Insegnare concetti. La filosofia nella scuola di oggi

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Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo, a firma Gian Paolo Terravecchia, che recensiva un libro appena uscito: Insegnare concetti. La filosofia nella scuola di oggi. Ospitiamo volentieri la replica dell’autore del volume, Alberto Gaiani.

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Caro Gian Paolo,
grazie per la lettura. Rispondo su alcuni punti nel modo più diretto che mi riesce.

Il tuo post si apre con una critica all’idea di filosofia che nel libro io cerco di difendere, e che tu trovi estremamente debole e contraddittoria. In primo luogo, come si evince dall’ultimo capoverso a p. 82, non ho cercato di imporre una concezione metafilosofica che facesse strame di tutte le altre. Ma, prendendo per buono che il punto saliente del mio libro stia intorno alla debolezza e alla contraddittorietà dell’idea di filosofia che vi espongo, il problema potrebbe essere risolto se si leggesse fino in fondo la frase che tu citi in partenza e, soprattutto, se si facesse caso alle virgolette che uso per “scienze” e “discipline”. Non credo di avere mai scritto che la filosofia non è una scienza o non è una disciplina o non è un sapere (anche perché non lo penso). Ho cercato di mostrare come la filosofia non sia una scienza/una disciplina/un sapere di un certo tipo, mentre ha delle caratteristiche sue proprie. Dunque, tutta la prima parte della tua analisi si impegna nel tentativo di contraddire una cosa che nel libro non c’è. Almeno, non nei termini in cui la presenti tu.

In ogni caso, anche ammettendo che nel libro ci sia un’idea del genere, gli argomenti con cui sostieni la tua critica sono deboli o fallaci.
1. Che la filosofia si occupi di tutto ciò che non si occupano le altre forme di sapere (p. 86, poco sotto al brano che citi) non implica una differenza di essenza. “Funzionare in modo diverso” non implica necessariamente “essere qualcosa di diverso”.
2. Se anche fosse vero che definisco la mia idea solo in via negativa, l’asserzione “definire qualcosa attraverso ciò che non è sembra un pessimo modo di procedere” va argomentata, altrimenti è precetto, moralismo o impressione personale.
3. L’associazione filosofia-astrologia è una fallacia da manuale. Se A è diverso da C e B è diverso da C, non si può inferire che A e B siano simili. Un cane e un sasso sono diversi da un gatto, ma non sono simili tra loro.
4. L’argomento “Google” non dimostra che la filosofia sia una disciplina. Dimostra che ci sono tante occorrenze su Google per “discipline filosofiche”. Più occorrenze = più verità? Usi in voga nel senso comune corroborano una posizione teorica?
5. L’esistenza di una rivista “Discipline filosofiche” non dimostra che la filosofia sia una disciplina. Così come “Astra” (per rimanere sull’astrologia di cui sopra) non dimostra che le stelle influiscono sulla nostra vita o “Playboy” che alle donne piace farsi fotografare nude in pose ammiccanti.
6. L’esistenza di un “comitato scientifico di tutto rispetto” della rivista non dimostra che la filosofia sia una disciplina. Con l’aggravante che tira in ballo un argomento ad auctoritatem. Siccome qualche luminare ci ha messo il nome, la cosa di cui si parla è automaticamente consistente?

La parte più interessante di quel che scrivi potrebbe essere la seconda metà. Lì forse ci sarebbe da discutere seriamente, perché penso che la questione sia aperta, ma le obiezioni che muovi vanno tutte fuori bersaglio. Questo accade perché l’interpretazione che proponi di “sapere concettuale” non ha alcun nesso con quello che ho scritto nel libro. Non credo di aver mai scritto che la concettualizzazione è un sapere. Ho guardato le varie teorie dei concetti che circolano in filosofia della mente e in psicologia cognitiva e, dopo aver visto come funzionano le cose lì, ho detto: la filosofia non fa quello. Ho cercato di argomentare l’idea che la filosofia abbia necessariamente a che fare con una dimensione concettuale. Il fatto che Kant e Reinach si occupino di cose e non di concetti di cose è ovvio. Il punto è che lo fanno attraverso concetti. Se poi mi dici che non è perspicuo il significato di “concetto” (e a maggior ragione di “concetto filosofico”), siamo d’accordo: lì c’è ancora lavoro da fare. Ma nel tuo testo non ne trovo traccia. Per cui, in conclusione, non saprei bene neanche come muovermi per difendere dalla tua critica quello che ho scritto, perché non so dove ho scritto quello che mi contesti.

Sul punto della didattica di approfondimento, d’accordo. E credo anche di averlo messo da qualche parte: si può scegliere come muoversi (p. 127). Solo che chi legge non ha capito di cosa si tratti, dato che nel testo non è nemmeno lontanamente spiegato in cosa consista l’idea di insegnare filosofia a partire da alcune parole, che invece è il fulcro del libro. E questo è testimoniato dall’accostamento tra la didattica per parole e la didattica per problemi, che nel libro sono distinte per mezzo del riferimento alla storia della filosofia e che tu invece associ.

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Alberto Gaiani

Filosofo (Università di Padova). Autore del libro Insegnare concetti. La filosofia nella scuola di oggi, Carocci Editore.

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