Le insidie della sottotitolazione

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La sottotitolazione è un’attività in espansione, il cui ruolo strategico è reso sempre più evidente dall’impatto della globalizzazione sul cinema. Quali sono le strategie di traduzione e i criteri per valutare la qualità dei sottotitoli? Il caso di alcuni film marocchini sottotitolati in francese e in inglese.
I titoli di apertura di “Pluie de sueur”.

La richiesta di film stranieri da sottotitolare o doppiare nella lingua dello spettatore è in continua crescita, e pertanto nasce l’esigenza di un servizio capace di consegnare un prodotto all’altezza delle aspettative. La sottotitolazione, in particolare, è un’attività in espansione, il cui ruolo strategico è reso sempre più evidente dall’impatto della globalizzazione sul cinema.

Allo scopo di fornire indicazioni utili a chi opera a vario titolo in questo settore, abbiamo deciso di studiare la letteratura esistente e gli interventi fatti da istituzioni o associazioni in questo campo. A partire dallo studio storico-teorico della traduzione e della letteratura scientifica sulla sottotitolazione, nel presente articolo vengono individuate alcune strategie di traduzione e dei criteri per valutare la qualità dei sottotitoli, a partire dal caso specifico di alcuni film marocchini sottotitolati in francese e in inglese.

Un settore in via di sviluppo

Le pratiche del doppiaggio e della sottotitolazione, che nei primi studi del settore prendevano il nome di traduzione filmica (film translation) o traduzione per lo schermo (screen translation), oggi sono ricomprese nel più vasto ambito della traduzione audiovisiva o TAV, un’espressione che fa riferimento a «tutte le modalità di trasferimento linguistico che si propongono di tradurre i dialoghi originali di prodotti audiovisivi, cioè di prodotti che comunicano simultaneamente attraverso il canale acustico e quello visivo, al fine di renderli accessibili a un pubblico più ampio»[1].

Anche se la traduzione audiovisiva non è ancora unanimemente considerata come una vera e propria branca degli studi sulla traduzione, bisogna riconoscere che negli anni più recenti questa ha avuto un successo tale da attirare l’attenzione di molti studiosi nel mondo accademico. I maggiori ricercatori che si sono dedicati in particolare allo studio della traduzione audiovisiva sono Frederic Chaume (doppiaggio), Jorge Diaz Cintas e Henrik Gottlieb (sottotitolazione).
Ma se da un lato gli studi universitari in questo campo sono ancora scarsi rispetto all’importanza e al ruolo che riveste il traduttore audiovisivo nell’odierna società, è vero anche che in questi anni si sono venute a creare delle associazioni per salvaguardare questa figura. In Italia, ad esempio, abbiamo l’Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi (AIDAC), in Francia l’Association des Traducteurs / Adaptateurs de lAudiovisuel (ATAA), in Spagna la Asociación de Traducción y Adaptación de España (ATRAE).
Inoltre, non si deve dimenticare la creazione, nel 1995, di un’associazione internazionale dal nome European Association for Studies in Screen Translation (ESIST), il cui obiettivo è la promozione di una cooperazione europea a favore della traduzione audiovisiva. Non mancano gli interventi da parte di questa istituzione, tra i quali l’approvazione del Code of Good Subtitling Practice, curato da Mary Carroll e Jan Ivarsson nel 1998 a Berlino, e riconosciuto come standard da seguire per la corretta impostazione dei sottotitoli.

Un mestiere complesso

Il sottotitolo è un elemento scritto, posizionato nella parte inferiore dello schermo, che ha lo scopo di riportare i dialoghi orali e le altre componenti discorsive dotate di una carica informativa importante.

A partire da questa definizione generica possiamo individuare tre categorie di sottotitolazione:

  • intralinguistica: il sottotitolo è presentato nella stessa lingua dei dialoghi;
  • interlinguistica: è la traduzione da una lingua di partenza dei dialoghi orali a una diversa lingua di arrivo nei sottotitoli. Gottlieb (1994, p.101-121) preferisce usare il termine di diagonal subtitling perché c’è un passaggio da una lingua A a una lingua B, ma anche da un codice orale a un codice scritto;
  • bilingue: doppia sottotitolazione in due lingue. È una forma che incontriamo particolarmente in paesi bilingui come il Belgio.

Quello che più ci interessa in questo articolo è la presentazione delle insidie legate alla sottotitolazione interlinguistica. I sottotitoli sono il risultato di una compresenza di più elementi diversi tra di loro ma complementari nella trasmissione di un unico messaggio allo spettatore. Abbiamo i dialoghi originali degli attori, gli elementi discorsivi presenti nelle immagini (lettere, cartelloni, insegne, ecc), gli elementi sonori (canzoni) o voci provenienti da altri canali di trasmissione contenuti nel formato audiovisivo (radio, televisione).

