Anne-Margot Ramstein e Matthias Aregui hanno pubblicato Prima e dopo da Ippocampo editore (collana dai 2 ai 5 anni), vincitore di “Bologna ragazzi Award 2015” per la sezione “non fiction”. Altre opere degli stessi autori sono pubblicate in francese presso l’editore Albin-Michel. Il volume, come suggerisce il titolo, presenta diverse situazioni con immagini di un “prima” e di un “dopo”.
Il lettore deve colmare lo spazio non detto che sta nel mezzo. Non sono narrazioni, ma semplicemente situazioni che possono stimolare ragionamenti, la ricerca di spiegazioni e piccole storie. Il giorno diventa notte, l’uovo diventa gallina… Alla pagina in cui vediamo uno sciame di api segue quella con un barattolo di miele: cosa accade, precisamente? “Me lo racconti, papà? Come fanno?”.
Poniamo come esempio un racconto che abbia un intreccio lineare. Visualizziamo l’immagine iniziale e quella finale accostandole, senza conoscere quanto si è svolto nel tempo che le separa, nei rapporti di causa-effetto. Quali sono le differenze tra le due rappresentazioni? Nel mezzo un eroe è cresciuto, un luogo è cambiato, una relazione è maturata? In tutti i casi, tra il prima e il dopo, là in mezzo, è pieno di eventi, movimenti, azioni, significati.
Questa mattina ho chiesto ai miei figli di due anni e mezzo e di quasi cinque anni di disegnare insieme, in un gioco con le matite colorate. A turno potevamo mettere un trattino, un cerchio, un volto, un prato, o anche qualcosa che non avesse alcun significato apparente. Era proibito distruggere il contributo del fratello o della sorella (regola difficile da far rispettare in famiglia, ma anche nel disegno del mondo adulto). Meglio se si valorizza, se si continua. A disposizione avevamo cinque colori: arancione, rosso, blu, viola, verde. È uscito questo.
Mio figlio di cinque anni ha voluto disegnare una corona sull’omino viola (l’ha denominato Re Barbuto e Viola) curando anche i capelli della streghetta in basso a sinistra e le montagne arancioni sul lato destro. Ho iniziato allora a tratteggiare corone sopra tutte le teste dei personaggi che stavamo creando e a mettere qualche occhio alle figure che si stagliavano sulla pagina. Mia figlia si dava da fare con il blu; il fratello, invece, spiegava: “l’aereo a testa in giù nel cielo è pieno di ruote e galleggia come nello spazio”. Tra gli oggetti più importanti, la casetta in alto a sinistra, capovolta, progettata con una soffitta infinita, piena di oggetti: elicotteri, aerei, palazzi. Nella soffitta, piccolissima da vedere, si apre l’universo.
Riproduco il dialogo con mio figlio, svoltosi in serata, dopo una giornata di giochi all’aperto, tra neve, vento e ghiaccio. Isolo oggetti e temi.
L’aereo a testa in giù
Dani: Ho bisogno di discutere con te perché voglio capire meglio il nostro disegno.
Bambino: Va bene.
[Aggiungo che è sera: tutto va bene, piena disponibilità a parlare anche di filosofia, perché in questo modo si ritarda la nanna…]
Dani: L’aereo vola a testa in giù?
Bambino: Sì.
Dani: Ha tremiladuecento ruote sulla fusoliera.
Bambino: Sì.
Dani: Perché vola a testa a in giù? E perché tutte queste ruote?
Bambino: Perché puoi viaggiare anche dall’altra (dall’altra parte). Oh, no! Dov’è il foglio con l’aeroplano?
Dani: Dopo lo cerchiamo.
Bambino: Aspetta. Dov’è il foglio? Non ho fatto le ruote sul tetto!
Dani: Ah, vuoi farle anche sul tetto, le ruote? Dopo le facciamo. Ma spiegami: perché le vuoi fare anche sul tetto?
Bambino: Perché può volare dall’alto all’incontrario. Le sedie sono anche sul tetto, eh!
Dani: Ho capito. Tu puoi capovolgerlo come vuoi, ma l’aereo è sempre diritto.
Bambino: Sì, puoi andare anche dall’altra parte.
La soffitta: piccolissima e sempre più larga
Dani: Invece la casa che hai disegnato con il palancin… cos’è questo palancin, come lo chiami tu, in dialetto bregagliotto? Come si dice in italiano?
Bambino: Ehm… soffitta.
