Ogni bambino dovrebbe avere un libro di testo

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Dalla diffusione dei libri di testo dipende la qualità dello studio nel mondo. Ma un rapporto UNESCO rivela che in alcuni Paesi in via di sviluppo è disponibile solo un libro ogni dodici studenti.

Entro il 2030: un’istruzione inclusiva e adeguata per tutti
Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la 2030 Agenda for Sustainable Development, composta da diciassette Global Sustainable Development Goals (SDGs), ossia diciassette obbiettivi globali per raggiungere entro il 2030 tre traguardi straordinari: porre fine alla povertà estrema, porre rimedio al cambiamento climatico e alla distruzione delle risorse naturali e garantire la prosperità di tutti attraverso la promozione di uno sviluppo sostenibile.

Il quarto obbiettivo (SDG n.4), che riguarda l’istruzione, stabilisce che occorre “garantire un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”. A questo scopo l’accesso ai materiali didattici è segnalato come una strategia chiave per fornire ambienti di apprendimento inclusivi ed efficaci: “Occorre garantire che ogni istituzione scolastica sia sicura e che fornisca acqua, elettricità, servizi igienici separati per sesso, funzionanti e accessibili, aule sicure e materiali didattici e tecnologici adeguati”.

I libri di testo sono un diritto fondamentale
L’accesso ai materiali didattici per tutti gli scolari del mondo come traguardo strategico del prossimo decennio è stato ribadito anche da Education 2030 Framework for Action.
Presentata a Parigi il 4 novembre 2015, in concomitanza con la trentottesima sessione della Conferenza generale dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), è una piattaforma elaborata da governi, agenzie internazionali e società civile al fine di tradurre in pratica gli impegni sintetizzati nella 2030 Agenda for Sustainable Development. Vi si legge che “i programmi e gli istituti scolastici dovrebbero essere adeguatamente finanziati e dotati di servizi sicuri, rispettosi dell’ambiente e facilmente accessibili; di un numero sufficiente di insegnanti ed educatori di qualità; di approcci pedagogici attivi e collaborativi; di libri, materiali didattici, risorse educative e tecnologiche non discriminatorie, specifiche rispetto al contesto, e disponibili per tutti gli studenti, bambini, giovani e adulti”.

Un bene per pochi
Nonostante i più importanti documenti internazionali in materia di educazione riconoscano che sia gli insegnanti sia gli studenti hanno diritto a libri di testo inclusivi e “aggiornati”, milioni di scolari soffrono di un problema più grave: non hanno affatto accesso ai materiali didattici. Il dato appare particolarmente grave se teniamo conto che i manuali sono particolarmente rilevanti per il miglioramento dell’apprendimento scolastico proprio nelle aree del mondo a basso reddito, caratterizzate da classi di grandi dimensioni, una percentuale elevata di insegnanti non qualificati e poco tempo per la didattica. In questi contesti, libri di testo ben progettati ma soprattutto distribuiti in quantità sufficiente sarebbero lo strumento più efficace per migliorare l’apprendimento. In loro mancanza, infatti, gli alunni trascorrono ore e ore a ricopiare quanto scritto sulla lavagna, riducendo notevolmente il tempo a loro disposizione per assimilare i contenuti.

Dati clamorosi
Global Education Monitoring Report (GEM), un rapporto presentato nel gennaio 2016 dall’UNESCO, approfondisce nel dettaglio la disponibilità dei volumi scolastici nel Paesi in via di sviluppo. Pur basandosi sui dati disponibili, in genere carenti e disponibili solo per i libri di base, il rapporto mostra che in molte nazioni dal 15% al 20% degli scolari non ha libri di testo o deve condividerli con i coetanei. In qualche caso la percentuale è anche più alta: soltanto il 31% degli alunni in Paraguay e il 51% degli alunni nelle Filippine ha fatto uso esclusivo di un manuale di matematica. Lo stesso vale per Argentina, Brasile, Cile, India, Malesia, Perù, Sri Lanka, Tunisia e Uruguay. In Africa il record negativo va al Camerun, in cui nel 2012 fra i ragazzi di seconda elementare era disponibile un libro di testo di letteratura ogni dodici studenti e uno di matematica ogni quattordici. In Ciad solo il 20% degli studenti di seconda elementare ha avuto un libro di testo in francese (la lingua scolastica ufficiale). In Burkina Faso, nel 2007, solo il 48% degli studenti di quinta aveva accesso a un testo di matematica, un dato comunque migliore dell’8% riferito ai ragazzi di seconda elementare.

