Per una storiografia del Barocco letterario

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L’articolo illustra la mutevole posizione della critica, nell’arco dei secoli, nei confronti della letteratura barocca in Italia, muovendo dal suo iniziale rifiuto e giungendo al suo recupero contemporaneo.
Canestra di frutta di Caravaggio, 1599

Nei due secoli che si sono avvicendati in seguito all’età barocca, in Italia come in Europa, si è proceduti a un sempre più fortunale e burrascoso naufragio della cultura secentesca, in particolare letteraria (salvandosi maggiormente l’arte e la musica), tanto che si è diligentemente pensato di inabissare, sino a lasciarne meri relitti, testi e autori della civiltà letteraria del Barocco, sommergendo in un sozzo oceano una storia ardente, pirotecnica e fiammeggiante come quella delle figure del Seicento. Ciò è avvenuto a partire dal termine stesso utilizzato per indicarne lo spirito, ossia “barocco”[1], una parola la cui etimologia non è ancora inequivocabile, ma che certamente è stata usata come sinonimo di cattivo gusto, stravaganza e bizzarria, cominciando soprattutto nell’ambito della storia dell’arte, per poi terminare con la letteratura medesima.

Il biasimo del Settecento illuminista nei confronti del Barocco è essenzialmente intellettuale, basato sulla non condivisione dell’irrazionalismo, della religiosità e dell’eccesso, tutti elementi tipici dell’anima baroccheggiante. La cultura secentesca è, infatti, incentrata sull’emozione e sull’impulso, comuni dalla filosofia alla musica, sulla devozione ecclesiale e sull’impostazione cattolica, trattandosi del secolo della Controriforma e dei grandi mistici, nonché sull’esagerazione e sulla sregolatezza, come dimostrano gli artifici retorici dei poeti e i pionierismi degli architetti. Si tratta, perciò, di principi aberrati dagli Illuministi, i quali prediligono la razionalità, un senso ateo della storia e della natura, nonché la sobrietà dei canoni classici (e neoclassici).

La riprovazione scagliata dai romantici, nell’Ottocento, ha, invece, basi morali, giudicando costoro il XVII un secolo di désengagement, futilità ed autoreferenzialità della scrittura. Invero, il Seicento anzitutto non è impegnato a migliorare la società, rimanendo un riflesso del dispotismo politico degli stati assoluti, i cui intellettuali poco si curano dell’etica dell’impegno, poi non si pone alti scopi, come l’essere utile, risultando il trionfo del vuoto accademismo, il mero essere bello, ed è infine chiuso in sé stesso, quale un cavilloso dialogo tra sapienti, non rivelato al resto della civiltà non cerebrale. Il Romanticismo desidera, al contrario, coinvolgere, educare ed affinare il popolo intero, ricercando il sublime anche dal basso, insegnando i valori della storia e del reale, toccando l’impegno civile di ciascuno[2].

Assurdo pensare che quell’universo immaginifico di mito e retorica sia rimasto così gradito da durare cento anni e più, divenendo uno dei più lunghi periodi culturali di sempre: non a caso, è proprio con il Barocco che nasce la prima moderna cultura di massa[3], vale a dire che la maggioranza della società si è armonizzata a un modo di concepire il reale che ha stampo prettamente barocco, e ne è stata paga.

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Bisogna, tuttavia, attendere il Novecento affinché la letteratura del Seicento si riscatti e torni ad essere un vulcano in eruzione cui attingere il fuoco della propria ispirazione culturale[4]. Ciò è possibile, verosimilmente, per una sorta di comunanza di condizione critica tra il XX secolo, angustiato da grandi guerre e ricorrenti recessioni, ed il XVII, anch’esso tormentato da immani conflitti e problemi economico-sociali, come è ben stato sottolineato dall’antesignano Walter Benjamin, il quale, tramite un evidente caso pratico, ha evidenziato la veemenza del Barocco in parallelo all’espressionismo di quei tempi[5], ma soprattutto in linea prettamente teorica da Hans Robert Jauss nelle sue nozioni di «orizzonte d’attesa» e «pregiudizio del lettore»[6]. Infatti, risolve Jauss, esistono aspettative e preconcetti davanti ad un’opera, espressi dal singolo o dalla tradizione, i quali, se non vengono confermati dal testo, fanno perdere di efficacia all’opera, di conseguenza il Barocco smarrisce il proprio impatto su lettori ed epoche sereni, necessitando di tempi e personaggi, come quelli novecenteschi, che ritrovino in esso i caratteri che si aspetterebbero nella loro attuale condizione culturale, ossia gli stilemi della crisi.

