L’insegnante del terzo millennio

Tempo di lettura stimato: 15 minuti
È importante educare gli studenti a usare Internet come strumento culturale,ad esempio verificando l’attendibilità delle fonti e citandole correttamente.Bisogna però evitare i pericoli della dissipazione e del sovraccarico cognitivo. Sia gli insegnanti sia gli allievi si devono quindi abituare a lavorare usando testi digitali, immagini, video, file sonori e tutte le risorse della rete.

 

Il decreto sulla spending review (varato mentre scriviamo) ha importanti riflessi sul profilo professionale degli insegnanti, perché introduce l’obbligo di pagella on-line e registro elettronico dal prossimo anno scolastico.Tutti i docenti dovranno comprendere la differenza concettuale e giuridica tra due nozioni. La prima è la digitalizzazione, ossia la sostituzione totale dei documenti cartacei con gli equivalenti su supporto elettronico, che assumono il medesimo valore legale, si qualificano come prodotti originali ed ammettono il rilascio di copie analogiche, su supporto tradizionale, come nel caso della pagella. La seconda è l’informatizzazione, ossia impiego di dispositivi e programmi di tipo appunto informatico per produrre documenti cartacei che conservano la caratteristica di prodotto originale e pieno valore legale.

La distinzione rivela come l’introduzione delle tecnologie digitali dell’informazione e della comunicazione nella scuola abbia impatti operativi importanti e rilevanza culturale ben più estesa degli aspetti tecnici a cui ancora molti riducono il problema. Va detto, anzi, che ora come ora, non sono le prospettive didattiche delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) a condizionare il profilo professionale degli insegnanti, ma gli aspetti meramente amministrativi. Importanti operazioni che in precedenza si effettuavano presso uffici tradizionali, come le domande di mobilità (trasferimento) o di partecipazione agli esami di Stato, sono state infatti trasferite sul portale ministeriale Istanze On-line, per accedere al quale ogni dipendente deve utilizzare le credenziali (nome utente e password) ottenute iscrivendosi ai servizi del dominio istruzione.it, in particolare alla casella di posta istituzionale. Anche Commissione Web (applicazione ministeriale per la gestione delle operazioni relative agli esami di Stato del 2012 e con ogni probabilità del futuro) vincolava l’accesso di presidente e commissari alla loro esistenza e identificazione nei luoghi virtuali appena descritti. Altri esempi riguardano retribuzioni e dichiarazione dei redditi, che richiedono un’interazione con il portale Stipendi PA (Pubblica Amministrazione). Da tempo, per altro, la destinazione dei commissari, la composizione delle commissioni d’esame e gli esiti delle richieste di trasferimento sono pubblicati in rete per poi essere notificati agli interessati. Infine, cambiando parzialmente prospettiva, sul sito dell’ANSAS-INDIRE sono contenute indicazioni e possibilità di formazione, ma anche bandi di concorso per chi possieda particolari requisiti scientifici e specifiche abilità culturali.Insomma, è molto evidente che per gli insegnanti l’utilizzo consapevole della rete Internet e l’assunzione su di essa di un’identità riconosciuta dall’istituzione scolastica nel suo complesso sono condizioni necessarie per esercitare in modo completo il proprio ruolo, dal punto di vista di doveri, diritti e opportunità.