E non è solo la scuola primaria a soffrire la carenza di manuali: questi scarseggiano anche nell’istruzione secondaria: in Paraguay solo un quarto degli studenti di prima media ha un libro di testo di matematica, e metà è costretto a condividerlo con i compagni. Nella Repubblica Dominicana la percentuale è del 43% (possesso individuale) e del 37% (condivisione). Dei diciannove Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, solo il Botswana ha un’adeguata fornitura di testi, avvicinandosi quasi a un rapporto uno a uno per tutti gli studenti di scuola secondaria. Negli altri, tra cui Lesotho, Mozambico e Zambia, i testi di materie non fondamentali sono incredibilmente scarsi. Nel 2014 in Ruanda c’erano tre alunni per ogni libro di storia e cinque alunni per ogni libro di letteratura.

In diversi Paesi, poi, la carenza di volumi scolastici recentemente è ulteriormente aumentata. Tra il 2000 e il 2007, Kenya, Malawi e Namibia hanno sperimentato un rapido aumento delle iscrizioni scolastiche, cui tuttavia non è andata di pari passo un’adeguata disponibilità di materiale didattico. In Malawi, la percentuale di studenti che non aveva nessun manuale o che lo ha dovuto condividere con almeno due compagni è aumentata dal 28% del 2000 al 63% del 2007. Unico caso eccezionale è lo Swaziland, dove i tassi di iscrizione alle scuole medie sono aumentati di circa il 20%, ma anche la percentuale di studenti che fanno uso esclusivo di manuali è passata dal 74% al 99%. Occorre però precisare che i dati sulla disponibilità di testi non coincidono necessariamente con il loro effettivo utilizzo in classe. È infatti risaputo che, proprio perché ritenuti “bene di lusso”, i libri sono spesso messi sotto chiave per paura che siano danneggiati o persi dagli studenti.

Quanto costa studiare
Il costo dei libri di testo è una barriera che impedisce ai bambini di avere accesso a materiali di cui hanno bisogno. Esso può essere considerato almeno da almeno due angolazioni diverse. La prima coincide con il costo della fornitura per bambino di un solo libro di testo, il cosiddetto “costo unitario da manuale”. La seconda, invece, è il costo annuo della fornitura per ogni bambino di tutti i libri di testo necessari per affrontare adeguatamente il programma scolastico, ovvero il “costo unitario annuale”. Entrambe le misure variano notevolmente a seconda dell’area geografica.

Diverse ricerche indicano, ad esempio, che all’interno dello stesso continente africano vi sono grandi variazioni: nell’Africa sub-sahariana il costo unitario nella scuola primaria è compreso fra i due e i quattro dollari, mentre in Vietnam oscilla fra i 0,33 e i 0,66 dollari. In Kenya, il costo unitario annuale per la prima elementare è 2,5 volte superiore al corrispettivo del Madagascar.
Molti sono i motivi di questa variabilità, inclusi i prezzi delle materie prime, di produzione, stampa, distribuzione, stoccaggio, importazione e spedizione. Ma anche la corruzione può influenzare il prezzo: spesso i funzionari ricavano guadagni comprando testi di bassa qualità a un costo alto.

Le ragioni della variabilità dei costi
In questa situazione, la produzione statale dei manuali in molti casi è in grado di far scendere il prezzo: in Vietnam, come abbiamo visto, il costo di ogni libro è molto inferiore a quello del Sub Sahara perché i libri sono stampati all’interno del Paese, facilitando così la concorrenza tra editori, la quale a sua volta contribuisce ad abbassare i costi finali. Una strategia certamente possibile in una nazione grande come il Vietnam e dotata di un vasto mercato editoriale. Ma nella piccola Timor Est il costo unitario raddoppierebbe se i libri fossero stampati internamente anziché a Singapore o in Indonesia. Anche alcuni specifici fattori tecnici possono incidere sul costo dei manuali nel lungo periodo. In Etiopia, ad esempio, i manuali di scuola secondaria sono stampati su carta di qualità scadente; benché prodotti a buon mercato, dunque, hanno costantemente bisogno di essere sostituiti, a volte anche più di una volta all’anno. Usare carta e rilegatura di qualità superiore aumenterebbe il costo unitario di un libro di testo ma diminuirebbe il costo annuale.

Il ruolo crescente del settore privato
Prima dell’Indipendenza, la maggior parte dei Paesi africani importava i libri di testo da editori commerciali europei. Una politica destinata a cambiare una volta ottenuta l’Indipendenza, quando le ex colonie si sono assunte l’onere della stampa e della distribuzione a livello nazionale.