Detto ciò, quando si parla di processo traduttivo bisogna considerare queste componenti:

  1. la riduzione testuale, perché un lungo dialogo orale deve essere ridotto a un piccolo testo posizionato nella parte inferiore dello schermo;
  2. la variazione diamesica, che consiste nell’adattare il linguaggio del parlato a un linguaggio che si avvicini a una forma scritta consona anche se non rigida.

È molto probabile che questo complesso processo di formazione dei sottotitoli abbia in qualche modo attardato l’interesse per lo studio di questa materia, ma oggi è senz’altro possibile affermare che il messaggio audiovisivo trasmesso dai sottotitoli, nonostante sia caratterizzato da quattro elementi complessi (visivo, uditivo, verbale, non verbale), è una traduzione che implica un processo decisionale complesso, soggetto a specifiche regole e vincoli.

In primo luogo, il poco spazio che viene concesso ai sottotitoli impone un numero massimo di caratteri (nel cinema solitamente sono 40, anche se i sottotitoli arabi possono arrivare a 70 caratteri[2]). Tra gli altri meccanismi tecnici implicati nella formazione dei sottotitoli, ritroviamo anche la loro permanenza sullo schermo: cinque-sette secondi per i sottotitoli lunghi, un secondo e mezzo per i sottotitoli corti (solitamente di una sola parola)[3]. Il motivo di questa scelta riguarda i meccanismi cognitivi secondo cui il cervello umano ha bisogno di un preciso periodo temporale di lettura di un enunciato. Per quanto concerne invece, il numero di caratteri consigliato, lo scopo è quello di evitare che i sottotitoli occupino troppo spazio e contaminino le immagini dello schermo.

Le restrizioni spazio-temporali imposte dal canale della sottotitolazione influenzano le scelte linguistiche, rendendo il lavoro del sottitotolaggio particolarmente complesso. Il doppiatore, ad esempio, deve recuperare i testi di partenza e tradurli facendo attenzione solo alla sincronizzazione con il movimento labiale degli attori. Da un punto di vista linguistico, lo spettatore non potrà fare il confronto con i dialoghi originali, e pertanto il traduttore-doppiatore è meno esposto a critiche. Inoltre, un altro suo vantaggio è la trasposizione da codice orale a orale, che rende meno complicate le decisioni traduttive.

La sottotitolazione, ricordiamolo, è un codice scritto che è facilmente giudicabile da un punto di vista grammaticale, lessicale e stilistico. Inoltre, lo spettatore che conosce anche la lingua straniera di partenza, pur non possedendo le conoscenze in materia traduttiva, è capace di rilevare le eventuali discrepanze quando presenti. Davanti a questa situazione, il traduttore non potrà giustificare le proprie scelte traduttive attraverso eventuali note esplicative.

Con l’evoluzione prima della tecnologia e poi della digitalizzazione, il lavoro del sottotitolatore è diventato più veloce grazie al sistema di automatizzazione. Se prima al traduttore veniva fornita solo una lista di dialoghi su cui lavorare, oggi può intervenire direttamente sul prodotto audiovisivo grazie ai software facilmente scaricabili su pc. D’altra parte, accanto a questa rivoluzione le condizioni lavorative dei sottotitolatori non sono delle migliori. Infatti, dobbiamo sapere che l’agguerrita concorrenza tra gli studi professionali porta molti direttori a mettere sotto pressione i dipendenti con delle scadenze troppo rigide. Inoltre, anche gli stipendi non sono favorevoli, molto probabilmente perché i costi di un lavoro di sottotitolazione rispetto al doppiaggio sono di gran lunga inferiori e di conseguenza il prezzo sul mercato è basso.

Dobbiamo sapere anche che le persone che vengono impiegate in questo lavoro non sempre hanno una formazione specifica nella sottotitolazione di materiale audiovisivo. Per alcune aziende, è sufficiente la conoscenza di due lingue straniere come requisito di accesso alla professione.

Per tutte queste ragioni, il risultato finale è spesso quello di un lavoro che non rispecchia totalmente la qualità nella sottotitolazione (un campo di studi molto scarso a livello accademico, come ha spiegato Díaz Cintas nei suoi vari articoli sulla traduzione audiovisiva[4]).

“Sofia”.

Tecniche e strategie di sottotitolazione per i film marocchini

In un recente passato il sottotitolatore era una figura che lavorava in condizioni peggiori di quelle attuali. In alcune agenzie, la sottotitolazione veniva fatta sulla base di copioni già sottotitolati in altre lingue. Quindi la traduzione non veniva fatta dalla lingua di partenza, ma da un’altra lingua di arrivo. In questo modo, l’adattatore si ritrovava a non aver accesso al contesto in cui erano inseriti i dialoghi dei personaggi e quando non capiva certi passaggi, cercava di “inventare” dando un senso a ciò che scriveva.
In una normale e adeguata situazione, ci deve essere la presenza di un responsabile di spotting, il cui ruolo è quello di trascrivere i dialoghi e chiarire le particolari espressioni che si vengono a presentare (frasi ambigue, frasi fatte) e precisare il contesto.

