Le immagini che commentano l’articolo “Multiculturalismo e intercultura” dedicato alla diversità culturale sono state esposte nel 2007 alla cinquantaduesima edizione della Biennale di Venezia in una sezione specifica dedicata all’arte del popolo rom dal titolo Il Paradiso Perduto. La mostra, la prima in assoluto di questo genere, presentava al pubblico opere dei maggiori talenti di arte visiva appartenenti a quella che rimane la più numerosa minoranza etnica europea.
Si tratta di un evento che è stato particolarmente importante dal punto di vista del multiculturalismo, perché per la prima volta, dopo secoli in cui i rom sono stati oggetto, o vittime, di rappresentazioni create esclusivamente da non rom, ci troviamo di fronte ad una testimonianza “da dentro”, che esprime l’immagine che plasmano di se stessi. È interessante notare come a fianco dei temi tipicamente legati alla cultura rom, come il viaggio, l’emarginazione, la consapevolezza di appartenere a un tessuto culturale altro (vedi ad esempio le opere a pagina 59 e 62, sul tema della roulotte, simbolo della vita nomade), sono ben presenti temi che potremmo definire semplicemente umani o universali come anche riferimenti all’arte contemporanea estranea alla tradizione rom.
In altre parole, ciò che salta agli occhi di fronte a tali opere è la costante fusione tra la tradizione e la contemporaneità, tra la cultura particolare e il tessuto sociale globalizzato.
Come scrive la storica dell’arte ungherese Tímea Junghaus: “Con sicurezza intellettuale questi artisti accolgono e trasformano, negano e decostruiscono, contestano e analizzano, sfidano e sovrascrivono gli stereotipi esistenti, reinventando la tradizione rom e i suoi elementi di cultura contemporanea. In realtà, l’intenzione di contrastare e negare le (errate) rappresentazioni esistenti e di promuovere la visione opposta comporta una dicotomia irrisolvibile, che si incarna in un’arte non esente da una dolorosa bellezza, da paranoia, da schizofrenia e da sindromi postraumatiche.
Se a partire dal modernismo del XIX secolo la terra sconosciuta degli esotici zingari ha rappresentato per l’Europa il simbolo dell’evasione, abbiamo forse, noi tutti, perso la nostra ricerca del Paradiso?”.