Dani: Ah, la soffitta. Cosa c’è in quella soffitta, in quella casina?
Bambino: Nella soffitta c’è un aereo, un elicottero, un sacco di Lego piccoli… un… un miliardo di elicotteri… Swiss Elicopter, Helibernina, Swiss Elicopter, Helibernina…
Dani: E dopo? Cos’altro? Vuol dire che questa soffitta è grandissima!
Bambino: Sì, sì, sì, è una soffitta grande che non finisce mai.
Dani: Allora è magica.
Bambino: Sì. Quando vai dentro è… è… sempre più larga, dopo stai prendendo qualcosa e ti accorgi… viene sempre ancora più grande…
Dani: Quindi puoi trovarci anche altre cose. Puoi trovarci un elefante?
Bambino: Ci trovi un palazzo, ci trovi…
Dani: Una storia infinita…
Bambino: Ci trovi torvi un libro che va fino al tetto del palancin, della soffitta che viene sempre più larga e il libro viene sempre più largo.
Dani: È come lo spazio? L’universo? Si espande.
Bambino: Viene sempre più largo largo largo largo largo laaaa
Dani: Ma tu l’hai disegnata piccolissima, questa soffitta.
Bambino: Sì.
Dani: E invece è grandissima.
Bambino: Sì. Il vetro è piccolo, ma lo spazio, sempre, quando sei su in soffitta a prendere la valigia o a tirar via le ragnatele o a pulire la soffitta, la soffitta è più larga.
Dani: Sempre più larga.
Bambino: E viene così larga che cresce fino al cielo.
Dani: Ho capito. E il Re viola barbuto? Viene da lì? Da dove viene?
Bambino: Il Re viola barbuto… viene fuori dal vero, sul vero, davvero. Se papà tu leggi quel libro che sta leggendo il nonno Nando, viene fuori il Re Barbuto.
Dani: Ah, il Re barbuto esce dai libri? Esce da un libro. Il libro del Re Barbuto.
Bambino: È una magia. Devi prendere la corona e tutto e dopo fai così…
Dani: Scuoti la corona?
Bambino: Scuoti la bacchetta magica e dopo viene fuori il Re Barbuto.
Dani: Dal libro.
Bambino: Sì. Ma noi non abbiamo vero, tutto vero.
Dani: Questa è una storia di magia.
Bambino: Quindi è magia, è un sogno. È un sogno.
A questo punto ho deciso che questa doveva essere l’immagine di una storia; allora ho ricostruito una situazione diversa, copiando le idee della pagina originaria, riordinate. Mi sono sentito come quando chiedo ai bambini di riordinare i giochi, alla sera, in ansia nell’osservare tutto quel caos. Ecco il risultato. Lo so, non sono capace di disegnare:
Germoglio narrativo
Ho mostrato le due immagini a mio figlio per discutere con lui cosa potrebbe essere successo in questa storia, dove abbiamo un prima e un dopo. Ecco il breve dialogo, dove si riprende l’immagine del Re Viola Barbuto, che sembra essere un personaggio-chiave.
Dani: Vorrei sapere cosa succede nella storia. Perché da un disegno all’altro le cose sono cambiate. Prima erano così, ordinate, poi sono cambiate. Chi le ha fatte cambiare?
Bambino: Il Re Barbuto viola. Era stufo.
Dani: Era stufo? Di far cosa?
Bambino: Di… di… di… di stare lì tutto il giorno seduto a fare tutte le cose che gli dice il papà.
Dani: Ah! E quindi ha voluto creare un po’ di disordine?
Bambino: Sì. E dopo è arrivato il Re più grande del mondo e ha detto: “Lascia così.”
Dani: Lascia le cose così? In disordine?
Bambino: No, lascia le cose come prima, che erano, che erano…
Dani: …ordinate.
Bambino: Sì.
Dani: Ah, quindi il Re Viola Barbuto era stufo di sentirsi dire dal papà fai questo, fai quello e ha voluto…
Bambino: Fare il disordine.
Dani: E dopo è arrivato chi?
Bambino: Il Re più grande del mondo che ha detto: Lascia come prima!
In un altro momento mio figlio mi ha fatto notare che i personaggi biscia si gonfiano e si sgonfiano e che comunque tutti hanno una corona sulla testa. Anche il sole.