I nuovi dispositivi informatici
Più in generale, avere familiarità con le tecnologie digitali per un docente, significa conoscere:1) gli elementi tecnici di base;2) le più promettenti caratteristiche culturali e intellettuali;3) le più interessanti azioni di mediazione didattica;4) alcuni aspetti giuridici.Tutti sanno che per l’accesso alla rete serve un computer collegato a Internet attraverso linea telefonica dedicata e modem. Senza entrare in dettagli, occorrono alcune precisazioni. Innanzitutto, il concetto di personal computer: il primo pc è il 5150 dell’IBM, del 1981. Questo dispositivo (la cui caratteristica di base è l’autosufficienza operativa) implementa un modello logico-funzionale destinato a replicarsi fino ai giorni nostri, evolvendosi in diversi strumenti con lo stesso schema di fondo basato su tre elementi:
1) l’hardware, ovvero l’insieme dei componenti fisici e materiali del computer;
2) il software, l’insieme dei componenti immateriali di un sistema informatico, ovvero l’intelligenza operativa che lo trasforma in un oggetto utilizzabile con diversi scopi;
3) il riferimento a un utente generico, interessato ad attività variabili e diversamente combinabili, in funzione del software effettivamente installato, come calcolo, elaborazione culturale, giochi, intrattenimento e così via, fino alla navigazione su Internet.

I primi dispositivi con questo schema logico-operativo trionfavano su tavoli e scrivanie, tanto che presero il nome di computer desktop, che conservano anche attualmente, quando il loro spazio di mercato si è molto ridotto, a favore dei cosiddetti portatili, che il possessore può recare con sé dovunque, anche perché dotati di batterie e quindi di una certa indipendenza temporale da una fonte di energia elettrica.Dai portatili veri e propri derivano i netbook (detti anche netpc), computer ridotti ai minimi termini, con costi, prezzi e dimensioni inferiori, finalizzati soprattutto alla navigazione in rete, facilitata dal fatto che alle linee telefoniche tradizionali si sono affiancate (a volte anche sul versante delle offerte commerciali) le connessioni UMTS, realizzate con particolari chiavette USB, che funzionano come modem collegato alle reti cellulari veloci.Garantire velocità e di conseguenza potenza (capacità di ricevere e inviare ampie quantità di dati in tempi rapidi) alle connessioni Internet mediante le tecnologie ADSL, le fibre ottiche e così via, è stato ciò che ha consentito un vero e proprio salto di qualità all’inizio del millennio. Tanto è vero che per le zone e le persone non raggiunte dalle linee veloci fisse o cellulari si parla di digital divide, considerato elemento di arretratezza e potenziale disagio socio-culturale.Ai netbook si sono poi affiancati gli ultrabook, portatili di dimensioni e peso ridotti, realizzati però con componenti che non sacrificano a questo velocità e potenza di esecuzione e perciò più costosi. A fianco degli ultrabook si collocano sul mercato i tablet, con capostipite l’iPad. Le “tavolette” digitali propongono all’utente uno schermo a tecnologia multitouch, che permette di interagire con il computer contenuto all’interno mediante le dita o uno stilo, con combinazioni anche complesse di pressioni e strofinamenti, che realizzano azioni diverse. Windows 8, nuovo sistema operativo annunciato dalla più importante azienda del settore, Microsoft, fa di queste funzioni tattili, considerare spontanee e intuitive, il proprio punto di forza cognitivo e di marketing.Il mercato attuale propone infine un altro dispositivo, con caratteristiche particolari e in rapida evoluzione: l’ebook reader.

Si tratta di uno strumento destinato a immagazzinare materiali elettronici pensati per la lettura e spesso anche all’annotazione. Molti ebook reader consentono il collegamento a Internet per acquistare libri e riviste; la loro peculiarità è però la tecnologia detta inchiostro elettronico: lo schermo non è retroilluminato e rende quindi la lettura più agevole per gli occhi.Siamo in un momento di transizione: in particolare, sono attesi dispositivi che associno alle funzioni touch (che rendono il girare le pagine un’operazione quasi identica alle abitudini consolidate sulla carta) la gestione del colore. Anche per questa ragione, al momento è difficile ipotizzare un modello preciso di libro di testo (ebook a vocazione didattica) autosufficiente. Vanno ancora segnalati alcuni dispositivi ibridi, primi tra tutti gli smartphone (telefonini intelligenti), che arricchiscono le funzioni comunicative con la navigazione in rete, la posta elettronica e con una gamma di applicazioni sempre più vasta e variegata. Tra i dispositivi cataloghiamo infine le cosiddette periferiche (stampanti, fotocamere, chiavette USB e così via) collegabili a un computer per accrescerne le potenzialità operative.

