LAB-THEATRE

Tempo di lettura stimato: 6 minuti
Buone pratiche per l’apprendimento delle lingue degli studenti con Bisogni Educativi Speciali in un liceo artistico milanese.

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Il laboratorio di teatro nel Liceo Artistico, in particolare in quarta, risulta un valido rafforzamento della studio della letteratura attraverso lo studio della dizione legato alla drammatizzazione del testo teatrale. La drammatizzazione si dimostra particolarmente efficace in quanto allarga l’orizzonte di interesse dei ragazzi, li coinvolge nelle due dimensioni personale e comunitaria mediante il fenomeno dell’immedesimazione, e permette lo sviluppo della connessione tra parola e fatto/gesto fisico, attraverso l’intonazione, la prossemica e l’espressività. A questo proposito appare illuminante a riguardo il giudizio autorevole di un italianista, Ezio Raimondi, il quale, in Ermeneutica e commento. Teoria e pratica dell’interpretazione del testo letterario (Sansoni, 1990), sostiene che:

“O una classe è una comunità, o l’operazione educativa ha un senso estremamente limitato e non usa la possibilità che si tratti di una comunità che fa il lavoro insieme. Per un verso è vero che il discorso letterario singolarizza sul piano degli individui, ma è anche vero che la classe è una comunità umana. La lezione si fa davanti a dei volti, è un rapporto faccia a faccia, ma non è un rapporto comune, è un rapporto con un gruppo, e il problema non è soltanto che sia l’insegnante ad avere il gruppo, ma anche che i ragazzi devono sentire quelli che hanno accanto. La cosa diventa più chiara se si pensa all’educazione teatrale come parte dell’educazione letteraria, perché, quando si legge in classe, la collaborazione può avvenire in certi modi, ma se si legge un testo teatrale ci vuole un gruppo, e si possono creare vari gruppi, che hanno diversi esiti su quello che è il testo teatrale.
[…] La parola drammatica è qualcosa di completamente diverso dalla parola letteraria.[…] Sono due entità profondamente diverse: la parola teatrale deve essere pronunciata nello spazio e in un sistema di forze, sfruttando lo spazio come il luogo di una battaglia, al punto che grandi attori e registi ,dovendo interpretare certi testi, per esempio di Racine, distribuivano lo spazio attraverso tante zone che appartenevano ai personaggi.[…] La parola drammatica usa di questo spazio, o regge in scena, o la si mette in prova, oppure non si capisce se drammatica non è, finché non la si sente pronunciandola; la parola teatrale è una specie di proiettile che va in aria, la parola letteraria non è così, benché possa anche avere drammaticità.[…] Il testo teatrale vuole una piccola comunità: tutti debbono leggere insieme. Gli attori dicono che il grande attore conosce tutte le altre parti oltre la propria. Il testo teatrale consente un’operazione in comune, anche senza essere attori, un esame insieme del perché certe parole si dicono in un modo piuttosto che in un altro, in maniera forte o debole. Perché va detta forte? Qual è la forza? Il testo teatrale permette un’analisi morale e drammatica, ha anche una forza giudiziaria, consentendo di lavorare insieme, di suggerire.[…]. In un testo teatrale si dovrebbero mettere le persone su spazi diversi, in modo che quella certa classe diventi, in quel dato momento, uno spazio percorso dai “proiettili”. A questo punto la persona si accorge anche della propria voce, comincia ad avere delle conoscenze su di sé che prima non aveva, ad esempio il proprio corpo, il proprio respiro[…]. Il lettore teatrale ridà il gesto, falsa in un certo senso il testo, ne fa sentire certi elementi, che però nel testo erano stati trattati in un altro modo. Questo non ha bisogno di grandi teorizzazioni storiche, basta metterci davanti e incominciare a vedere, cominciare a vedere […] La classe da questo punto di vista è un  laboratorio, non è solo un contenitore, deve creare un’atmosfera e sfruttare l’atmosfera, perché altrimenti non è un’esplorazione in comune, questa partenza che si muove e fa certe cose. Ecco allora che la lettura teatrale può diventare importante, e sulla lettura teatrale è più facile interrogare i ragazzi, perché si agisce come il regista, distribuendo i ruoli, spiegando la situazione, il testo, la messa in scena. Si usa la capacità dell’attore per arrivare ad altro”.