Una bozza di storia (papà si diverte)
C’era una volta un paese popolato da soli Re: tutti avevano la loro corona sulla testa, anche le Gnolobò, le morbide bestie Regine che si gonfiavano quando c’era tanto amore nell’aria. In quel Regno i bambini, che avevano la loro corona da Re perché non esistevano Principi, erano molto amati. Ogni tanto i papà Re, soprattutto durante la colazione, i pranzi e le cene, imponevano con severità ai figli di stare seduti, composti, senza fare i matti.
Le montagne erano arancioni, i lampioni viola, le case piccole: in una in particolare c’era una soffitta che pareva la tana di un topino, ma una volta entrati, lo spazio iniziava ad allargarsi fino a diventare un luogo infinito in grado di contenere palazzi, elicotteri, aerei, sacchi di Lego e libri giganti dai quali uscivano personaggi colorati.
Oltre alle Gnolobò, nel paese dei Re e delle Regine vivevano dei normalissimi e nobili mostri, delle aristocratiche bisce rosse e delle streghe viola con il gel nei capelli (a forma di corona). Le streghe viola aveva ovviamente ricevuto un’investitura speciale, come “Regine della notte”. Gli aerei volavano con tremila ruote appese alla fusoliera. E i prati? Quelli erano verdi, più o meno come nella realtà.
Un giorno nella soffitta della piccola casetta viola accadde un fatto incredibile: un Re barbuto e viola uscì da un libro gigante urlando che era stufo, perché suo papà, Re barbuto viola senior, gli aveva urlato contro che bisognava stare seduti e composti a tavola. Fuoriuscito dal libro, il Barbuto scese le scale, uscì sul prato, guardò il mondo dei Re e decise di usare i suoi poteri per divertirsi e giocare: disse una formula magica che faceva più o meno così:
“Onfi gonfi bombolone gnolo gonfio bobo lonfio”.
Gli Gnolobò si gonfiarono a dismisura (come se quel giocare magico fosse libertà e amore incontenibile), fino a volare in giro come i palloncini quando li lasci nell’aria: frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.
Improvvisamente il paese dei Re fu buttato all’aria: il cielo si spostò, le montagne furono appese a destra, le case risultarono con la soffitta di sotto e la cantina sul tetto, gli Gnolobò schizzarono facendo zig-zag. Un gran caos, con quattro forze di gravità che attiravano gli oggetti in quattro direzioni diverse. Il Re Viola e Barbuto, spaventato dal risultato, decise allora di togliere le forze di gravità e il mondo iniziò a galleggiare. Un aereo volò capovolto, come nello spazio.
“Così non va bene proprio bene”, disse il Re Viola e Barbuto, “…così non si sa più nemmeno dove appoggiare i piedi!”.
Fu così che una Gnolobò che era andato a sbattere contro la finestra della soffitta, che qualcuno aveva lasciato aperta, si trascinò dentro la stanza e scoprì, nel bazar infinito, una colla: “colla Corona: colla di Re, parola di Re”. Era la colla del capo di tutti i Re, in grado di risolvere i problemi di tutte le storie possibili.
Non vi dico che storia riordinare tutto. Pe cominciare bisogna immaginare che la Gnolobò dovette chiamare il Re Viola e Barbuto, innamorarsi di lui, fargli capire come usare la colla Corona, iniziare i lavori, assumere Re in aiuto, dare mandati correttamente senza passare dalla mafia, riordinare tutto. Ci misero tremila anni.
Il secondo tentativo, in forma di filastrocca (papà cerca parole)
C’è un mondo di soli Re
tutti portan la corona,
e il potere lo assume
anche la gente comune:
chi è bambino, ogni persona!
Se non sei maschio, puoi esser Regina,
il sole risplende sui personaggi
strani che popolano quei villaggi:
ci sono le curiose Gnolobò
e quando soffia nell’aria l’amore
si gonfiano, oibòh!, come un pallone.
Esistono bisce, streghe e lampioni
di colore viola, rosso e arancione.
E sulla testa?
Non un cappello, ma sempre corone!
In questo luogo armonioso e perfetto
di cui non si conosce l’architetto
c’è una casetta con una soffitta
che dietro a un oblò sta ben protetta:
in quella che sembra una stretta mansarda
la realtà è magica e molto più larga.
Là dentro ci trovi di tutto:
palazzi, aerei, elicotteri molto pesanti,
libri giganti di sopra e di sotto.
Niente
sembra
stretto,
e quel mondo così prosegue avanti
un universo che sempre si espande.