 

Il software e i suoi problemi
Abbiamo già detto che il sistema operativo è la base per far funzionare i dispositivi, dando loro destinazione operativa specifica. Nel mondo dei pc il più noto e diffuso è Windows, ma una parte significativa del mercato è coperta da MacOSX (computer Apple, quelli di Steve Jobs). Un ruolo particolare è esercitato da Linux, le cui caratteristiche sono tre:
1) scrittura mediante “codice sorgente aperto” (opensource), in modo che chiunque possa vedere e modificare il codice in cui è scritto;
2) fornitura in distribuzioni, la più famosa delle quali è al momento Ubuntu, che comprendono non solo il sistema operativo, ma anche un ampio corredo di programmi, per una vasta gamma di attività;
3) licenza d’uso senza richiesta di royalties, come invece avviene negli altri due casi.In tutti i casi, l’utente dovrà e potrà aggiungere altri programmi applicativi a seconda delle proprie esigenze o preferenze. Nel mondo Linux funzioneranno sempre i principi-cardine di tipo opensource, mentre negli altri due casi i software potranno avere queste caratteristiche commerciali:
1) licenza d’uso free (senza pagamento di royalties);
2) licenza d’uso shareware (pagamento di royalties dopo un certo tempo o per avere la totalità delle funzioni);
3) licenza d’uso vera e propria (pagamento di royalties per l’uso del software, magari dopo un breve periodo dimostrativo). Poiché alcuni programmi sono abbastanza costosi, è bene sapere che nella gran parte dei casi ai software commerciali più noti e diffusi corrispondono prodotti free e opensource equivalenti non solo sul piano operativo, ma anche su quello del formato dei file prodotti. Questa caratteristica, che è molto importante per consentire una facile circolazione dei dati, è detta interoperabilità ed è ormai garantita nella gran parte dei casi e tra i diversi sistemi operativi. Sia nel mondo Windows sia in quello MacOSX è insomma possibile allestire un pc pienamente all’altezza dei tempi utilizzando software free e opensource, pagando soltanto la licenza del sistema operativo in uso. La comunicazione tra i vari pc è poi ulteriormente garantita perché:
1) la maggioranza dei programmi più diffusi ed efficaci, sia commerciali sia di altro tipo, è rilasciata in modalità multipiattaforma (ovvero per tutti i sistemi operativi);
2) i formati della rete sono di fatto universali;
3) la logica visivo-funzionale di tutti gli ambienti è ormai quella dell’interfaccia analogica, che propone icone (simboli di azioni e di caratteristiche), menu e finestre con cui impostare ciò che si intende fare.

La cognizione e la cultura
Le infrastrutture attuali permettono l’accesso (anche a scuola) a moltissimi prodotti culturali multimediali. Tutti conoscono YouTube ma ci sono vari altri esempi, come European Film Treasures, a cui si aggiungono i palinsesti televisivi e radiofonici di emittenti di tutto il mondo: abbiamo insomma a disposizione enormi depositi di materiali per documentare, integrare, chiarire, approfondire i contenuti di apprendimento. Anche le case editrici, del resto, forniscono materiali di questo tipo.La scuola, quindi, non solo ha la possibilità di variare gli approcci e di usare una pluralità di linguaggi, ma può anche utilizzare i diversi media come costante risorsa strutturale per l’insegnamento e per l’apprendimento. Più in generale, essere connessi a Internet (singolarmente, ma soprattutto in aula) significa poter estendere in tempo reale il proprio panorama informativo a tutte le risorse che la rete mette a disposizione, fornendo risposte a interrogativi e attuando analisi critiche, confronti tra fonti diverse e così via. La priorità attuale è insomma educare gli studenti a usare Internet come strumento culturale, verificare l’attendibilità delle fonti e citare correttamente le pagine e i siti giudicati significativi. Il compito di questa generazione di insegnanti è far comprendere che le risorse delle rete vanno integrate con quelle tradizionali, dalle biblioteche cartacee ai libri di testo, anche sul piano metodologico. Per ottenere questo, se ne devono convincere in prima persona.