Inoltre, il lavoro di sottotitolazione si programma sulla base di tre elementi che influenzano le scelte strategiche: il pubblico, la natura del medium, le norme traduttologiche in vigore.

Per il caso dei film marocchini, per esempio, è necessario partire dai seguenti elementi a nostra disposizione:

  • destinatari: pubblico francese, tedesco, belga, marocchino;
  • medium: materiale cinematografico sottotitolato;
  • lingua di partenza: marocchino e francese;
  • lingua di arrivo: francese e inglese.

Non ci resta ora che fissare le strategie di sottotitolazione da mettere in pratica sulla base di norme traduttologiche e delle informazioni a nostra disposizione.

Ma prima approfondiamo alcuni argomenti che riguardano i dati riportati sopra.

Per quanto riguarda la sottotitolazione di film marocchini[5], è il regista che si incarica di contrattare l’azienda privata che si occuperà del lavoro. Alcuni lungometraggi sono tradotti presso il Centre Cinématographique Marocain (CCM), altri presso studi privati a Casablanca e Rabat e altri ancora direttamente all’estero.

Da un punto di vista linguistico, pare che non vengano seguite le norme traduttive che un professionista della sottotitolazione dovrebbe aver assimilato nei suoi anni di formazione. Pertanto, ciò che conta è una traduzione che permetta la comprensione da parte dello spettatore.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, le direttive seguite dai traduttori sono quelle apprese all’interno delle aziende per cui lavorano e che presentano dei tratti distintivi rispetto a quelle applicate in altri paesi e di cui abbiamo parlato fino ad ora.

 

Sottotitoli standard Sottotitoli in Marocco
Possono arrivare a un massimo di due righe. Possono arrivare a un massimo di due righe.
Nei sottotitoli di due righe, quella superiore deve essere più corta di quella inferiore. Nei sottotitoli di due righe, quella superiore deve essere più lunga di quella inferiore.
Il sottotitolo di un lungometraggio non supera i 40 caratteri. Il sottotitolo di un lungometraggio non supera i 45 caratteri.
Il tempo di permanenza dei sottotitoli è di 5-7 secondi quando lunghi e un secondo e mezzo quando corti. In generale, non ci sono limiti di tempo di permanenza dei sottotitoli. Più rimango sullo schermo e meglio è.

Detto ciò, c’è da considerare che il pubblico dovrebbe essere abituato a un’unica corretta impostazione poiché, come afferma Cornu, il buon sottotitolo è quello che lo spettatore non percepisce[6].

Nonostante la lingua officiale dei paesi arabi come il Marocco sia l’arabo classico, in realtà ogni Stato parla il proprio dialetto (darija). Questa situazione si riflette nei film dove nelle storie raccontate gli attori comunicano tra di loro in darija. La lingua araba viene utilizzata nello scritto o in situazioni formali particolari (telegiornale, comunicato stampa, ecc.).

Accanto al dialetto marocchino, c’è una forte influenza della lingua francese, lasciata dal periodo del protettorato, soprattutto nel mondo degli affari. E per ultimo lo spagnolo nelle città del nord del Marocco, utilizzato dalla popolazione meno colta. Il governo, inoltre, riconosce ufficialmente accanto all’arabo un’altra lingua di origine berbera: amazigh.

La difficoltà che si incontra nella traduzione audiovisiva di film marocchini è il carattere multilingue della società, che si riflette nella compresenza di più lingue in uno stesso e unico lungometraggio.

Davanti a una situazione di questo tipo i traduttori adottano diverse strategie:

  • evitare la traduzione dei dialoghi in seconda o terza lingua che non hanno una funziona narrativa importante o che semplicemente non hanno bisogno di essere esplicitate perché lo spettatore comprende gli avvenimenti grazie al contesto;
  • tradurre tutti i dialoghi conservando così la pluralità di lingue di un film[7].

La sottotitolazione di film marocchini necessita dunque la conoscenza di più lingue che accompagnano i testi in darija. Ciò significa che difficilmente un traduttore che non sia di origine marocchina possa svolgere questo lavoro.
Questa conclusione è rafforzata dal fatto che, messe da parte le altre lingue secondarie, il dialetto marocchino è un idioma che si impara parlandolo fin da piccoli. Inoltre, presenta alcune lievi variazioni diatopiche che solo chi ha vissuto in Marocco può conoscere bene.
In altre parole, non lo si impara a scuola ma viene tramandato di generazione in generazione prima dai genitori e poi dalla società.

