La matematica si insegna bene in tedesco

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Insegnare matematica in tedesco in una scuola in lingua italiana? Non sarebbe meglio dedicarsi alle discipline meno impegnative, alle educazioni? La risposta è diversa da quanto ci si aspetterebbe.

A dimostrarlo il percorso seguito da due scuole della Provincia autonoma di Bolzano, fra le altre esperienze presenti sul territorio altoatesino.
Da ormai otto anni la matematica viene insegnata in forma laboratoriale anche in tedesco. La dimensione diacronica ha permesso di valutare e considerare le difficoltà, gli aspetti positivi e le differenze emergenti dalle venti e più classi seguite negli anni, e dalle loro relative insegnanti; la dimensione sincronica dell’analisi ha permesso di confrontare le classi parallele, e soprattutto di far crescere la formazione dei docenti in una dimensione di ricerca-azione.
La scelta di insegnare matematica in un’altra lingua è una scelta forte, che all’inizio mette spesso in crisi famiglie e docenti: come è possibile imparare una disciplina così importante se mancano le conoscenze linguistiche? Non è già abbastanza complesso insegnarla in italiano? I risultati smentiscono tutte queste paure.
Dal punto di vista quantitativo, i risultati dei test INVALSI, protratti su più anni e su classi parallele, dimostrano che le classi CLIL raggiungono risultati di gran lunga migliori rispetto alle classi senza insegnamento linguistico veicolare. Dal punto di vista qualitativo – attraverso le interviste alle insegnanti, i questionari ai genitori, quelli ai bambini – emerge un atteggiamento molto positivo rispetto alla matematica e al suo insegnamento in tedesco, oltre che per la metodologia, anche per gli strumenti utilizzati.
Dell’approccio CLIL fanno parte le modalità del lavoro di gruppo e fra pari, la scoperta, la risoluzione dei problemi: tutti percorsi utili per imparare a ragionare di matematica, e che permettono a più bambini, rispetto al metodo tradizionale, di trovare i loro spazi, i loro tempi e le loro modalità di lavoro. Con risultati necessariamente migliori anche dal punto di vista quantitativo.
Ciò è supportato dall’uso di materiali provenienti dalla tradizione scolastica e accademica in lingua tedesca: i libri di testo adottati sono corredati di materiale per ogni bambino, e presuppongono un metodo induttivo, ma anche molto concreto. E non solo per la scuola primaria. In quella secondaria di primo grado è molto produttivo il confronto e l’applicazione di metodi diversi, in cui la didattica italiana si completa di quella tedesca, ampliando le possibilità di apprendimento degli adolescenti, che nel frattempo hanno acquisito buone competenze linguistiche.
L’Alto Adige presenta tre tipi di scuole, di cui solo la scuola ladina prevede un insegnamento paritetico in italiano e tedesco, con alcune ore di ladino; la scuola in lingua tedesca e rispettivamente la scuola in lingua italiana prevedono molte ore di insegnamento di seconda lingua (fino a 6 a settimana), ma non prevedono un insegnamento paritetico.
Nelle due esperienze qui presentate, invece, prima in via sperimentale e ora a regime, le classi inserite in una scuola in lingua italiana prevedono un insegnamento paritetico di italiano e tedesco (12 ore in italiano, 12 ore in tedesco). I principi su cui questi percorsi si reggono sono:
– il riconoscimento del ruolo paritetico del docente di Lingua 2 (determinante nella scuola primaria, in cui il docente di L1 invece prevale);
– l’attività laboratoriale;
– l’idea della persona plurilingue, che parla con naturalezza, e usa le lingue come strumenti di comunicazione e cultura;
– la riflessione costante sul percorso, supportata da una consulente esterna con il ruolo di “amica critica” che osserva e discute, in un’ottica di ricerca-azione, con i partecipanti al percorso;
– una seria valutazione, quantitativa e qualitativa.
Nella scuola secondaria di secondo grado le vie seguite per i docenti sono differenziate; in una scuola il percorso di matematica è insegnato in team dalla docente di L2 in stretta collaborazione con l’insegnante disciplinarista, che può essere più o meno competente in tedesco (anche se negli ultimi anni il numero di coloro che riescono a insegnare in lingua tedesca, pur non essendo insegnanti di lingua, è aumentato notevolmente). Questa scelta garantisce la continuità didattica almeno sui tre anni. Nell’altra scuola la scelta è più coraggiosa, ma garantisce meno la stabilità nel corso degli anni: per la docenza in tedesco si fa ricorso alla scuola in lingua tedesca, coinvolgendo insegnanti disciplinaristi di madrelingua. Non esistendo però ancora un accordo di scambio fra le due scuole, sono le dirigenti a doversi accordare fra loro.

