Manchester by the Sea

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È da pochi giorni in sala uno dei film più attesi della stagione, non fosse altro per il numero di candidature ottenute ai più importanti premi internazionali: 6 agli Oscar, 6 ai Golden Globes, 6 ai BAFTA, 1 ai César e 5 ai London Critics. Stiamo parlando di «Manchester by the Sea» del newyorkese Kenneth Lonergan.

Il regista ha al suo attivo due lungometraggi: Conta su di me (1999) e il travagliato Margaret, uscito nel 2011 nonostante una prima versione fosse già pronta nel 2005. Due opere che mettevano in luce la particolare sensibilità dell’autore nel trattare gli aspetti psicologici legati alle relazioni familiari, il senso di colpa, il peso del destino nella fragile esistenza umana. Manchester by the Sea non solo non delude le attese, ma si conferma tra i film più belli e toccanti dell’anno.

Lee Chandler vive in uno squallido seminterrato e lavora come tuttofare in un complesso di edifici residenziali a Boston. È scontroso, taciturno, e conduce un’esistenza solitaria fatta di lavoro e serate al bar a bere birra. È un uomo che sembra infastidito dal rumore della vita che gli scorre accanto e vuole solo tenersene lontano, isolato nel suo inaccessibile mondo interiore.
Quando suo fratello muore deve tornare al paese natale, un porto di pescatori sulla costa a nord di Boston, per occuparsi del nipote minorenne Patrick. Ma il piccolo borgo marinaro di Manchester by the Sea non è solo il luogo dei ricordi d’infanzia: è stato anche il teatro di una tragedia, causata da una sua disattenzione, che gli ha devastato la vita.

L’itinerario da Boston verso Manchester by the Sea è un doloroso viaggio nel tempo, che riporta in luce i fantasmi del passato. Fuggito da quei luoghi per cercare di sopravvivere al tormento quotidiano e al senso di colpa, si ritrova improvvisamente a dover fare i conti con i ricordi. Le cicatrici riprendono a sanguinare, il lutto mai superato diventa un’ossessione. Le rimozioni lasciano spazio a un presente sempre più insopportabile, lancinante di sofferenza.
Le fredde e livide atmosfere del film riflettono lo stato d’animo di Lee; gli sguardi trasparenti e senza meta, i lunghi silenzi, l’incomunicabilità di chi ha rinunciato da tempo alla vita, si specchiano nel freddo mare di Manchester, nei suoi cieli grigi, e in una terra così indurita dal ghiaccio da non potere neppure ospitare i morti. Anche il cuore di Lee è come ibernato, fermo da quel giorno, da quell’errore. Nonostante gli sforzi, l’uomo non riesce a uscire dal profondo pozzo della sua sofferenza: a Manchester by the Sea tutto è insopportabilmente doloroso, e i ricordi soffocano progressivamente i suoi giorni senza lasciare nessuna speranza.

Un film cupo, che esplora senza retorica la tragedia di vivere fino in fondo il proprio destino, in un senso d’ineluttabile rassegnazione che sconfina nell’espiazione. L’autore si dimostra uno straordinario interprete dei sentimenti e delle emozioni inespresse, che naufragano in un insopportabile silenzio interiore.
Il film lavora sia esteticamente, sia a livello di dialogo, sul registro della sottrazione: Lee sembra sempre in procinto di poter fare o dire qualcosa, per poi trattenere tutto, come se ormai nulla valesse la pena d’esser detto o fatto. Il suo ritrarsi, il suo agitarsi immobile nel rimorso e nei sensi di colpa, avvolge i suoi sguardi interrotti e smarriti.
Casey Affleck è bravissimo nell’interpretare il protagonista con gesti trattenuti, parole non dette, emozioni nascoste. Una recitazione introflessa, sempre in ombra, velata da un minimalismo espressivo di straordinaria intensità.

Manchester by the Sea
Regia: Kenneth Lonergan
Con: Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges, Gretchen Mol
Durata: 135 min.
Produzione: USA 2016.

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