Si tratta di un cambio di rotta significativo, che coincide con quanto la ricerca e le sperimentazioni sull’orientamento narrativo vanno dicendo da quasi quindici anni: orientare un soggetto significa trasferirgli competenze di autorientamento, affinché possa migliorare la percezione di sé, diventi capace di assumere decisioni e costruire piani di azione congruenti con i propri desideri. Si richiede dunque alla scuola di aprirsi alla realtà e al mondo, di fornire ai ragazzi/e strumenti per leggere e interpretare la realtà, le si chiede di progettare la propria azione per competenze utilizzando compiti tratti dalla realtà quotidiana, di essere una scuola in grado di aiutare ad attribuire senso e significato alle conoscenze ed all’apprendimento. Le competenze per la vita diventano, allora, il centro del processo di apprendimento: conoscere se stessi, gestire le emozioni, governare le tensioni, analizzare, valutare e saper affrontare le situazioni, risolvere problemi, prendere decisioni, esprimersi efficacemente, comprendere gli altri ed interagirvi positivamente.
In questo senso siamo di fronte ad una congiuntura favorevole: proprio nel momento in cui alla scuola giungono indicazioni forti come queste, il metodo dell’orientamento narrativo è giunto ad una fase di maturazione in grado di offrire risorse, professionalità e strumenti per operare in quella direzione e per progettare un’azione complessiva, in cui al ruolo degli insegnanti centrato sulla didattica orientativa si affianchi il ruolo di esperti esterni (consulenti di orientamento) in grado di operare in modo collaborativo e coordinato con i primi.
L’orientamento narrativo sperimentato in quasi quindici anni in vari contesti, con significative riuscite, ha messo in evidenza i propri punti di forza e la propria peculiare adattabilità al contesto scolastico: è adeguato al contesto scolastico sia perché agisce sul gruppo classe, sia perché inserisce nella scuola una figura di professionista dell’orientamento con competenze principalmente pedagogiche; aiuta a instaurare un rapporto positivo con il gruppo classe, poiché lavora con materiali e strumenti vicini alla cultura di appartenenza degli alunni (plasmata dalle grandi agenzie narrative: tv, cinema, industria musicale, letterature, ecc.); è coerente con le finalità stesse del percorso educativo e va quindi ad affiancare il lavoro del consiglio di classe; in particolare, agendo sull’autoefficacia percepita (quanto ogni soggetto crede alle proprie capacità di attivare risorse cognitive e comportamentali atte a ottenere i risultati attesi ed alle proprie possibilità di riuscita indipendenti dalle testimonianze che se ne ha) ha un forte impatto sulla motivazione e sulle dinamiche di relazione; e risponde alle recenti sollecitazioni ministeriali circa il nuovo ruolo ed il nuovo significato da attribuire all’orientamento (C.M. 43 del 15/04/2009). Infine, è importante sottolineare la possibilità di applicare i metodi narrativi alla didattica curricolare (attraverso una didattica orientativa che definisce anche il ruolo peculiare degli insegnanti rispetto all’orientamento). In quanto modalità di rappresentazione dell’esperienza umana nella sua unicità e nella sua storicità, la narrazione è destinata a diventare uno degli assi portanti della pedagogia di questi anni. In un sistema educativo in cui è sempre più importante riuscire a testimoniare e a certificare le competenze, gli strumenti narrativi sono la base per aiutare le persone a vedersi e a raccontarsi mentre agiscono e mentre comprendono il mondo che li circonda.
«Se la narrazione deve diventare uno strumento della mente capace di creare significato, richiede del lavoro da parte nostra: leggerla, farla, analizzarla, capirne il mestiere, sentirne l’utilità, discuterla»; e ancora: «solo la narrazione consente di costruire un’identità e di trovare un posto nella propria cultura. Le scuole devono coltivare la capacità narrativa, svilupparla, smettere di darla per scontata» (Bruner, La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Milano, Feltrinelli, 1997).
[N.d.r. Si è appena conclusa a Grosseto la IV edizione del convegno biennale Le storie siamo noi, il primo appuntamento nazionale sulla relazione tra scienze della narrazione e orientamento. La ricerca e Loescher hanno partecipato ai cantieri e sostenuto il progetto: qui l’articolo in cui se ne parla, e presto online la pubblicazione di materiali di lavoro e approfondimenti.]