È importante quindi sapere che non vi sono soltanto i motori di ricerca generalisti, ma anche strumenti dedicati a funzioni particolari, come Google Scholar, che fa ricerche solo sui siti di università, centri di ricerca e riviste accreditate. Oppure apprezzare il fatto che una delle conseguenze della digitalizzazione dei libri, è l’estensione dell’indagine per parole-chiave ai manufatti culturali antecedenti Internet: è il caso della ricerca di Google limitata all’insieme Libri. O verificare l’efficacia della funzione knowledge graph di Google, che restituisce una rappresentazione concettuale delle risposte alla chiave di ricerca utilizzata.Un’altra caratteristica della rete è l’esaltazione dell’ipertestualità, rappresentata dal link, ossia dalla messa in evidenza di un collegamento a un altro nucleo informativo visivamente marcato (per lo più una parola-chiave sottolineata), attivabile con un click del mouse; dal punto di vista logico definiamo questa funzione come sintassi per rimando e richiamo, da quello culturale la interpretiamo come possibilità di fruire immediatamente di un contenuto citato. Siamo di fronte a modalità di lettura estesa, di grande potenza: i manufatti culturali sono stati dotati di un modo maturo per riprodurre complessità e dinamicità della conoscenza umana: ciascuna singola opera è aperta al confronto con altre; ciascun concetto può essere visto da più prospettive e così via. Va sottolineato che note, citazioni e bibliografie sono sempre state strumenti ipertestuali. Sul supporto tradizionale esse contengono dati inerti, il cui reperimento è a carico di chi legge. La presenza del link risolve l’inerzia e determina una potenziale acquisizione di conoscenza dinamica: tutto è potenzialmente collegabile con tutto. La seconda priorità della scuola è perciò evitare che questo processo produca dissipazione o sovraccarico cognitivo: gli studenti, guidati dagli insegnanti (che devono sperimentate a loro volta questa nuova modalità), devono imparare a leggere in modo ipertestuale, che significa saper formulare e verificare ipotesi sulle ragioni di presenza e attivazione di un link.

Gli aspetti giuridici
Nel citare il software opensource (intorno al quale è nato un vero e proprio movimento culturale) e le licenze d’uso, abbiamo accennato in modo implicito al problema del diritto d’autore. Il trasferimento su supporto digitale di molti contenuti culturali fa sì che sia cresciuta in modo esponenziale la “pirateria”, copia e uso di contenuti e strumenti in violazione del copyright. Troppo spesso la scuola è indifferente a una questione che ha invece valenza d’educazione alla cittadinanza. Sono ignote non tanto la questione in sé, quanto l’esistenza di significativi modelli alternativi. Ci riferiamo in primo luogo ai contenuti aperti (open content), il cui modello di riferimento è Wikipedia: la conoscenza è un bene comune, e come tale va trattata e distribuita.

Più in generale consideriamo però la prospettiva delle Creative Commons Licenses, movimento culturale che dà vita a numerose iniziative, tra cui un motore di ricerca dedicato (creativecommons.it): chi applica una licenza di questo tipo al proprio materiale culturale lo rende esplicitamente utilizzabile da altri, a volte consentendo anche modifica e uso commerciale, vincolando in linea generale solo alla citazione della fonte. È importante che insegnanti e allievi si abituino a utilizzare per le loro produzioni digitali testi, immagini, video e file sonori rilasciati con queste caratteristiche. Lo stesso Google, del resto, consente di fare ricerca sulle immagini individuando quelle che sono marcate con licenza CCL.Un’altra questione molto importante per gli insegnanti che intendano utilizzare in modo intensivo risorse digitali e rete nella didattica è l’obbligo di tutelare i minori durante la navigazione e in genere le attività su Internet. La soluzione più semplice è dotarsi di un filtro, costituito da dispositivi hardware e software forniti in vario modo, compresa la sostanziale gratuità, come nel caso di Asso Dschola.