Così di storie puoi inventarne tante!
Un giorno nella soffitta
un libro si aprì, le pagine ali
come un oggetto che vola:
uscì un piccolo Re, barbuto e viola.
Faceva i capricci con suo papà
che lo voleva sempre obbediente, composto a colazione, a pranzo e a cena
come un suddito da mattina a sera.
Il piccolo Re Viola, come chi si consola
era scappato dal libro, dai rimproveri e dal suo papà
per sperimentare le sue abilità
ereditate dal sangue nobile di chi è viola e barbuto.
Si mise a guardare il paese dei Re, in silenzio, seduto,
poi disse una magica formula matta
che senza confine
trasforma l’ordine in un’aria pazza.
Così, fuori controllo, le magie
fecero in quel paese
un rodeo di pazzie:
aerei capovolti,
prati appesi al cielo
streghe di traverso
l’estate con il gelo
e il cuore della gente
con l’amore che il disordine ha sommerso.
Le cose furono attratte da quattro gravità
qua e
là
non si capiva
un baccalà!
Allora il Re Barbuto
molto dispiaciuto
ripassò il suo formulario
annullando il sommario
delle forze planetarie,
così tutti nel paese
galleggiarono nell’aria
come astronauti persi nel cosmo
là sospesi tutti intorno.
Respirando un po’ d’amore
una gonfia Gnolobò
s’era appesa alla casetta
ed esplodendo d’improvviso
s’era messa di traverso
proprio dentro la soffitta.
Qui, guardando in un angolo
vide un viola bel barattolo,
era colla resistente
in grado di incollare
l’universo irriverente:
“colla di Re
del millenovecentotrè”.
La Regina Gnolobò
il Re Barbuto a sé chiamò
e si mise ad incollare
per terra, in cielo e in mare
il mondo in certo ordine.
I due capirono ch’era il caso
di assegnare un bel mandato
senza mafie o amicizie
senza fare ingiustizie
il lavoro assegnato:
riordinare tutto il loco.
Il riordino durò
un tempo lungo di fatica.
Il popolo dei Re riparò
il paese senza affanni
e ci misero, in totale, quasi tremila anni.
E poi il gioco continuò…
Qualche considerazione
Gianni Rodari, nella sua Grammatica della fantasia, sostiene che la parola, se gettata nella mente come un sasso nello stagno, smuove reazioni, si scatenano immagini che ognuno di noi cela nella propria memoria, nell’esperienza, nell’inconscio. Tale libera associazione è quasi inevitabile ed è molto utilizzata nel teatro, negli esercizi di improvvisazione. Da una parola ne nasce un’altra, con o senza apparente legame logico e, in breve tempo, la nostra mente è in grado di generare una sorta di caos. Ovviamente, per giungere alla narrazione di storie, tale caos richiama un riordino delle idee, una strutturazione: «il tema fantastico (…) nasce quando si creano accostamenti strani, quando nei complessi movimenti delle immagini e nelle loro interferenze capricciose, si fa luce una parentela imprevedibile tra parole che appartengono a catene differenti. Mattone ha portato con sé: canzone, marrone, massone, torrone, panettone.»
Nel secondo capitolo dell’opera, prendendo una parola scelta a caso, come sasso, Rodari spiega che può diventare:
Sulla
Altalena
Saltano
Sette
Oche
Da lì, rilancia con la ricerca della rima: Sette oche in altalena, reclamavano la cena, pur rendendo attento il lettore sul fatto che la fantasia va allenata, come la logica, quindi anche in questo ambito creativo, la mente può acquisire elasticità, cercando diverse varianti: Settecento Avvocati Suonavano Settecento Ocarine.
Pensando all’immagine allegorica del sasso che cade nello stagno, provocando cerchi concentrici, smuovendo la terra sul fondo, Rodari ci ricorda che le storie si cercano nuotando sott’acqua. Noi aggiungiamo che la profondità richiede tempo.
Nell’esperimento fatto in casa, con i miei bimbi, siamo partiti da cinque colori, poi da un disegno che l’adulto ha riordinato prima di riaprire il dialogo con un bimbo di cinque anni. Un dialogo volto a scoprire in libertà una storia costruita grazie ad associazioni, a spazi che si aprono a interminabili possibilità, che esplodono, si gonfiano, si capovolgono, dentro una cornice narrativa, tra un prima e un dopo.
Così si allenano i bambini a pensare, a scegliere punti di vista, a sostenerli.