La darija n’a jamais bénéficié d’un statut clair et précis dans les textes officiels, et, même dans la dernière Constitution, l’on réfère aux «parlers et aux expressions culturelles pratiquées» sur le territoire marocain.[8]

Non esiste un libro di grammatica, e purtroppo lo studio dell’arabo standard non aiuta a comprenderlo anche se viene utilizzato per scrivere in darija. Detto ciò, il metodo utilizzato dal traduttore per la sottotitolazione di film marocchini è una prima trascrizione dei dialoghi in darija mediante l’uso dell’arabo standard.

La sottotitolazione dei film marocchini, quindi, si dimostra essere un lavoro complesso condizionato da molte variabili che ne influenzano le decisioni linguistiche. In questa sede, per venire incontro a questa complessità proponiamo le strategie per la creazione di sottotitoli individuate da Gottlieb[9].

  • Expansion: come suggerisce il termine “espansione”, è una soluzione che prevede l’aggiunta di informazioni non presenti nel testo di partenza per rendere più chiaro il significato allo spettatore nel testo di arrivo. Sono solitamente gli elementi culturali che possono provocare fraintendimenti, soprattutto quando le due lingue e culture implicate sono lontane. Nel caso del marocchino e il francese in contatto, può essere molto utile utilizzare questa strategia quando i limiti spazio-temporali lo rendono possibile. Se attraverso le immagini si comprende il contesto, non sarà necessario l’uso dell’espansione.
  • Paraphrase: la parafrasi si rivela necessaria quando bisogna riformulare il messaggio andando a cercare l’espressione che trasmette la stessa informazione di partenza nella lingua di arrivo.
  • Transfer: è la trasposizione completa di tutti gli elementi pronunciati nel dialogo, parola per parola. Ovviamente questa soluzione è applicabile quando possibile.
  • Imitation: l’imitazione è l’utilizzo di una stessa parola o espressione presente nel testo di partenza e riportato nel testo di arrivo. Si pensi, ad esempio, ad alcune parole arabe che possono essere mantenute tali in un testo francese o inglese: Ramadan, Yalla ecc.
  • Transcription: è la trascrizione di elementi anomali presenti nel dialogo di partenza e che non coincidono con gli standard della lingua. Il traduttore deve essere in grado di riproporre la stessa funziona nel testo di arrivo.
  • Dislocation: slittamento o spostamento è una tecnica che prevede l’utilizzo di espressioni diverse nei sottotitoli per ottenere lo stesso effetto.
  • Condensation: la condensazione è una riproposizione più sintetica e concisa del testo di partenza. Perciò viene tagliata una parte dell’originale mantenendo lo stesso contenuto.
  • Decimation: è la riduzione di ciò che viene detto nei dialoghi sia nella forma sia nel contenuto. Il problema non si pone nel momento in cui le informazioni eliminate non hanno una grande rilevanza. Quando sono invece importanti si consiglia di recuperarle in altri sottotitoli quando possibile. La decimation viene applicata quando gli attori parlano troppo velocemente mettendo in difficoltà la riproduzione dei sottotitoli. Questo punto non è da sottovalutare nel nostro caso poiché in linea generale i marocchini comunicano rapidamente tra di loro.
  • Deletion: è la cancellazione di intere frasi che non hanno una funzione importante nella comprensione dei messaggi. Questa strategia è simile a quella precedente, con l’unica differenza che nella decimation la riduzione dei contenuti è inferiore.
  • Resignation: detta anche rinuncia del traduttore che di fronte a delle situazioni impossibili da tradurre, utilizza delle espressioni totalmente diverse che non recuperano il significato originale. Oppure, omette totalmente il messaggio perché non trova un’altra soluzione. Questa non è una vera e propria strategia traduttiva ed è molto rara tra i traduttori.

Altri ricercatori hanno fatto delle proposte per la sottotitolazione di materiale audiovisivo, ma questo ci è sembrato quello più completo e adeguato al nostro obiettivo.
Insieme alle strategie presentate, ci sono degli ulteriori accorgimenti a cui deve far attenzione il traduttore cinematografico. Innanzitutto, come suggerito da Diaz Cintas[10], il traduttore non deve spiegare in modo esplicito ciò che è già spiegato nelle immagini. L’immagine, ricordiamolo, è un elemento che fa parte del prodotto audiovisivo implicato nell’operazione di traduzione.
In presenza di un unico sottotitolo presentato su due righe, il traduttore deve evitare di separare l’articolo dal suo sostantivo e il verbo ausiliare dal suo participio.

Per quanto riguarda la traduzione dello humor, si valuterà se la migliore soluzione è mantenere la traduzione fedele al testo di partenza o se riadattarla completamente alla lingua di arrivo. Ad ogni modo, l’obiettivo deve essere quello di soddisfare l’esperienza dello spettatore (farlo ridere, in questo caso).
Un sottotitolo deve apparire insieme al suo parlante e scomparire quando cambia il piano sullo schermo e il personaggio ha smesso di parlare.
I dialoghi su due righe devono essere preceduti dal seguente segno “-” e le canzoni devono essere sottotitolate come anche le voci provenienti da televisione o radio.