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Pur nell’accordo sui punti essenziali, la specificità delle due esperienze altoatesine è quella della flessibilità. Come ogni progetto CLIL, l’adeguamento alla situazione scolastica, al gruppo di destinatari, ai docenti è fondamentale. Le conseguenze sono variazioni in alcune scelte disciplinari, legate per esempio alle competenze degli insegnanti; variazioni nel numero delle ore dedicate a una disciplina, variazioni nella scelta dei docenti, interni o esterni alla scuola. Ma le due realizzazioni hanno come punti fissi quelli elencati sopra. In tal senso il modello flessibile potrebbe costituire un aiuto nell’estensione del progetto; su alcuni capisaldi, condivisi dal punto di vista didattico pedagogico, si possono realizzare percorsi formativi differenziati. La condivisione di alcuni principi può servire anche nella valutazione delle competenze e dei risultati raggiunti.
Attualmente, i due strumenti utilizzati dal punto di vista quantitativo sono le certificazioni linguistiche (Fit in Deutsch 1 per la quarta elementare, Fit in Deutsch 2 per la quinta, mentre questo ultimo livello si raggiunge, nelle scuole italiane, in terza media), e i test INVALSI per la matematica.
Nell’analisi dei risultati di entrambe le prove, in senso diacronico, si è visto che le classi con percorso plurilingue raggiungono livelli molto migliori rispetto alle classi parallele. Il dato significativo pare quello relativo alla matematica; mentre si dà per scontato che chi segue un percorso CLIL acquisisca competenze linguistiche di un certo livello, si presuppone che gli apprendenti debbano pagare nell’acquisizione di competenze disciplinari. I risultati INVALSI, migliori spesso dei risultati nazionali, certificano che il percorso didattico è valido e che gli allievi imparano meglio la matematica.
Diverse sono le motivazioni che si possono ipotizzare; sicuramente l’abitudine a imparare in modo induttivo e non deduttivo, supportati dai materiali impiegati nelle lezioni e nei laboratori, che prevede un approccio di problem solving. Non pare secondaria nemmeno l’ipotesi che sostiene la neurolinguistica e che individua nel cervello bilingue un tipo d’intelligenza più flessibile, più abituata a pensare a soluzioni diverse contemporaneamente. Non esiste un’unica lingua per dire le cose, così come non esiste un’unica via per risolvere i problemi.
Le scelte effettuate dalle scuole, partite da un’esigenza di plurilinguismo auspicata dai genitori, in primo luogo, e sostenuta poi dalle dirigenti, hanno portato a modifiche anche dentro i plessi scolastici; i progetti sono della scuola e non della classe, quindi condivisi in collegio docenti e con le famiglie. Nel corso degli anni si è assistito a un sempre maggior coinvolgimento dei docenti di altre classi, a un incremento della condivisione delle attività, a un uso più diffuso del tedesco al di fuori della classe, nei corridoi, nel cortile, con i genitori. Anche coloro che erano scettici, o almeno preoccupati, nel corso degli anni e di fronte ai risultati raggiunti hanno modificato il loro atteggiamento. Il lavoro costante dei docenti delle classi pilota si è trasformato in un percorso di documentazione utile per gli insegnanti successivi, che possono usufruire di materiali e riflessioni dei colleghi. In questo modo, oltre a lasciare traccia di quanto sperimentato, si abbatte l’obiezione che spesso arriva dai docenti, che hanno paura di dover investire troppo tempo e troppa fatica nel preparare un percorso CLIL.
Il CLIL è anche questo: uno strumento per modificare la didattica, per creare nuove alleanze e reti fra classi e scuole. Oltre che per imparare la disciplina, e naturalmente, le lingue.

Le scuole coinvolte nel percorso CLIL da ormai otto anni sono l’istituto comprensivo Bolzano VI, con la Scuola primaria Manzoni e la Scuola secondaria di primo grado Foscolo, e l’istituto comprensivo Bolzano 5, con la Scuola primaria Longon e la Scuola secondaria di primo grado Archimede.

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