Il corso di iniziazione espressiva si sviluppa all’interno di un laboratorio integrato con la presenza di una studentessa DSA e una studentessa con disabilità sensoriale uditiva, supportata da ausili didattici adeguati, materiale sottotitolato e dall’assistente alla comunicazione esperta in LIS. Il lavoro si prefigge di stimolare nei giovani allievi un interesse al teatro, alle arti visive e alla comunicazione in generale. Gli incontri si caratterizzano per gli stimoli artistici che hanno l’intenzione di concorrere a una riflessione personale e intima come quella della ricerca interiore.
Gli allievi si dimostrano fortemente interessati, intervengono con domande, relazioni scritte e manifestando attenzione e curiosità. Lavorano a coppie, singolarmente e in gruppo, a volte coadiuvati dalle loro insegnanti. Le attività constano in:
– prove della rappresentazione in collaborazione e con il supporto dell’esperto di teatro che si occupa  della preparazione e della regia teatrale;
– valutazione e autovalutazione che tengono conto della capacità di memorizzazione, di correttezza e scorrevolezza del linguaggio, di immedesimazione e di espressività;
– drammatizzazione.
I contenuti delle esercitazioni sono la visione del film The Mahabharata, sottotitolato, e monologhi e dialoghi di opere di Shakespeare, con focus in particolare su:
– il personaggio shakespeariano;
– il sottotesto e il ritmo narrativo;
– dal monologo all’allestimento corale.
I testi, ridotti e semplificati, sono adattati anche in base alle singole capacità di ogni componente della classe. La gradualità di difficoltà è individuata attraverso esercitazioni di memorizzazione, tenuto conto dell’inserimento nella classe di una studentessa con disabilità sensoriale uditiva.
Una parte del lavoro di regia è volta a individuare delle modalità per consentire l’integrazione, nella messa in scena, della studentessa  diversamente abile inserita nella classe, sia con un lavoro individuale che con l’inserimento nelle scene corali, nell’ottica di una valorizzazione della diversità/ricchezza espressa.
Gli obiettivi del progetto sono:
– allargare l’orizzonte di interesse dei ragazzi;
– coinvolgerli nelle due dimensioni personale e comunitaria mediante il fenomeno dell’immedesimazione;
– permettere lo sviluppo della connessione tra parola e fatto/gesto fisico attraverso l’intonazione, la prossemica e l’espressività e l’uso della LIS;
– potenziare l’uso della seconda lingua (inglese) attraverso una modalità alternativa a quella più tradizionalmente usata (lezione frontale).
Il laboratorio di regia teatrale prevede anche un’integrazione di attività laboratoriali atte a intersecare diversi ambiti tematici, evidenziando così una connotazione interdisciplinare tra le aree didattiche e gli indirizzi della scuola, per contribuire a progettare e realizzare costumi di scena; progettare e realizzare oggetti di scena; progettare e realizzare l’impianto scenografico; progettare e realizzare materiale pubblicitario (locandina dello spettacolo, gli inviti, ecc.).
Se non è possibile avviare questi laboratori collaterali, ci si affida alle capacità auto-organizzative degli studenti della classe con il supporto e la supervisione delle docenti e dell’esperto coinvolti nel progetto. Il risultato è solitamente apprezzabile, in quanto i ragazzi si adoperano con grande coinvolgimento e impegno affinché la scena, seppur essenziale e con l’utilizzo di materiali riciclati, risulti comunque creativa e originale.
Un’esperienza sicuramente valida, e da ripetere.

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