“La Guérisseuse”

Analisi di un corpus di film marocchini sottotitolati in francese e inglese

Proviamo ad applicare le strategie citate a un corpus di film marocchini sottotitolati in francese e inglese. Gli esempi scelti per questo studio sono tre lungometraggi marocchini di recente produzione: Sofia (2018), Pluie de sueur (2017), La Guérisseuse (2018).

La scelta di questi film è motivata dal successo avuto soprattutto all’estero. Sofia è un film di Meryem Benm’Barek che ha ottenuto il prestigioso premio per la migliore sceneggiatura nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes. La storia racconta la vicenda di una giovane ragazza di nome Sofia che con l’aiuto della cugina Lena si ritrova a dover partorire in ospedale senza aver mai saputo di essere incinta. Sofia ha una bambina in una società marocchina dove non sono permesse le relazioni extraconiugali e la famiglia per riparare al “danno” commesso, nasconderà il neonato e organizzerà il matrimonio tra Sofia e Omar, che si rivelerà non essere il vero padre.

Il secondo lungometraggio, Pluie de sueur, è un altro capolavoro del cinema realizzato da Hakim Belabbes che racconta la storia tragica di M’barek, un umile agricoltore di campagna la cui più grande preoccupazione è la siccità che colpisce in modo pesante la terra dalla quale vivono lui e la sua famiglia. Il protagonista rischia di perdere la terra che possiede se non pagherà i debiti alla banca. Deciderà di sacrificare la sua vita pur di non perdere questa lunga e triste battaglia.

Il terzo film, La Guérisseuse, di Mohamed Zineddaine è la storia di Mbarka, una guaritrice di un quartiere molto povero che con l’aiuto del figlio Abdou prepara delle cure naturali per guarire i “pazienti” che le fanno visita. Un giorno Ch’Aayba, un giovane cinico di circa trent’anni, venditore ambulante di pesce con il vizio e la passione per il borseggio, si fa convincere da Abdou ad andare a trovare Mbarka, per guarirsi dall’eczema che lo tormenta. Da quel momento, il destino legherà per sempre le sorti dei tre personaggi.

Ciò che accomuna i tre film è la tematica legata ai problemi che possono esistere in una società come quella marocchina. Infatti, i giovani registi di oggi mettono sempre più in evidenza ciò che per loro va cambiato, i clichés della società, e portano all’estero (in Francia, in Belgio) i loro film perché sanno che qui troveranno un pubblico favorevole alla loro scelta tematica.

In uno di questi film, come vedremo, è presente il multilinguismo di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente che farà comprendere i contesti precisi in cui emerge. Negli altri due film, invece, si parla un marocchino di campagna e un marocchino in certe situazioni di basso livello.

Il darija è una lingua molto lontana dal francese e dall’inglese, per questo diventa interessante osservare le decisioni strategiche adottate dal sottotitolatore di questi film.

Esempio di strategia di Expansion

Testo originale Sottotitolo
عطيني لا كارط ديال راجلك Then give me your husband’s card.

In questo esempio, la parola “then” viene aggiunta al sottotitolo quando invece nel testo originale non è stata menzionata. Innanzitutto, per meglio comprendere la decisione del traduttore dobbiamo contestualizzare la frase. Siamo nel film Sofia: la protagonista che si dirige in ospedale con la cugina Lena perché deve partorire. I due personaggi si ritrovano a dover comunicare con la segretaria che riceve i pazienti, la quale fa delle precise richieste: il documento di identità di Sofia o il suo numero. Nel momento in cui le due ragazze spiegano di non aver portato nulla, la donna chiede il documento del marito. Detto ciò, il sottotitolo presentato è la terza richiesta fatta per poter essere accolti in ospedale e “then” è usato per rafforzare la frase e darle il senso di “allora”, “poiché”. Lo scopo è di sottolineare l’importanza di dimostrare di essere sposati per poter partorire un figlio. Quindi “then” marca l’insistenza della donna che non vuole avere problemi in ospedale.

Testo originale Sottotitolo
ولدي؟ غير نتا خرجتي خرج و خرج لبهايم Et comment ! Il fait sortir les moutons juste après que tu sois sorti.

In questo sottotitolo in francese abbiamo un altro esempio di espansione, ma che consideriamo non necessaria. La frase è ritrovabile nel film Pluie de Sueur in una scena mattutina in cui M’barek chiede alla moglie se il figlio dorme ancora. “Et comment !” è un’espressione usata per sottolineare che il figlio è uscito molto presto. Potrebbe sicuramente funzionare, se nella frase dopo non fosse detto in maniera esplicita che è uscito subito dopo il padre. Pertanto, possiamo giungere alla conclusione che alla strategia di espansione si deve ricorrere solo quando è necessario. Un altro elemento da evidenziare, sempre nello stesso esempio, è il numero di caratteri, che supera i 40. L’omissione di “Et comment !” è rafforzata dal limite di spazio imposto.

