Il viaggio di Fanny

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Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa liberavano il campo di concentramento di Auschwitz. Per ricordare le vittime dell’Olocausto, nel 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire il Giorno della Memoria. Da quel momento, il 27 gennaio è diventata la data dedicata al ricordo della tragedia della persecuzione e dello sterminio degli ebrei, per non dimenticare e far conoscere alle nuove generazioni una delle pagine più orrende della Storia.

Per la sua capacità di muovere emozioni profonde, il cinema è da sempre e naturalmente uno straordinario strumento narrativo – ancor più utile se racconta ai ragazzi di oggi cosa è successo allora. Dobbiamo dare atto a Lucky Red, la casa di distribuzione di Andrea Occhipinti, che ogni anno dimostra grande sensibilità umana e sociale nel proporre nel Giorno della Memoria un film dedicato alla Shoah. L’opera scelta quest’anno, per l’uscita nelle sale nei giorni del 26 e 27 gennaio, è Il viaggio di Fanny, tratta dall’omonimo romanzo di Fanny Ben-Ami e già vincitrice dell’ultima edizione del Giffoni Film Festival, la più importante rassegna mondiale dedicata al cinema dei ragazzi – un film in cui l’esperienza della guerra e delle deportazioni è vista attraverso lo sguardo dei bambini.

Nella Francia occupata dalle truppe naziste, le famiglie ebree cercano disperatamente di sottrarre i loro bambini alle persecuzioni razziali e alla deportazione nei campi di concentramento. I più piccoli vengono affidati agli Istituti francesi per l’infanzia, che cercano di proteggere i minori dai rischi della guerra. In assenza di documenti, i piccoli ebrei cambiano nome e assumono una nuova identità. Tuttavia, quando la persecuzione e i rastrellamenti tedeschi s’inaspriscono, anche queste istituzioni non sono più luoghi sicuri. L’unico modo per salvarli è un pericoloso viaggio tra le montagne verso il confine svizzero. Il film racconta proprio la vicenda di un gruppo di ragazzi in cammino, in compagnia e con l’aiuto della loro direttrice e con l’appoggio della resistenza francese. Ma quando gli adulti vengono arrestati, saranno i bambini a dover pensare a

Il film lascia volutamente sullo sfondo i drammatici avvenimenti storici del periodo. La guerra, le persecuzioni, gli arresti, le deportazioni nei campi di concentramento e la morte, sono relegati in un fuori campo filmico, ai margini della vicenda: sempre presenti, evocati, ma senza mai essere mostrati.
La regista sceglie di non rappresentare direttamente questi fatti, per concentrare l’attenzione esclusivamente sulle conseguenze che hanno avuto sulla vita dei bambini. Una scelta di regia molto precisa ed efficace, che concentra tutta l’attenzione sulle emozioni e sui sentimenti dei più piccoli.
Bambini che devono fare i conti con il sentimento dell’abbandono, con l’angoscia di non vedere più i genitori, con assenza d’amore e di protezione. Sono destinati a crescere velocemente, a lasciarsi alle spalle la spensieratezza dell’infanzia, per affrontare la paura dell’ignoto, il senso di solitudine, di sofferenza, di dolore e morte che li circonda. I bambini sono chiamati dal destino a diventare rapidamente grandi, indipendenti e autonomi, perché la loro salvezza dipende esclusivamente dalla loro capacità di sapersela cavare contando solo sulle loro forze. Nel loro viaggio verso la salvezza, i ragazzi affrontano la fame, il freddo, l’incertezza, il pericolo, l’odio, ma trovano anche persone disposte ad aiutarli e scoprono il valore dell’amicizia e della solidarietà.
Sarà la piccola Fanny, investita dalla direttrice della responsabilità del gruppo, a farsi carico di portare in salvo le sorelle e i piccoli compagni con coraggio e fermezza, ma senza mai perdere il lato infantile del suo carattere.

La regista è bravissima a non trasformare i bambini in eroi, conservando intatta la loro spontaneità espressiva, la loro capacità innata di trovare momenti di svago in cui recuperare e cercare di conservare qualche piccola traccia della dimensione giocosa dell’infanzia. È proprio quest’equilibrio tra il dramma di una vicenda umana troppo grande per dei bambini e a loro capacità di viverla senza smarrire completamente la loro identità, che diventa la carta vincente del film.
Un film che tutti gli alunni delle scuole dovrebbero vedere, per condividere la memoria dell’Olocausto.

Il viaggio di Fanny
Regia: Lola Doillon
Con: Léonie Souchaud, Fantine Harduin, Juliane Lepoureau, Ryan Brodie, Anaïs Meiringer, Lou Lambrecht, Igor Van Dessel, Malonn Levana, Cécile de France
Durata: 94 minuti
Produzione: Francia, 2016

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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