La mediazione didattica
Ci occupiamo di ambienti e strumenti destinati a rendere le tecnologie protagoniste dell’innovazione didattica. Non è questo il caso dei cosiddetti laboratori di informatica, dove si svolgono per lo più attività a rotazione, che non riescono a essere significative per il rinnovamento degli insegnamenti nelle diverse discipline e nei vari campi di esperienza e di conoscenza. In questa prospettiva, il dispositivo più noto e atteso è la lavagna interattiva multimediale (LIM): sono in corso i piani ministeriali di diffusione e molte scuole hanno qualche aula dotata di questo arredo.È bene tuttavia che tutti conoscano alcuni aspetti non sempre del tutto chiari:
1) la LIM non è nulla di più e nulla di meno di una periferica del computer; la sua superficie è multitouch e quindi consente di interagire con i software installati sul pc mediante le dita e/o uno stilo. La superficie medesima visualizza quanto trasmesso dal computer a un proiettore, servendo anche da maxi-monitor;
2) i software (compreso il programma commerciale che i fornitori della lavagna abbinano al dispositivo) funzionano sul pc, indipendentemente dal fatto che la LIM sia o meno connessa allo stesso;
3) con una LIM, pertanto, si possono utilizzare, con proiezione collettiva su uno schermo che permette anche l’interazione, tutte le applicazioni installate sul pc ad essa collegato;
4) la lavagna digitale, quindi, valorizza qualsiasi metodologia e ogni situazione didattica che possano impiegare in modo utile un ambiente digitale, fruito nelle condizioni appena descritte.

Precedente alla lavagna è l’impiego del solo proiettore digitale, che consente di rendere visibile da un gruppo ampio quanto realizzato su un computer. È una possibilità da non sottovalutare: si pensi alla proiezione commentata di slide digitali o alla navigazione critica collettiva su Internet.La LIM è del resto integrata nell’arredo operativo e cognitivo delle cosiddette classi 2.0, fondate sull’idea di fornire un computer a ogni studente. Alla possibilità di sviluppare attività collettive si aggiunge quella del lavoro individuale o per piccoli gruppi, sfruttando tutte le risorse installate sui diversi computer (o, in qualche caso, tablet), che qualche volta bambini e ragazzi portano anche a casa, per fare i compiti e studiare.Poiché, soprattutto in quest’ultimo caso, è bene prestare la massima attenzione alla dotazione fornita agli studenti, diamo alcuni sintetici suggerimenti. Il progetto di valutazione del software didattico dell’INDIRE è cessato in sé da anni, ma è ancora raggiungibile via Internet: sono interessanti sia i programmi recensiti, sia le categorie tecniche, culturali ed ergonomiche utilizzate per l’analisi dei diversi prodotti. Importante la sezione di strumenti specifici per diversi tipi di disabilità.I bambini della scuola primaria, poi, hanno a disposizione vari tipi di ambienti a loro destinati: ci riferiamo ai giochi e a software di apprendimento con destinazione specifica, ma anche ai programmi con un’interfaccia semplificata, ludica, magari realizzata con colori particolarmente vivaci e icone ingrandite. È il caso di OpenOffice4Kids, insieme opensource di programmi per scrittura, calcolo e realizzazione di slide pensato per i più giovani, ma anche di Kit4Kids, strumento per l’adattamento di Microsoft Office alle esigenze dei più piccoli, scaricabile gratuitamente. Sempre in questo ambito, va infine segnalato anche FacilitOffice, che ottimizza l’interfaccia di Office e OpenOffice per soggetti dislessici.

Condividi:

Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it