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Il declino delle competenze degli adulti

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
I Paesi che nell’ultimo decennio sono riusciti a migliorare il livello di competenze della popolazione adulta sono molto pochi. Lo certifica il PIAAC 2023. L’editoriale che apre “Adulti incompetenti”, il Dossier del numero 28, “Leggere, scrivere e far di conto”.
© Pxhere.

Gli adulti hanno le competenze necessarie per affrontare con successo un mondo in rapido cambiamento? Possiamo cercare una risposta a questa domanda (resa più urgente dai recenti sconquassi mondiali) analizzando gli ultimi risultati del PIAAC, Programme for the International Assessment of Adult Competencies, la struttura sviluppata dalla OECD (in italiano OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per fornire dati utili ai governi e alle istituzioni per migliorare le politiche educative e del lavoro, ridurre il divario di competenze e favorire l’inclusione economica e sociale.

Considerato l’equivalente per gli adulti del programma PISA, che misura le competenze degli studenti, il PIAAC valuta la capacità di partecipare efficacemente alla società e al mercato del lavoro degli adulti tra 16 e 65 anni. Lo fa attraverso un’indagine chiamata Survey of Adult Skills, che misura tre aree fondamentali: alfabetizzazione (literacy), cioè la capacità di comprendere, valutare e usare testi scritti; competenze matematiche (numeracy), la capacità di utilizzare e interpretare informazioni numeriche in contesti pratici; risoluzione adattiva dei problemi (adaptive problem solving, APS), l’abilità di risolvere problemi in ambienti complessi e in continua evoluzione, spesso legati all’uso della tecnologia.

Si tratta di una ricerca molto vasta e prolungata nel tempo, tanto che si articola in cicli pluriennali. Il primo (2011-2018) ha coinvolto 39 Paesi e 245.000 partecipanti, il secondo (2022-2023) ha visto la partecipazione di 31 Paesi e i risultati sono stati pubblicati il 10 dicembre 2024 nel rapporto intitolato Do Adults Have the Skills They Need to Thrive in a Changing World? Nel seguito di questo Dossier riportiamo alcuni passaggi di questo lungo documento (200 pagine ricche di tabelle) e qui ne sintetizziamo le conclusioni che ci sembrano piĂą interessanti.

Un regresso generalizzato

L’indagine ha evidenziato una stagnazione o un calo generalizzato dei livelli di alfabetizzazione nella maggior parte dei Paesi. Solamente Finlandia (+15 punti) e Danimarca (+9 punti) hanno registrato miglioramenti significativi, mentre nazioni come Corea, Lituania, Nuova Zelanda e Polonia hanno subito cali superiori ai 20 punti. Sul fronte della numeracy, invece, si sono osservati miglioramenti in otto Paesi, con Finlandia e Singapore in testa (+17 punti). Nel complesso, Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia hanno ottenuto i migliori risultati in tutte le aree analizzate.

Un dato allarmante riguarda l’aumento della quota di adulti con bassi risultati in alfabetizzazione, cresciuta in circa quattordici Paesi senza che alcuna nazione abbia registrato miglioramenti significativi. Attualmente, il 26% degli adulti nei Paesi OCSE ha risultati bassi in alfabetizzazione, il 25% in numeracy e il 29% in risoluzione adattiva dei problemi. Undici Paesi, tra cui Cile, Croazia, Francia, Ungheria, Israele, Italia, Corea, Lituania, Polonia, Portogallo e Spagna, hanno ottenuto risultati inferiori alla media OCSE in tutti i settori. Il Cile ha registrato la maggiore percentuale di adulti a basso rendimento, seguito dalla Lituania. Al contrario, la Finlandia si distingue per la più alta percentuale di adulti con competenze avanzate.

Il declino delle competenze alfabetiche e matematiche si è manifestato in tutte le fasce d’età, dimostrando che l’aumento dell’istruzione formale non ha necessariamente migliorato le competenze. Perfino tra i laureati con istruzione terziaria, i livelli di competenza sono rimasti stabili o sono diminuiti, mentre il divario tra adulti con alta e bassa istruzione si è ampliato.

… e le sue possibili cause

Queste forti diseguaglianze tra i diversi Paesi si spiegano attraverso una combinazione di fattori strutturali, culturali, economici e educativi. Un primo elemento chiave è la qualità dell’istruzione scolastica di base. Nei Paesi che da decenni investono in sistemi educativi equi, inclusivi ed efficaci (come Finlandia, Giappone o Paesi Bassi) gli adulti mostrano livelli di competenze più elevati. Dove invece l’istruzione di base ha storicamente sofferto o soffre oggi di carenze strutturali, come il Cile (e secondo molti l’Italia) si osservano ampie fasce della popolazione che non hanno mai acquisito pienamente le competenze fondamentali.

Accanto all’istruzione, gioca un ruolo decisivo l’accesso alla formazione continua. I Paesi nordici hanno costruito solide reti di apprendimento permanente, spesso gratuite o sovvenzionate, accessibili anche agli adulti meno qualificati. Questo permette di aggiornare le competenze nel corso della vita lavorativa e di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e professionali. Al contrario, dove la formazione per adulti è debole, costosa o scollegata dal mercato del lavoro, le competenze acquisite da giovani tendono a deteriorarsi nel tempo.

Non meno importante è il contesto socio-economico. Povertà, disoccupazione, precarietà e disuguaglianze educative generano condizioni sfavorevoli all’apprendimento. In molte economie emergenti, così come in alcune regioni marginalizzate dei Paesi avanzati, l’accesso alla cultura scritta, alla tecnologia e alla formazione è limitato. Queste barriere si riflettono nei punteggi PIAAC, specialmente tra gli adulti con basso titolo di studio o background migratorio.

Anche la struttura e la cultura del mercato del lavoro influenzano fortemente i livelli di competenza. Nei contesti in cui le qualifiche sono richieste, riconosciute e premiate, le persone sono più motivate a investire nella propria formazione. Dove invece il lavoro è segmentato, informale o stagnante, lo sviluppo delle competenze perde valore e attrattiva.

Infine, la digitalizzazione e l’uso della tecnologia possono amplificare o ridurre le diseguaglianze. In Paesi dove l’infrastruttura digitale è diffusa e integrata nei servizi pubblici, le competenze tendono a essere più dinamiche. Al contrario, nei contesti dove l’alfabetizzazione digitale è carente, l’esclusione si riproduce anche nei nuovi ambienti virtuali.

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Francesca Nicola

Dottoressa in Antropologia all’Università Bicocca di Milano.

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