Un ulteriore cambiamento è avvenuto negli anni Novanta quando, con l’intento di abbassare i costi, molte nazioni sub-sahariane hanno cercato di rompere i rispettivi monopoli governativi volgendosi al settore privato. Oggi vi sono sempre più partenariati pubblico-privato, con un aumento crescente del settore privato locale. Ad esempio l’Uganda, che nel 2002 ha iniziato a lavorare con un editore privato, ha visto il costo dei libri di testo diminuire di due terzi e la loro qualità aumentare. E il Brasile nello stesso periodo ha beneficiato di una caduta del 30-40% dei costi dei manuali.

Tuttavia, per raggiungere le economie di scala, è necessario che gli editori possiedano l’intera gamma di competenze necessarie (produzione dei contenuti, scrittura, stampa finale), capacità spesso non disponibili nei Paesi in via di sviluppo. D’altra parte gli investimenti pubblici nei libri di testo sono carenti per via della natura complessa del settore editoriale: sviluppo, produzione, stoccaggio e distribuzione costituiscono nel loro complesso un processo lungo, che richiede una certa prevedibilità dei finanziamenti e la stabilità del mercato, entrambi fattori deboli nei Paesi a basso reddito.

Due possibili soluzioni
Il rapporto dell’Unesco non si limita a fotografare la situazione, ma propone anche due soluzioni.

La prima è aumentare i fondi globali stanziati nel settore dell’educazione per assicurare maggiore trasparenza nel processo di distribuzione dei testi. Poiché non vi sono dati chiari sul fabbisogno da parte delle scuole l’intero sistema soffre di un alto livello di disorganizzazione e di scarsa trasparenza. Per fare fronte a tale problema l’Africa potrebbe adottare il modello usato nelle Filippine, dove fino a pochi anni fa quasi il 40 per cento delle distribuzioni di libri non era ufficialmente registrata. Una situazione risolta aumentando il monitoraggio e la trasparenza grazie alla collaborazione tra i gruppi della società civile e il Ministero della Pubblica Istruzione.

Una migliore previsione del numero di libri necessari in un periodo pluriennale attirerebbe anche maggiori finanziamenti. L’esempio proposto è quanto messo in pratica da Gavi (Global Alliance for Vaccine Immunization), un’organizzazione internazionale creata nel 2002 che mette insieme il settore privato e pubblico per aumentare la disponibilità dei vaccini nei Paesi poveri. Concentrando le proprie energie sulla previsione della domanda per i vaccini, Gavi è riuscita ad aumentare la prevedibilità dei finanziamenti e a ridurre gli sprechi.

Applicando la stessa logica nel campo dell’istruzione potrebbe essere istituito un Global Book Fund (fondo globale per i libri) destinato a valutare le esigenze di manuali in Africa nel medio termine, così che i donatori, in collaborazione con i governi privati, mettano in comune le loro risorse e facciano acquisti dei volumi necessari sulla base di una pianificazione stabile e di lungo periodo.

La seconda soluzione proposta dall’Unesco è invece rendere non solo più trasparente ma anche più efficiente il sistema di diffusione commerciale dei libri tagliando il numero dei distributori. Esemplare è il caso del Kenya, dove i testi costano il doppio che nel vicino Ruanda. Gli editori ruandesi, infatti, consegnano i testi direttamente alle scuole, mentre il Kenya usa librai che agiscono come intermediari.

Libri meno cari significa aumento della literacy
Una corretta organizzazione della distribuzione contribuirebbe ad abbattere i costi di acquisto dei libri anche di tre dollari per ogni tomo. In Africa significherebbe risparmiare un miliardo di dollari l’anno. L’abbassamento del loro costo potrebbe contribuire a triplicare il numero di libri di testo disponibili per i bambini di tutto il mondo, migliorando in tal modo il livello d’istruzione, in particolare nei Paesi poveri. In alcune aree in via di sviluppo (ad esempio in diversi Paesi africani) se ogni bambino potesse studiare sul suo libro, infatti, aumenterebbe la percentuale di literacy, la capacità di comprendere e analizzare le informazioni materia per materia, dal 5 per cento odierno al 20 per cento.

Per approfondire:
http://www.globalgoals.org/it/
http://www.unesco.org/new/en/education/themes/leading-the-international-agenda/education-for-all/education-2030-framework-for-action/
http://en.unesco.org/gem-report/

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Francesca Nicola

Dottoressa in Antropologia all’Università Bicocca di Milano.

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