In Italia e per la letteratura soltanto, la censura mortale dura fino a Benedetto Croce, l’ultimo nemico della poetica secentesca, di cui condanna il cattivo gusto ed i cui studi e studiosi sovente sbeffeggia, per quanto ne sia un accorto conoscitore e ne smuova l’interessamento, in specie con i suoi volumi Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Storia dell’età barocca in Italia e Nuovi saggi sulla letteratura del Seicento, immani serbatoi di annotazioni su prosa e poesia di personaggi anche minori del canone letterario[7]. Al contrario, la progressiva rinascita del Barocco, sulla scia di ciò che sta compiendosi in Germania, nella sola storia dell’arte, con Jacob Burckhardt ed Heinrich Wölfflin, si avvia tramite i contributi pionieristici di due critici letterari e tramite un certo gusto neobarocco nella letteratura.

I due accademici che aprono l’Italia al Barocco a partire dalle fondamenta teoriche, iniziando un’inversione di paradigma, che rivaluta positivamente quest’epoca, sono Carlo Calcaterra, piemontese, docente all’Università Cattolica di Milano ed a Bologna, autore del celebre Il Parnaso in rivolta[8], che sottolinea il nuovo modo di concepire la realtà, metaforico ed immaginifico, di artisti e poeti, ed indaga il riscontro lirico della condizione di perplessità dell’uomo del tempo, sconvolto da teorie scientifiche, religiose e cosmologiche che ribaltano il common sense, e Giovanni Getto[9], anch’egli piemontese, docente all’Università degli Studi di Milano e di Torino, il quale stende una notevole rassegna della critica verso la cultura del XVII secolo e compie una matura indagine sui vari generi letterari impiegati in quel periodo e sui loro statuti.

Gli artisti che, invece, riscattano il Barocco attraverso la pratica della letteratura sono nella lirica Giuseppe Ungaretti, con il suo secondo lasso poetico di Sentimento del tempo[10], una silloge che recupera al Seicento il fil rouge dell’azione vanificatrice del tempo, tipica della vanitas di quel secolo, nonché la tormentata religiosità, per cui la fede si aggrappa all’idea dell’eterno per far fronte al nulla, e nella narrativa Carlo Emilio Gadda, in specie nei suoi grandi romanzi, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e La cognizione del dolore[11], due opere che presentano un linguaggio esageratamente pasticciato, come nella sregolata varietà del lessico barocco, che allarga il poetabile, e dei personaggi disorientati dalla complessità dell’esistenza, tali all’uomo che ha scoperto, con le rivoluzioni secentesche, di non essere più al centro di ogni cosa.

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La ripresa matura poi alla seconda metà del secolo scorso, quando operano Franco Croce all’Università di Genova, Giovanni Pozzi ed i suoi allievi Ottavio Besomi ed Alessandro Martini all’Università di Friburgo, Martino Capucci, Ezio Raimondi ed il suo allievo Andrea Battistini all’Università di Bologna[12]. Costoro hanno contribuito, oltre all’ampliamento di studi e prospettive sul periodo e sui suoi autori, alla riedizione di testi celebri o dimenticati del secolo decimosettimo, finalmente corredati di un severo apparato critico e di minuti commenti, alla riscoperta delle radici barocche di molti letterati contemporanei, che dimostrano di utilizzare fonti secentesche e di possedere un animo neobarocco, nonché alla riaffermazione del discrimine tra sperimentalisti e classicisti, peraltro già proposto da Muratori insino ad Emiliani Giudici, per non appiattire tutta la lirica del Seicento nella vena dell’eccesso, promuovendo diciture come “Barocco moderato”, “classicismo barocco” e “lungo Cinquecento”.

Spiccano, infine, negli ultimi anni, l’équipe dell’Università Cattolica di Milano, con Eraldo Bellini, Pierantonio Frare, Marco Corradini e Roberta Ferro, nonché il pioniere Enzo Noè Girardi, e molte altre figure degne di lode nel contesto nazionale, uno su tutti Emilio Russo, i quali proseguono nel riscatto, ormai pressoché completo, del gran secolo azzimato.


Note

[1] Il saggio più completo in proposito è ancora B. Migliorini, Etimologia e storia del termine «Barocco», in Manierismo, Barocco, Rococò: concetti e termini. Atti del convegno, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1962, pp. 34-49.

