«In questo programma la lingua batte forte come un cuore sano: la lingua e il suo battito istintivo. Battiti e dibattiti, perché la lingua fa molto discutere; ma anche perché è attraverso la lingua che ci si batte per qualcosa, che si perora una causa. “La fortuna di un popolo”, scriveva Pessoa, “dipende dallo stato della sua grammatica. Non esiste grande nazione senza proprietà di linguaggio”».
Questa la presentazione del programma, che si propone come un “osservatorio sullo stato e sull’evoluzione della lingua italiana”. Parola-chiave, osservatorio, usata per la prima volta in chiave linguistica da Pasolini, nel 1965, per lamentarne l’assenza: «In Italia non esistono osservatori linguistici, neanche credo nelle riviste specializzate, che regolarmente, sistematicamente, intensamente, si pongano come rilievi socio-linguistici, e, con la puntualità dei bollettini meteorologici che dicono “Che tempo fa”, ci dicano “Che lingua fa”». Riportata in auge da un gruppo di giovani ricercatori bolognesi all’inizio degli anni 2000, con i Quaderni annuali dell’Osservatorio Linguistico (qol) pubblicati da Franco Angeli, è stata poi adottata da Zanichelli, che ne ha fatto il nome di una rubrica di cultura linguistica (e più in particolare lessicale) diretta da Massimo Arcangeli.
Il programma, che riprende una tradizione radiofonica di vecchia data (negli anni Sessanta ebbero una certa fama le conversazioni intorno alle curiosità e capricci della lingua italiana tenute da Dino Provenzal), è articolato in sette rubriche, arricchite da clip audio, brani musicali, materiali d’archivio, interviste. Ripercorriamo la prima puntata (riascoltabile in podcast sul sito di Radio3) per avere un’idea della forma e dei contenuti.
Le parole sono importanti. La prima rubrica è dedicata alle parole della Costituzione. A poche settimane dall’omaggio fatto da Roberto Benigni in prima serata su Rai 1 (17 dicembre 2012) al testo fondante della nostra Repubblica, ci si interroga sulla bellezza della lingua in cui la Costituzione è scritta e che le è valso un premio letterario, lo Strega, nel 2006. Tullio De Mauro (autore del saggio introduttivo al testo della Costituzione edito nel 2006 da Utet-Fondazione Bellonci) ricorda in un’intervista la grande leggibilità del testo, che rifiuta tanto il giuridichese quanto la letterarietà, a favore di una lingua chiara e nobile, che sceglie parole comuni, frasi brevi, sintassi lineare (al tema della lingua della Costituzione era stato del resto dedicato un convegno, nel 2011, organizzato dall’Accademia della Crusca). Ma anche la grande modernità di certe posizioni, come la difesa delle minoranze linguistiche, la cui legge di attuazione è arrivata solo nel 1999.
Dice il saggio Rubrica dedicata alla segnalazione di un saggio di argomento linguistico presentato dall’autore: si comincia con un romanzo per ragazzi: “La grammatica ti salverà la vita”, di Massimo Birattari (Feltrinelli).
Scuola Pop Rubrica dedicata alla storia della canzone italiana (tema su cui Antonelli ha scritto un volume per il Mulino). Si parte con L’anno che verrà (1979, scritta e interpretata da Lucio Dalla), una canzone-lettera attentamente calibrata nella sua struttura a 4 blocchi, con rime e ripetizioni che creano giochi di simmetrie, presenza di segnali discorsivi (vedi) e altre espressioni che conferiscono al cantato la naturalezza del parlato (che hanno niente da dire, senza il non; del tempo ne rimane, con dislocazione a sinistra) .
Insegnare l’italiano Rubrica dedicata alla didattica dell’italiano agli italiani e agli stranieri. Ospite della trasmissione l’Associazione Asinitas, col progetto Domus (laboratori di italiano L2 per migranti). Dalle aule sentiamo le voci degli apprendenti alle prese con la lettura di una poesia di Majakovskij e poi con una riflessione corale, condotta dall’insegnante Carolina Purificati, sul significato della parola “indispensabile”.
Accademia di arte grammatica In questa rubrica ogni settimana un ospite risponde alle domande degli spettatori. Comincia il grammatico Luca Serianni, che risponde ad alcuni quesiti sul passato remoto (usato dai toscani con valore puntuativo); sull’uso dell’ausiliare coi verbi servili (sono dovuto andare è la forma standard, con l’ausiliare che è lo stesso richiesto dal verbo retto, ma è ormai diffusa e accettata anche la forma ho dovuto andare); sul plurale di sabato (sabati), sul plurale delle parole composte, su sé stesso (che è preferibile accentare sempre, come suggerisce anche lo Zingarelli e come fa ormai da tempo la casa editrice Treccani).
Il museo degli errori Rubrica dedicata agli svarioni ortografici e grammaticali letti o sentiti e segnalati dai radioascoltatori. Per la prima puntata, Antonelli propone una rassegna di orrori tratti da una pagina facebook e la scritta ti hamo, avvistata in una stazione romana. Chiosa ironica: “Che cos’è un bacio? Un’h tra le parole ti e amo…”
Parola della settimana (anche questa segnalabile dagli spettatori). Antonelli sceglie agenda, parola resa di grande attualità dall’operato di Monti. Si tratta di un francesismo, o meglio un francolatinismo (lat. agenda ‘cose da fare’), con prime attestazioni ottocentesche. Sono invece calchi dall’inglese i significati, diffusi a partire dalla seconda metà del Novecento, di “lista degli argomenti da trattare” e di “programma politico”. Come ha brillantemente notato Francesco Merlo in un suo editoriale natalizio, «le parole originate da un gerundio [più propriamente, un gerundivo] sono le più antipatiche della lingua italiana, agenda, pudenda, mutanda, memorandum, e c’è pure il crescendo che in musica è il sostantivo del volume (rossiniano) e in economia è il sostantivo dello sviluppo (schumpeteriano), vale a dire l’orizzonte di più alta drammaticità del nostro dover essere, del nostro gerundio appunto”. Perché, come ricorda Antonelli, agenda servanda sunt…