Esempio di strategia di Paraphrase

Testo originale Sottotitolo
عندي شلا ما يدار I have a busy day.

Questa frase عندي شلا ما يدار ha il significato di “ho molte cose da fare” ed è stato parafrasato in inglese I have a busy day. La traduzione funziona molto bene perché il concetto spiega alla perfezione il significato del testo originale. Anzi, possiamo addirittura considerare questa soluzione migliore di quello che sarebbe stato traducendo letteralmente la frase con I have many things to do.

Esempio di strategia di Transfer

Testo originale Sottotitolo
Tes dernières règles c’étaient quand ? When was your last period?

Con questa frase dal francese all’inglese vogliamo sottolineare un perfetto trasferimento e il multilinguismo di cui abbiamo già parlato in precedenza. Questa frase è stata utilizzata nel film Sofia dalla cugina Lena, una ragazza che appartiene a una classe sociale più elevata. Dobbiamo sapere che in Marocco i benestanti usano molto il francese anche in contesti di quotidianità.

Esempio di strategia di Imitation

Testo originale Sottotitolo
صوفيا لبسي جلابتك Sofia, put on your djellaba.

In questa situazione, il termine arabo djellaba (una tunica tradizionale marocchina) è stato mantenuto perché si tratta di un indumento molto conosciuto nei paesi europei poiché le donne anziane marocchine lo utilizzano sempre per uscire. Inoltre, questo termine è contenuto nei dizionari Larousse, Collins e Oxford.

Ad ogni modo, anche nel caso in cui il termine non fosse conosciuto da alcuni spettatori, nelle scene che seguono la djellaba verrà indossata dalla protagonista.

Altri esempi
In molti contesti ci sono delle vere e proprie omissioni di intere frasi (deletion) che a volte sono rese correttamente, ad esempio nel film Sofia:

00:11:53        يالا تنفسي  (Respira!)

Questa frase è stata omessa nei sottotitoli perché è stata ripetuta varie volte in precedenza, quindi la scelta del traduttore è giustificata.

In altre situazioni, invece, era necessaria la presenza dei sottotitoli: le canzoni in arabo, il canto delle Negafat al matrimonio, una conversazione telefonica, la voce trasmessa in radio, l’imam che chiama alla preghiera.

Per quanto riguarda la traduzione di parolacce dei testi di partenza, possiamo osservare come nel seguente esempio il traduttore ha deciso di non optare per la neutralizzazione:

Testo originale Sottotitolo
Ce type?

Ce type est un putain de voleur.

The guy?

He’s a fucking rapist.

Mantenere la parola fucking in questo caso ha la funziona di sottolineare la profonda rabbia che prova il personaggio che la pronuncia.
Tuttavia, in un altro contesto come quello che presenteremo ora, notiamo che nonostante nel testo di partenza siano assenti turpiloqui, nel testo di arrivo se ne fa uso.

Testo originale Sottotitolo
دبري لراسك I don’t give a shit.

L’espressione دبري لراسك ha il significato di “affari tuoi”, diremmo in italiano, e pertanto poteva essere tradotta semplicemente con It’s your business oppure I don’t care.
È interessante poi osservare il comportamento del traduttore davanti a una scena in cui un ragazzo disabile recita il Corano in maniera poco comprensibile.

Au nom de Dieu

le miséri… le miséri…

Questo stesso sottotitolo è stato ripetuto più volte anche quando il ragazzo utilizzava altre parole del Corano. Probabilmente, questa scelta è dovuta al fatto che non fosse importante riportare esattamente tutte le parole da una parte e dall’altra di non trascrivere esattamente ciò che dice l’attore, per le parole sacre che compongono il Corano e che non vanno storpiate in nessuna situazione.

Un ultimo esempio che abbiamo deciso di proporre e che abbiamo notato essere presente in molti passaggi del terzo film studiato La Guérisseuse è il seguente.

Testo originale Sottotitolo
ماتحكش هادي تفقصو Ne gratte pas, ce n’est pas bien.

Il significato più vicino a questa parola marocchina هادي تفقصو è “peggiorare”, mentre il traduttore ha semplificato la frase utilizzando ce n’est pas bien. Con questa decisione traduttiva non ci allontaniamo dall’idea generica che l’attore non si deve grattare per non peggiorare la situazione. Tuttavia, non possiamo neanche negare che ciò che viene detto nel testo di partenza non è quello del testo di arrivo soprattutto quando ci sono soluzioni migliori: Ne gratte pas, ça empire.

Da un punto di vista tecnico abbiamo potuto constatare che il numero di caratteri in varie occasioni supera i 40 e la permanenza sullo schermo non segue nessun parametro. I sottotitoli arrivano a un massimo di due righe dove quella superiore è nella maggior parte dei casi più lunga di quella inferiore.