[2] Si vedano, come introduttivi status quaestionis per le lettere italiane, da cui ricavare la bibliografia indiretta, G. Getto, La polemica sul Barocco, in Letteratura italiana, Marzorati, Milano 1956, vol. 1, pp. 417-504, P. Frare, La condanna etica e civile dell’Ottocento nei confronti del Barocco, in «Italianistica», 33/I (2004), pp. 147-65 ed E. Russo, Sul Barocco letterario italiano. Giudizi, revisioni, distinzioni, dans «Les dossiers du GRIHL», 6/II (2012), sous presse.

[3] È la tesi del celebre J. A. Maravall, La cultura del Barroco. Analisis de una estructura historica, Sant Joan Despì, Ariel, 1975, tradotto in italiano come La cultura del Barocco. Analisi di una struttura storica, trad. C. Paez, il Mulino, Bologna 1985, pp. 101-246, in particolare pp. 139-78.

[4] Il bilancio critico tanto più aggiornato quanto più agevole sul panorama barocco è certamente A. Battistini, Il Barocco. Cultura, miti, immagini, Salerno, Roma 2000.

[5] Mi riferisco in particolare a W. Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin, Rowohlt, 1928, letto nell’edizione W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1971, pp. 38-41.

[6] O meglio «Erwartungshorizont» e «Vorurteile des Lesers», concetti mutuati da Hans-Georg Gadamer: il riferimento va a H. R. Jauss, Literaturgeschichte als Provokation der Literaturwissenschaft, Konstanz, Universitäts Druckerei GmbH, 1967, in italiano quale H. R. Jauss, Perché la storia della letteratura, Guida, Napoli 1969, pp. 41-58.

[7] Precisamente, B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Laterza, Bari 1911, Storia dell’età barocca in Italia, Laterza, Bari 1929 e Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Laterza, Bari 1929. Per il rapporto tra Croce ed il Barocco, si rimanda ad A. Battistini, Il Barocco, «peccato estetico». Benedetto Croce e la letteratura italiana del Seicento, in Per civile conversazione. Con Amedeo Quondam, a cura di B. Alfonsetti – G. Baldassarri – E. Bellini – S. Costa – M. Santagata, Bulzoni, Roma 2014, vol. 1, pp. 141-51, il quale, inoltre, propone un’interessante tesi sul rifiuto crociano del Seicento, dovuto all’assimilazione dell’altisonanza di questo con il fascismo.

[8] C. Calcaterra, Il Parnaso in rivolta. Barocco e antibarocco nella poesia italiana, Mondadori, Milano 1940.

[9] G. Getto, La polemica sul Barocco, pp. 417-504 e G. Getto, Barocco in prosa e in poesia, Rizzoli, Milano 1969, raccogliente contributi anteriori.

[10] Ne fa il più recente punto della situazione D. Baroncini, Ungaretti barocco, Carocci, Roma 2008.

[11] Ne fa il più recente punto della situazione R. S. Dombroski, Creative Entanglements: Gadda and the Baroque, Toronto-Buffalo-London, Toronto University Press, 1999, in italiano quale R. S. Dombroski, Gadda e il barocco, trad. it. A. Dicuonzo, Bollati Boringhieri, Torino 2002.

[12] Le linee di storia della critica sul Barocco sono dovute, oltre a Getto, La polemica sul Barocco, pp. 417-504, in specie ad A. Quondam, Il Barocco e la letteratura e M. Guglielminetti, Gli studi sul Barocco nel Novecento, in I capricci di Proteo. Atti del convegno, Roma, Salerno, 2002, rispettivamente pp. 111-75 e 645-59, e a E. Bellini, La letteratura nell’età della nuova scienza, in Il Seicento. Atti del convegno, a cura della Società Dante Alighieri, Donizetti, Milano 2004, pp. 47-70.

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Nicolò Silvio Gavuglio

(Milano, 1991) è docente di scuola secondaria, membro del comitato scientifico della rivista «Il Sileno Onlus», della segreteria scientifica delle riviste «REM» ed «Otto/Novecento» e cultore della materia presso l’Università Cattolica di Milano. I suoi ambiti di ricerca riguardano la critica letteraria antica, in particolare latina; la topologia classica, in particolare nella latinità; e l’opera del poeta latino tardoantico Draconzio, in particolare i suoi Romulea. Si interessa anche di poesia italiana barocca e contemporanea.

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