Parlare di Scuola serve alla scuola

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“La scuola non serve a niente, perché tanto non troveremo lavoro”, afferma una studentessa di 15 anni durante un’animazione lessicale condotta da Andrea Bajani. È questo lo spunto da cui nasce l’omonimo libro, appena uscito, in formato cartaceo e digitale. Con un paio di click l’ho acquistato; in un paio d’ore l’ho letto. E – indubbiamente – sono rimasto colpito, per varie ragioni.

scuolagrafico

In primo luogo, dalla struttura dei contenuti, che ho rappresentato con un areogramma: il testo portante, il libro vero e proprio, ciò che dà il titolo all’insieme, costituisce meno della metà dell’opera.
Questo non significa che quanto afferma Bajani, in margine ai suoi interventi su letteratura e narrazione nelle scuole o a seguito dei suoi contatti personali con diversi insegnanti, non sia interessante.
La tesi è condivisibile, anche se per molti aspetti scontata. È retoricamente vero che la Scuola – quella teorica, fuori dal tempo e dallo spazio – non “serve a niente”, perché la sua finalità è far imparare a “spostare i mobili” (fuor di metafora, ad acquisire pensiero critico) e non può essere invece ridotta e concepita a luogo di brutale acquisizione di competenze finalizzate all’impiego.
La scuola concreta – quella in atto ora in Italia – è inoltre vittima di interventi orientati al puro risparmio; i rapporti tra studenti e insegnanti sono spesso irrigiditi e sterili: bisognerebbe arrestare al più presto questo processo di impoverimento culturale e sociale.
Ci vorrebbe un intervento intenzionale ed efficace della Politica, a cui l’autore rivolge un preciso appello, forse un po’ troppo ottimistico. Bajani non appare infatti tenere conto del fatto che in larghissima misura la Politica stessa ha un’immagine dei propri compiti che non ha più come priorità i principi costituzionali su cui si dovrebbe fondare la Scuola. Che ha sostituito i dogmi della flessibilità e della competitività ai valori dell’inclusione e della rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale” di cui all’art. 3 della Carta. Che considera fondamento della Repubblica non il lavoro, ma il mercato del lavoro. Che taglia, insomma, in seguito a un progetto di società, non per svista o superficialità.

Resta gustosa l’immagine dei bambini che, elargendo rotoli di carta igienica, vicariano lo Stato sociale.
Sono folgoranti – per creatività e incisività – i neologismi creati dagli adolescenti che interagiscono con lo scrittore nelle sue attività laboratoriali, in particolare Ludovita e Rinuncianesimo, che esprimono con straordinaria lucidità due filosofie esistenziali spesso contemporaneamente presenti negli stessi individui, negli stessi gruppi, nelle stesse fasce d’età.
È estremamente stimolante il riferimento psicoanalitico alla vaporizzazione del Professore; sempre in questo ambito, fa riflettere la dicotomia tra Professore per Nome e Professore per Testimonianza. Quest’ultimo sopravvive per propria volontà a rappresentare ciò che di quella teorica dovrebbe mantenersi nell’istruzione concreta; e costituisce un Modello con il quale certamente molti dei lettori insegnanti ameranno identificarsi, affermando con orgoglio di non aver mai sostenuto che troppi studenti vanno a scuola solo per “scaldare la sedia”, tema su cui – racconta Bajani – uno studente gli ha consegnato una sorta di ironico trattato, purtroppo smarrito durante un trasloco.

Come detto, il testo vero e proprio è corredato da numerosi altri contributi, dei quali non sono esplicitati i criteri di selezione e le interconnessioni. E in questo risiede, almeno a mio giudizio, l’aspetto più arricchente del libro dal punto di vista professionale.

L’insegnante-lettore si trova infatti in qualche misura nella posizione in cui è lo studente del quinto anno della secondaria superiore ammesso all’Esame il giorno della prima prova (o in quelli delle relative simulazioni), quando decida di realizzare un saggio breve o un articolo di giornale. Dispone di una serie di materiali convergenti su una tematica comune: a lui precisare cornice generale, confini e collegamenti, individuare i nuclei essenziali di ciascuno, assegnare identità logiche e culturali, operare confronti e così via, fino a produrre un materiale che organicamente tenga conto di tutto.
Una sfida forse involontaria, di certo coinvolgente.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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