La punteggiatura è ben rispettata e in presenza di dialoghi viene utilizzato il trattino “-”.

Testo originale Sottotitolo
 ولاد الكلاب –

– مالهوم?

– Bande de chiens.
– Qu’est ce qu’il y a?

Discussione e riflessioni

La sottotitolazione sia nella teoria che nella pratica si rivela essere una professione abbastanza complessa per gli elementi che la caratterizzano e per le variabili che è costretta a tenere in considerazione.

Attraverso la letteratura abbiamo potuto constatare l’esistenza di norme e di testi scritti e riconosciuti a livello europeo che hanno lo scopo di indirizzare il traduttore verso le scelte più opportune. Tuttavia, queste regole non sono sempre applicate in tutte le questioni legate a questo settore, perché non esistono imposizioni.

Si spera che in futuro, con l’assunzione di sole persone specializzate in questo campo, si possa giungere alla presentazione di un unico prodotto omogeneo che abbia gli stessi caratteri per tutti. I corsi di laurea in università e le associazioni che lavorano per salvaguardare la qualità dei sottotitoli sono un buon punto di partenza che ci fanno essere ottimisti di fronte alla questione della sottotitolazione.

Siamo soddisfatti della presenza di associazioni in questo settore in Italia, Francia, Spagna, Germania e altri paesi europei. Senza dimenticare il ruolo importante dell’ESIST, l’associazione europea che promuove la cooperazione a favore della traduzione audiovisiva e che ha approvato un codice che contiene una lista di elementi da seguire per una corretta formazione dei sottotitoli.

Nel nostro lavoro abbiamo osato andare al di là delle frontiere europee per osservare il comportamento di un altro paese lontano linguisticamente e culturalmente ma vicino geograficamente, il Marocco.

L’oggetto di studio, un corpus di film marocchini sottotitolati in francese e inglese, si è dimostrato essere interessante. Dal punto di vista linguistico, la traduzione si rivela essere adeguata e quindi non c’è stata la presenza di errori di grammatica, di lessico o sintassi. Il motivo nasce molto probabilmente dal fatto che alcuni siano stati sottotitolati da professionisti madrelingua (ad esempio, il film Sofia è stato tradotto in inglese da Julie Meyer[11]). Abbiamo potuto riportare alcuni esempi legati alle strategie di Gottlieb (da noi scelte perché considerate le più complete) che ci hanno fatto giungere alla conclusione che esse possono funzionare molto bene anche quando due lingue sono lontane linguisticamente e culturalmente. Ovviamente, non possiamo affermare che le decisioni traduttive in questi film siano basate sulle strategie presentate. D’altronde, Gottlieb ha “creato” una lista basandosi sui propri studi sulla traduzione e la linguistica ed eventualmente su dati empirici.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, nonostante l’implicazione di aziende europee[12] è stato rilevato che non si segue un’unica regola e non vengono sempre rispettati i parametri presentati nella letteratura.

È interessante osservare che in questo particolare lavoro vediamo implicati sottotitolatori stranieri e il marocchino come lingua di partenza (un idioma che non si impara sui libri di scuola). Possiamo osare affermare due probabili soluzioni:
– la collaborazione di una figura madrelingua accanto al sottotitolatore;
– una sottotitolazione finale basata su un copione tradotto dal darija al francese[13].

Quello che oggi viene presentato allo spettatore è sicuramente un buon prodotto, ma non si può parlare di qualità perché gli studi su questo argomento sono ancora scarsi. Ad ogni modo, anche in paesi come il Marocco dove si potrebbe pensare di trovare molte lacune, in realtà non si scoprono enormi problematiche (grazie ovviamente all’intervento delle aziende straniere più preparate).
La sottotitolazione in ambito cinematografico rimane una professione che può migliorare, soprattutto se i ricercatori approfondiscono i loro studi in questo campo.

Siamo consapevoli che non tutte le sottotitolazioni possono essere uguali, come sono diverse le traduzioni di libri ad esempio. Ci sono dei limiti quando si vuole criticare la traduzione di qualcuno, in particolar modo quando quest’ultimo riesce a giustificare in maniera eccezionale le proprie decisioni. Tuttavia, se ai sottotitolatori fosse imposto un unico modello e una formazione univoca, il risultato finale potrebbe sicuramente essere molto più soddisfacente a livello globale.

