Naxos, un’isola tra mito e storia

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L’isola di Naxos è la più grande delle Cicladi, ed è anche una delle più varie, poiché oltre a mare e vento ha anche montagne, vallate ricche d’acqua e vigneti, e pittoreschi paesini abbarbicati sulla roccia. Ma il viaggio a Naxos che vorrei fare con i lettori della Ricerca è condotto sul filo del mito e della storia, che hanno sempre assegnato a quest’isola un ruolo di prim’ordine.

L’isola di Naxos è la più grande delle Cicladi, ed è anche una delle più varie, poiché oltre a mare e vento (ingredienti di ogni isola greca che si rispetti) ha anche montagne, vallate ricche d’acqua e vigneti, e pittoreschi paesini abbarbicati sulla roccia. Insomma, i numerosi turisti che ogni anno la visitano – tra i quali chi vi scrive – non lo fanno certo senza motivi: Naxos è infatti bellissima, senza se e senza ma. Ma il viaggio a Naxos che vorrei fare con i lettori della Ricerca è condotto sul filo del mito e della storia, che hanno sempre assegnato a quest’isola un ruolo di prim’ordine.

 

Partiamo col mito. Non pare certo ospitale, la nostra isola, alla povera Arianna qui abbandonata nel sonno dal playboy Teseo, che l’aveva sedotta e “usata” per sconfiggere il Minotauro di Creta. L’episodio è celeberrimo, ed è stato riproposto da molti autori della classicità greco-romana; forse nessuno, però, ha raggiunto la forza espressiva di Catullo, che di Arianna ha cantato lo sconsolato lamento, facendole dire: E poi è un litorale senza case; l’isola è deserta; / e non si schiude una strada d’uscita, con le onde del mare che mi cingono; / mezzo per fuggire non v’è; non v’è speranza; tutto è silenzio, / tutto deserto, tutto si presenta funereo (Carme 64, vv. 184-187, trad. F. Della Corte). Ma suvvia, la bella Naxos non può essere così inospitale! Infatti di lì a poco arrivò nientemeno che Dioniso, che – secondo i mitografi – prese Arianna con sé, caricandola sul suo carro trainato da pantere, e la fece sua sposa.

 

Giorgio_De_Chirico_Arianna_1913

 

Insomma, Arianna perde un compagno eroe (Teseo) e guadagna marito un dio (Dioniso), e ciò non è poco davvero! E se poi il loro corteo nuziale aveva solo un pizzico dello scanzonato brio che nella sua Canzona immaginò Lorenzo de’Medici, dovette essere un matrimonio davvero riuscito: Quest’è Bacco e Arïanna, / belli, e l’un dell’altro ardenti: / perché ’l tempo fugge e inganna, / sempre insieme stan contenti. / Queste ninfe ed altre genti / sono allegre tuttavia. / Chi vuol esser lieto, sia:/ di doman non c’è certezza.
Passiamo ora alla storia, ma senza lasciare del tutto il mito. Avete presente le Arianne abbandonate dormienti e sdraiate che la scultura classica e la pittura moderna (si pensi a Giorgio De Chirico) ci hanno lasciato? Bene.

 

kouros_di_Flerio

 

 A Naxos ci sono ben due statue di kouroi arcaici “sdraiati” nelle amene località di Apollonas e Fleriò, forse opere del VII sec. a.C. appena sbozzate e abbandonate in situ da quasi tremila anni; o forse – mi piace pensare così – sono giovani che dormono ancora, non meno dell’Arianna mitologica, in attesa di una dea che se li sposi! Tempo scaduto, visto i secoli passati? Non si sa mai…
E un certo gusto per il “non finito” doveva essere proprio degli antichi Nassi, se è vero che proprio sul porto di Naxos Town (la Chora) sorge la cosiddetta Portara, e cioè la porta marmorea di un tempio dedicato ad Apollo, iniziato intorno al 530 a.C. e mai portato a termine dal tiranno Ligdamo, travolto dalle vicende belliche e politiche che portarono alla sua detronizzazione.

 

Chora_di_Naxos

 

 Insomma, la più famosa e completa testimonianza monumentale della Naxos di età greca antica è paradossalmente fuori dall’isola, e si trova all’interno del recinto del santuario di Delos: si tratta dei magnifici 5 leoni (in origine erano 9) che la città consacrò ad Apollo in epoca arcaica, più o meno quella dei kouroi dei quali già si è detto.
L’isola ebbe importanza anche in età bizantina, ma è con il periodo delle Crociate che assunse una posizione di particolare preminenza sull’area cicladica. Infatti nel 1207, durante la Quarta Crociata, il veneziano Marco Sanudo si impossessò di Naxos e istituì un potente ducato, che – pur con alterne fortune – durò fino al 1566, quando si sgretolò sotto gli attacchi del pirata turco Barbarossa, sulle cui gesta leggendarie ancora si favoleggia. Ma per tutto questo tempo Naxos, insieme con Paros, Ios, Santorini, Anafi, Sifnos, Milos, Amorgos, Folegandros e Sikinos fu in mano ai Veneziani, la cui presenza è tutt’ora documentata dalla tradizionale architettura ispirata al gusto della Serenissima.

Ariadenus_BarabarossaLa parte antica di Chora, detta kastro, è infatti ancora oggi un dedalo fittissimo di viuzze, con alcune splendide residenze veneziane contrassegnate da stemmi nobiliari. Una di queste ospita il “Museo Veneziano Della Rocca-Barozzi”, mentre l’interessante “Museo Archeologico” è in un edificio seicentesco, più volte rimaneggiato, già sede di una scuola gesuitica, nella quale (in tempi più recenti) studiò anche Nikos Katzantzakis, l’autore di Zorba il Greco. Gesuiti in terra ortodossa? Sì, avete capito bene: la lunga dominazione veneziana e poi l’influsso francese (nel Sei-Settecento) infatti hanno fatto diffondere a Naxos il cattolicesimo, e tutt’ora i cattolici sull’isola non sono pochi, come dimostra anche la presenza di una cattedrale. Tornando al “Museo Archeologico”, a mio avviso, il suo meglio sono i misteriosi e affascinanti idoli cicladici trovati nella regione e databili – più o meno – al Terzo Millennio a.C.: un tempo lontano davvero, più vicino a quello del mito che a quello della storia.

 

Portara_di_NaxosIn effetti mito e storia a Naxos si mescolano, e non mi stupirei – una volta o l’altra – di incontrare Arianna (sveglia e pimpante) che in un caffè del lungomare si beve un bel vinello ghiacciato, prodotto dal divino marito, oppure un bicchierino dello squisito liquore locale di cedro, chiamato Kitron: d’altronde chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c’è certezza. Oppure di vedere il tiranno Ligdamo che – davanti alla Portara – inveisce e rivendica il suo trono, o Marco Sanudo che impartisce ai suoi servi ordini in veneziano nelle strette vie del kastro, o perfino il pirata Barabarossa, con tanto di turbante e caffetano. Chi sicuramente ho già più volte incontrato (anche senza vederlo) è comunque stato Eolo, il dio del vento, che qui sembra davvero non stancarsi mai di soffiare, e che con il suo fresco sibilo rende sopportabile, perfino gradevole il sole giaguaro di queste plaghe davvero “benedette”, sia dagli dèi classici sia da quelli delle religioni successive.

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