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La seconda prova allo scientifico: nuove tracce, vecchi silenzi

Tempo di lettura stimato: 4 minuti
Nella seconda prova si citano Platone, Cartesio, Cicerone, Boccioni, Hilbert, ma ci si dimentica dell’esistenza delle donne nella comunità scientifica, artistica e letteraria.

Anche quest’anno gli studenti e le studentesse del quinto anno dei licei scientifici di tutta Italia si sono trovati a sostenere una seconda prova che, sicuramente per alcuni, è stata ricca di sorprese. Se ricevere una sorpresa è spesso un fatto gradito, fronteggiare l’inaspettato non sarà piaciuto a chi ha dovuto svolgere per la prima volta (e si spera l’ultima) il compito di matematica più temuto dai teenagers. Come è facile ricordare, non sempre durante gli anni turbolenti dell’adolescenza si dedica il tempo adeguato allo studio: le sudate carte sono tali solo per alcuni. Tuttavia, quella parte della comunità studentesca che si è dedicata con costanza alla matematica durante il quinquennio avrà avuto ben poco di cui stupirsi durante la seconda prova, ma comunque molto su cui riflettere.

Sebbene la struttura del compito sia rimasta invariata (due problemi e otto quesiti), l’ampio spettro degli argomenti proposti fa riemergere i soliti dilemmi: quale problema affrontare? Quali quesiti conviene scegliere? La consegna è chiara: «Il candidato risolva uno dei due problemi e risponda a quattro quesiti del questionario». E se il tempo non è una vera preoccupazione — la prova ha infatti una durata massima di sei ore — l’ansia può comunque giocare brutti scherzi. Capire dove investire al meglio le proprie risorse intellettuali è quindi il primo passo per affrontare con efficacia la seconda prova.

Da dove iniziare dunque? Ci sarà chi ha cominciato dai quesiti, all’apparenza più semplici e brevi. Le tracce hanno affrontato temi standard, sempreverdi della seconda prova di “maturità”: geometria euclidea e solida, probabilità classica, continuità, derivabilità e modellizzazione. Alcuni quesiti, come quello sulla funzione definita a tratti, ispirata alla scultura futurista di Boccioni, o sul “colpo di Venere” citato da Cicerone, hanno tentato di inserire la matematica in un contesto culturale più ampio, facendo ricordare che la disciplina non è chiusa in un’aula ma vive nei linguaggi, nell’arte, nella storia e, soprattutto, nelle persone. Chi invece ha cominciato dai problemi, più lunghi e articolati, ha subito affrontato quella parte dell’esame dove la minima distrazione o perdita del filo del ragionamento può costar cara. Il primo problema, partendo da una semplice funzione parametrica e da una circonferenza, chiedeva di individuare alcune condizioni particolari, per poi culminare nello studio di una funzione razionale. Alla fine, era presente una parte relativa all’ottimizzazione e non poteva certo mancare il calcolo di un integrale richiesto per lo studio dell’area sottesa dalla funzione utilizzata in precedenza. Il secondo problema introduce funzioni ottenute dal prodotto di polinomi ed esponenziali decrescenti: finito e infinito, come suggerisce la citazione platonica in apertura, anche se più propriamente bisognerebbe parlare di infinitesimo e infinito. Competenza fondamentale per la sua risoluzione è il saper leggere grafici traendone le informazioni necessarie alla determinazione delle espressioni dei polinomi presenti nella traccia.

Infine, i riferimenti a Platone, Cartesio, Cicerone, Boccioni e Hilbert vorrebbero essere più di una semplice citazione colta: un invito a considerare la matematica come parte integrante dell’esperienza quotidiana, capace di unire umanesimo e scienza, cultura e tecnica, passato e futuro. Questo dialogo interdisciplinare è cruciale in un’epoca in cui affrontare i problemi del mondo reale richiede una visione ampia e un pensiero sistemico, per favorire la comunicazione tra le diverse aree della conoscenza che la nostra specie ha saputo sviluppare nel corso dei millenni.

Peccato, però, che il coro di voci interpellate sia stato interamente maschile (come del resto anche lo scorso anno), nonostante la Storia sia costellata di pensatrici profonde, e non solo di pensatori. Così come lo è la scuola italiana, dove l’indirizzo scientifico è frequentato in egual misura da ragazzi e ragazze. In un periodo storico in cui la parità di genere dovrebbe essere attuata, oltre che attuale, ci si sarebbe aspettati maggiore attenzione da parte di chi ha predisposto la prova. Perché forma è sostanza — un principio affrontato non solo da Aristotele, ma anche da pensatrici come Simone Weil e Judith Butler.

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Lorenzo Sesini

dottore magistrale in Fisica, insegna nelle scuole superiori e come tutor universitario presso l’Università di Bologna; collabora con la redazione scientifica alla realizzazione di contenuti didattici e manuali scolastici.

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