri non accademici, poiché l’85% dei candidati sono altamente qualificati dal punto di vista accademico, cosicché il comitato di ammissione si deve focalizzare su cioè che distingue un candidato dagli altri.

Le candidature sono scremate a un primo livello da un impiegato alle ammissioni che assegna un voto per ogni area in una scala che va da 1 a 4, in cui 1 è il punteggio più alto e 4 il più basso. I punti di un candidato in ogni area sono valutati in combinazione con le agevolazioni speciali che Harvard accorda, come abbiamo visto, a coloro che hanno uno status ALDC e alle minoranze per creare un punteggio complessivo.

Parallelamente a questa valutazione iniziale (o a volte prima), la maggior parte dei candidati sono intervistati da un ex studente che assegna loro un punteggio sulla base di criteri simili. Sulla base di queste due valutazioni, gli impiegati alle ammissioni discutono quali candidati raccomandare alla sottocommissione e poi alle commissioni per le ammissioni.

Anche se Harvard non determina l’ammissibilità di uno studente basandosi su una formula specifica, vi sono certamente alcuni trend evidenti. I voti legati all’atletica sono i meno stabili: un punteggio di uno in atletica significa che il candidato è stato reclutato dall’allenatore del college, ed è quasi certo che sia ammesso. Secondo Arcidiacono, la percentuale di atleti reclutati che vengono ammessi si aggira intorno all’86%.

Tuttavia un punteggio alto in atletica non è così necessario per l’ammissione quanto altri parametri; mentre la maggior parte degli studenti ammessi ha un punteggio di 1 o di 2 in altri parametri, solo circa il 20% ha un punteggio di uno o due in atletica. Al contrario, il successo accademico è necessario ma non sufficiente: meno del 15% dei candidati non ALDC coi voti più alti viene ammesso.

Il candidato ideale di Harvard è uno studente che è stato allevato per candidarsi. Non significa necessariamente che provi a entrare per eredità, anche se questo aiuta; vuole dire piuttosto che è stato preparato per tutta la vita a essere candidabile. Non solo deve essere intelligente e avere una personalità, ma deve anche essere “interessante”.

Le guide (opuscoli e siti web) su come entrare a Harvard lo descrivono come fortemente impegnato in attività extracurricolari. Per esempio, si assegna un punteggio di 2 nelle attività extracurricolari a uno studente che ha partecipato ampiamente alla vita della sua comunità, ha preso parte a Model UN (conferenze per studenti in cui vengono simulate assemblee dell’ONU, N.d.T), ha ottenuto il suo Eagle Scout (il più alto risultato o grado ottenibile nel programma Scouts, N.d.T) e dirige il giornale scolastico. Un altro tipo di candidato competitivo fa volontariato come allenatore di nuoto e scrive poesie; è presidente del club per l’ambiente, presta servizio in un Service Club (un’organizzazione di volontariato, N.d.T), ed è un membro attivo dei club di Scienza e di Chimica della sua scuola. A questo candidato è stato assegnato un punteggio di 2 per la sua partecipazione extracurriculare, una quotazione che tra l’altro la guida sottolinea come generosa rispetto alla norma. Più della metà dei candidati non ALDC e più del 70% dei non ALDC bianchi e asiatici ammette di avere 1 o 2 come punteggi extra-curricolari. Essere interessanti abbastanza per Harvard sembra voler dire partecipare attivamente a molti club o avere un’abilità o un talento specifico in un campo particolare.

L’atletica ad Harvard 

Anche se non è tradizionalmente vista come una fucina di talenti sportivi, Harvard ha 42 squadre della divisione I della NCAA (National Collegiate Athletic Association), ossia nel livello di competizione fra università più alto, più di ogni altro college.

Dei circa 6.000 studenti di Harvard, il 20% partecipa in competizioni atletiche inter collegiali. La Ohio State University, che ha quasi otto volte gli studenti di Harvard e una reputazione atletica molto più robusta, ha meno studenti atleti di Harvard. I quali hanno vinto centinaia di campionati nazionali o inter-universitari e persino diverse gare olimpiche. Come altre università della Ivy League, Harvard non fornisce borse di studio ai suoi atleti, ma garantisce finanziamenti quasi totali per chi ha necessità economiche, indipendentemente dallo status di atleta. I collegi della Ivy League hanno stabilito di ammettere solo atleti che rientrano all’interno del loro Academic Index (AI), un indice di cui ogni ateneo si dota per misurare il rendimento scolastico degli studenti. Questa misura fu introdotta nelle università proprio per garantire che i candidati atleti fossero abbastanza vicini al candidato medio non atleta e non entrassero quindi solo sulla base delle loro capacità sportive.

