Napoli Velata

Tempo di lettura stimato: 4 minuti
Il film di Ozpetek è una dichiarazione d’amore nei confronti della città partenopea, e un omaggio alla sua storia millenaria, alla sua ricchezza artistica e alla sua complessa identità culturale.

Tra i film in uscita durante le festività natalizie, uno dei più interessanti è sicuramente Napoli Velata di Ferzan Ozpetek. Un’opera che assume le sembianze di una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti della città partenopea, e un omaggio alla sua storia millenaria, alla sua ricchezza artistica e alla sua complessa identità culturale. La città, infatti, non è solo scenario delle vicende narrate, bensì vera protagonista del film, tanto la storia è intrinsecamente intrecciata con le viscere della città.

Lo stesso regista spiega le ragioni della scelta di Napoli, nel suo cuore da quando curò la regia de La Traviata al Teatro San Carlo: “Da tempo sapevo che avrei voluto fare un film a Napoli, la quarta città dopo Istanbul, Roma e Lecce, in cui mi ero sentito subito come a casa”.

Ma non si tratta solo di una semplice empatia con un luogo, e la scelta del titolo ci suggerisce quanto il film sia molto diverso da una cartolina cinematografica. Il tema del “Velo”, infatti, ricorre spesso nella cultura partenopea: basti pensare alla famosa statua del Cristo Velato della Cappella Sansevero, realizzata da Giuseppe Sanmartino, su commissione del celebre alchimista Raimondo di Sangro, o al rito arcaico della “figliata”, legato alla cultura dei femminielli, in cui viene messo in scena il parto maschile, con un velo che separa il palcoscenico dal pubblico.

Un velo che, con la sua opacità, pur se rarefatta, si pone come impalpabile diaframma tra realtà e finzione, tra rappresentazione e vita. Una trasparenza percettiva che suggerisce, incuriosisce, ma che oppone anche una barriera allo sguardo, quasi una difesa, come se la realtà fosse troppo violenta da vedere senza filtri e mediazioni.

Il film è disseminato di continui rimandi al tema dello sguardo, ontologicamente legato al cinema, e magnifica ossessione di molti registi. Occhi, monili antichi, architetture, sculture, maschere, si rincorrono nelle sequenze più importanti, segnando in modo simbolico i principali snodi narrativi e finendo per rappresentare il vero fil rouge del discorso filmico. All’interno di questo ammaliante percorso scopico, il velo sembra suggerire l’ambiguo confine tra vedere e percepire, tra reale e immaginario, tra vero e falso.

La trama di quest’affascinante sudario interpretativo della realtà viene tessuta utilizzando situazioni care all’universo poetico di Ozpetek. Come accade in Le fate ignoranti (2001), La finestra di fronte (2003) e Cuore Sacro (2005), la protagonista è una donna, che, a causa di un avvenimento improvviso e sconvolgente, si trova a dover rimettere in discussione la propria vita e a intraprendere un viaggio nel profondo del proprio vissuto. Un itinerario interiore che si tinge di mistero, sconfinando in un vero è proprio thriller psicologico.

E tuttavia l’escamotage narrativo di porre una persona qualunque in una situazione straordinaria è anche uno dei τόποι classici del cinema di Alfred Hitchcock. Basti pensare, giusto per citare qualche titolo famoso, a L’uomo che sapeva troppo, La finestra sul cortile, Intrigo internazionale o La donna che visse due volte. Napoli Velata presenta alcune assonanze visive e tematiche proprio con quest’ultimo film del grande maestro del brivido. La meravigliosa e avvolgente inquadratura iniziale, che ruota lentamente, avvitandosi sensualmente nella spirale delle splendide architetture liberty della scala eliocoidale di Palazzo Mannajuolo di Giulio Ulisse Arata, richiama alla mente le visioni oniriche di La donna che visse due volte e anche il perverso e oscuro vortice dello scarico della doccia di Psycho. Elementi che rimandano a una visione en abîme, imperscrutabile e misteriosa, sembrano indicare, fin dall’inizio, la complessa e ingannevole materia di Napoli Velata.

Ma le assonanze con La donna che visse due volte non si esauriscono nella suggestione visiva dell’incipit, e tornano anche nel tema del doppio, della presenza-assenza e dell’identità ambigua e sfuggente.
Nel film ritroviamo una Napoli in cui la dinamica dei segni architettonici, la sedimentazione della storia e la tradizione popolare disegnano la zona d’ombra in cui convivono razionalità illuminista e cabala, scienza e superstizione, medicina e alchimia, modernità e passato, amore e morte.
Pur partendo da queste suggestioni culturali, Ozpetek firma un’opera molto personale. Grazie alla sua sensibilità, riesce a creare e far ruotare attorno alla storia una comunità di personaggi, e tesse psicologie e relazioni in un complesso, diafano e misterioso, velo dell’esistenza, che rivela e cela allo tesso tempo la figura di Adriana, una giovane donna diffidente e chiusa nei confronti della vita, eppure anche aperta all’amore.

Napoli Velata
Un film di Ferzan Ozpetek
Con Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Anna Bonaiuto, Peppe Barra, Biagio Forestieri, Luisa Ranieri, Maria Pia Calzone, Carmine Recano, Angela Pagano,
Maria Luisa Santella, Loredana Cannata, Lina Sastri, Isabella Ferrari.
Durata: 113 minuti
Produzione: Italia, 2017

Condividi:

Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it