Conclusioni

Sulla scia delle riflessioni presentate nel punto precedente dedicato alla discussione possiamo concludere il nostro lavoro con dei suggerimenti operativi:

  • Le condizioni di lavoro dei sottotitolatori vanno migliorate introducendo le figure che possono sostenerlo in questo complesso lavoro, ovvero il responsabile dello spotting che ha l’importante ruolo di riscrivere i testi originali e di spiegare i passaggi che possono provocare fraintendimenti. Un’altra figura da considerare è la presenza di un revisore pronto a correggere gli eventuali errori. Inoltre, bisogna riconoscere l’importanza della qualità della traduzione e non solo degli aspetti tecnici. Pertanto, i direttori delle aziende private non dovrebbero imporre delle scadenze difficili da rispettare.
  • A livello accademico dovrebbero essere proposti degli incentivi volti a motivare l’approfondimento degli studi in questo campo, in particolar modo sulla qualità della sottotitolazione.
  • Lo spettatore dovrebbe ricevere uno stesso prodotto audiovisivo tradotto con le stesse caratteristiche tecniche. Ci rendiamo conto che una traduzione non potrà mai essere uguale per tutti, anche se il modello di Gottlieb è un buon punto di partenza a cui affidarsi. Gli aspetti tecnici, però, possono essere applicati a qualsiasi contesto filmico.
  • I film marocchini, in particolare quelli esportati all’estero, dovrebbero impegnarsi a offrire una sottotitolazione omogenea, che non cambia caratteristiche da azienda a azienda. E non stiamo parlando solo degli aspetti tecnici ma anche di quelli linguistici-traduttologici. Inoltre, il lavoro di trasposizione dal marocchino a un’altra lingua per la creazione di sottotitoli dovrebbe essere meno ambiguo e più chiaro.

NOTE

[1] Elisa Perego, La traduzione audiovisiva, Carocci, Roma 2005, p. 7.

[2] Tatiana El-Khoury, Le sous-titrage dans le monde arabe: contraintes et créativité, in Traduction et médias audiovisuels, a cura di A. Serban, J.M. Lavaur, Presse Universitaire du Septentrion, Villeneuve d’Ascq 2011.

[3] Mariacristina Petillo, La traduzione audiovisiva nel terzo millennio, FrancoAngeli, Milano 2012, p. 115-116.

[4] Si veda almeno J. Diaz Cintas, La questione della qualità nel sottotitolaggio in Subtitling and Intercultural Communication. European Languages and Beyond, a cura di Beatrice Garzelli, Michela Baldo, ETS, Pisa 2014, pp. 290-312.

[5] La letteratura in questo campo purtroppo è molto scarsa. Ci baseremo sulle informazioni raccolte attraverso le interviste di Ouassima Bakkali Hassani nel suo lavoro di dottorato: La traducción Audiovisual en Marruecos: estudio descriptivo y análisis traductológico.

[6] Jean-François Cornu, Le sous-titrage, montage du texte, in Les transferts linguistiques dans les médias audiovisuels, a cura di Y. Gambier, Presses Universitaires du Septentrion, Paris 1996, pp. 163-164.

[7] Jorge Diaz Cintas, Multilingüismo, Traducción Audiovisual y Estereotipos: el caso de Vicky Cristina Barcelona, «Prosopopeya», n°9, pp. 135-161, alle pp. 144-145.

[8] Jan Jaap de Ruiter, Karima Ziamari, Les langues au maroc: réalités, changements et évolutions linguistiques, in B. Dupret, Z. Rhani, A. Boutaleb, J.-N. Ferrié, Le Maroc au présent: d’une époque á l’autre, une société en mutation, Centre Jacques-Berque, Rabat 2016, pp. 441-462.

[9] Henrik Gottlieb, Subtitling: Diagonal Translation, «Perspectives: studies in translatology», 2, 1, 1992, pp. 101-121, a pp. 166-168.

[10] Jorge Diaz Cintas, La Traducción Audiovisual: el Subtitulado, Ediciones Almar, Salamanca 2001, p. 30.

[11] Bisognerebbe investigare per scoprire se la traduzione è stata fatta dai sottotitoli in francese del film o dal marocchino.

[12] Per il film di Sofia abbiamo l’azienda Titrafilm che si è occupata della sottotitolazione in inglese. Della sottotitolazione in francese di La Guérisseuse è la Asa audiovisivi di Bologna ad avere avuto l’incarico.

[13] Nella tesi di dottorato La traducción Audiovisual en Marruecos: estudio descriptivo y análisis traductológico di Ouassima Bakkali Hassani ritroviamo alcune interviste in cui viene affermato che in molti casi sono i registi stessi che traducono il testo dal marocchino al francese.

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Laila Mounir

professoressa di linguistica e di metodi e strategie di traduzione al dipartimento di Studi italiani della facoltà di Lettere dell’Università Mohammed V di Rabat, è autrice tra l’altro del volume «La traduzione dall’arabo all’italiano di “mawlidu ’arruuḥi” di Zhor Gourram», Testo a Fronte, Rabat 2020.

Sara El Jemli

traduttrice, dopo essersi laureata in lingue e culture per la comunicazione e la cooperazione internazionale all’Università di Milano ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Lingua e letteratura italiana all’Università Mohammed V di Rabat.

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