È quindi molto difficile che ad Harvard entri un atleta con uno scarso rendimento scolastico. A meno che egli sia eccezionalmente dotato e che l’Università reputi che il successo che garantirebbe all’ateneo in quello sport risultati tanto importante da bilanciare il suo scarso rendimento scolastico.

Anche se l’AI rappresenta una base che i candidati atleti devono avere, gli atenei applicano standard accademici più bassi per gli atleti piuttosto che per la popolazione studentesca generale.

 

L’opacità delle scelte

Harvard fornisce poche informazioni pubbliche sul suo processo di arruolamento degli atleti. Gli allenatori della Ivy League inviano liste di potenziali reclute da ammettere, ma il processo per cui uno studente finisce su questa lista è piuttosto opaco. Anche se le tangenti date ai coach che hanno riempito i titoli di giornali nel recente scandalo Varsity Blues (la truffa per far accedere i figli di personalità ricche, bianche e famose del mondo dello spettacolo e della finanza alle migliori università degli Stati Uniti, N.d.T) sono poco frequenti, il percorso per finire sulla lista di un allenatore è estremamente dispendioso.

I ragazzi che hanno un reddito familiare superiore ai 100.000 dollari all’anno praticano uno sport in percentuali maggiori rispetto a quelli che hanno un bilancio inferiore ai 25.000 dollari. I bambini bianchi, inoltre, praticano sport in una percentuale maggiore rispetto a tutte le altre razze.

Le periferie ricche della costa orientale del Paese e le scuole private fungono da incubatrici di atleti ammessi alle Ivy League; basti pensare che alcuni licei privati mandano dozzine di atleti nelle Università più prestigiose. Ad esempio le Noble and Greenough Schools, il cui costo annuale è di quasi 60.000 dollari per studente, ha avuto 50 alunni come studenti atleti ammessi.

Circa metà degli atleti di Harvard proviene da famiglie in cui si guadagnano più di 250.000 dollari all’anno, mentre solo circa un terzo del corpo studentesco generale viene da famiglie con questo reddito. Queste barriere sociali, geografiche ed economiche impattano inevitabilmente la composizione etnica dell’ateneo. […]

Ad Harvard quasi il 70% degli atleti reclutati sono bianchi, anche se meno della metà del corpo universitario lo è. Nel suo modello statistico, Arcidiacono ha predetto che rimuovere lo status speciale di studente atleta genererebbe un abbassamento degli studenti bianchi ammessi del 6%, un aumento degli studenti ispanici del 7%, del 9% di quelli asiatici e una percentuale costante di quelli afro-americani.

Gioca un ruolo anche il fatto che sebbene Harvard recluti per sport che sono generalmente disponibili in tutto il Paese per bambini provenienti da una varietà di background, come il calcio e il basket, recluta anche per sport che richiedono attrezzature e allenamenti costosi. Sci, remi, mazze da lacrosse e racchette da squash non sono certo comuni nelle scuole superiori a basso reddito. […]

Anche se [l’ateneo] non rende pubbliche le sue entrate e le sue spese, è molto difficile che le attività sportive rendano un profitto: solo una piccola percentuale delle università più prestigiose vanta entrate dai programmi di atletica superiori alle spese. Basti pensare che Stanford recentemente ha tagliato molti suoi programmi di sport di nicchia, inclusi cosiddetti “sport da Country Club” come lo squash, il canottaggio e la vela, dando come ragione le preoccupazioni legate alla mancanza di fondi esacerbate anche a seguito della pandemia da COVID-19.

Nonostante questo, le università della Ivy League continuano a implementare i loro programmi sportivi. Molte possono essere le ragioni. Probabilmente credono che questo incrementi le donazioni degli ex alunni o la pubblicità dell’ateneo. Alcuni studi hanno connesso il successo sportivo di un’università con un maggior numero di candidati con punteggi accademici. Ma i college prestigiosi, come Harvard, hanno parametri di selezione così selettivi che difficilmente vedrebbero un calo di richieste di studenti molto dotati per via di programmi sportivi poco allettanti. Le ragioni per cui si destinano così tanti posti e così tanti soldi agli studenti atleti sono quindi quantomeno sospette.

Tratto da: W. B. Morrison, Country Club Sports: The Disparate Impact of Athlete Admissions at Elite Universities, in «BYU Law Review» 46 (3), 2021

Traduzione di Francesca Nicola.

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William B. Morrison

avvocato, si è laureato in legge presso la Brigham Young University.

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