Fotografie e poesie di Antonia Pozzi

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Fotografia e poesia: sguardi, mano e pensieri si allineano nella figura di Antonia Pozzi e sono raccolti fino a metà giugno in una piccola e raffinata mostra alle porte di Monza e di Milano.

Una mostra fotografica a Vimercate
Con l’occasione del quarantennale del Liceo Banfi (Scuola Amica de La ricerca), a Vimercate (MB) si infilano rapidamente e con inaspettato successo eventi e occasioni che – come piccole perle in una breve collana – fanno circolare immagini, idee e soprattutto relazioni feconde. Difficile individuare la perla più pregiata; è sicuramente preziosa e da ammirare la collezione di fotografie scattate da Antonia Pozzi negli ultimi anni della sua vita troppo breve (1912-1938). Sono queste le riproduzioni moderne – appartenenti alla Fondazione Corrente di Milano – degli originali conservati presso il Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti” dell’Università dell’Insubria di Varese.

Dal 5 maggio al 18 giugno tali immagini sono esposte – col titolo Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima – nell’ala della villa settecentesca che ospita il delizioso Museo del territorio di Vimercate (MUST) con l’ottimo allestimento di Ludovica Pellegatta, già curatrice con Giovanna Calvenzi di un’importante mostra milanese su Antonia Pozzi. Come parole leggere, tali scatti in bianco e nero sono sospesi in due eleganti sale a pianterreno attigue a quelle che ospitano le collezioni museali. In un’altra sala, poi, la proiezione più ampia di altre immagini di Antonia. Gli sguardi di questa giovane donna inquieta, dalla fragile e intensa vita interiore, parlano di paesaggi naturali, di volti di bambini della periferia milanese, di montagne e di contadini dell’amata Valsassina ch’ella abitava d’estate, dove la sua aristocratica famiglia milanese possedeva una signorile dimora di villeggiatura. Lì, dove riposano le spoglie, a Pasturo sotto la Grigna, nel cimitero locale.

Naviglio Pavese, Milano, 1938. © Antonia Pozzi / Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”

Antonia Pozzi, Antonio Banfi
Parole leggere sono anche quelle delle sue poesie, che risuonano nelle stesse stanze grazie alla voce registrata degli studenti e studentesse del Liceo locale , dedicato ad Antonio Banfi (1886-1957), nativo di Vimercate, illustre pensatore, senatore della Repubblica italiana e docente universitario di filosofia a Milano. Con lui Antonia Pozzi si era laureata nel 1935 con una tesi sulla formazione letteraria di Flaubert pubblicata postuma, nel 1940, con una nota introduttiva dello stesso professore.
Proprio la relazione educativa e formativa e il rapporto tra maestri e allievi, costituiscono un altro significativo stimolo e richiamo di quest’iniziativa. La stessa poetessa ebbe modo di dedicarsi all’insegnamento, sebbene per poco tempo: in alcune sue belle lettere parla dell’esperienza raccontando impressioni e coinvolgimento affettivo. Così gli studenti di oggi, con i loro insegnanti, hanno studiato e approfondito i suoi scritti e anche quelli del gruppo di intellettuali – fenomenologi ed esistenzialisti – che con lei andava formandosi negli anni Trenta alla scuola di Banfi e che ancora oggi rivive sia presso la Fondazione Corrente di Milano, sia nel liceo di Vimercate dove si insegna filosofia. Ulteriore felice e inattesa occasione: tra gli eventi collaterali alla mostra sarà proprio un collega, Franco Sirio, al suo ultimo anno di insegnamento e già laureatosi su una tesi su Banfi, a presentare il pensatore esponente della filosofia del Novecento. Saranno poi gli stessi alunni e alunne che, in alcuni appuntamenti speciali, guideranno i visitatori nelle sale in cui l’esposizione ha luogo.

Angelus della sera, Pasturo, estate 1938. © Antonia Pozzi / Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”

Antonia Pozzi merita tuttavia di essere ricordata anche per l’isolamento che ella visse, e con profondi turbamenti. Fu infatti una voce femminile diversa dalle altre, negli anni del regime; e anche il gruppo di suoi amici intellettuali – soprattutto di sesso maschile –  non seppe cogliere appieno il suo sforzo di adesione al reale (come proprio la scuola fenomenologica di Banfi insegnava) e la sua attenzione alla terra (“sento le mie radici terriere” scrive in una bella lettera poche settimane prima della morte), alla vita che la parola poetica sa rendere più vita come già scriveva Thomas Mann nel suo Tonio Kröger ch’ella aveva letto con passione (“Tonia Kröger” l’aveva nominata l’amico carissimo Luigi Manzi). E neppure compresero quella necessità che per lei era la poesia, capace di restituire la “vita sognata”: questo il nome di una bellissima raccolta di sue liriche. Anche la famiglia non la capì, nonostante gli agi e le opportunità che le diedero: figlia unica, bellissime dimore, splendidi viaggi allora concessi a pochi, possibilità di relazioni privilegiate in una Milano colta e altoborghese. Così il padre non le consentì di vivere pienamente l’amore giovanile, ricambiato, con il suo professore di greco e latino Antonio Maria Cervi: un dolore che si associò ad altre delusioni sentimentali importanti. Il precipitare nel disperato isolamento della fine si deve con maggior verità a un’altissima sensibilità e a una profonda e precoce capacità di interiorizzazione.

Antonia Pozzi, Casorate Sempione, maggio 1937. © Antonia Pozzi / Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”

La pubblicazione postuma dei suoi versi
La pubblicazione di alcune sue poesie è solo postuma e avvenne presto (1939) ma passerà del tempo prima di una loro autentica valorizzazione. Nel 1945 e poi nel 1948 sarà la penna di Eugenio Montale, con una breve nota, a inserire nella storia della poesia italiana i versi di “quell’anima di eccezionale purezza e sensibilità”. Fu poi una suora – Onorina Dino, della Congregazione Suore Preziosissimo Sangue – la prima biografa che, in occasione della sua tesi di laurea (ancora la formazione scolastica in primo piano), inaugurò il percorso di molte altre studiose  che restituirono memoria a tale esperienza artistica: donne di letteratura (come Graziella Bernabò autrice di diversi saggi sulla Pozzi e fine studiosa del ricco epistolario), di cinema (si deve a Marina Spada il bel film Poesia che mi guardi del 2009, che parla di Antonia; di altri registi altri due film su di lei, con ottime interpretazioni femminili), senza dimenticare le esperte di fotografia già citate e – insieme ad altre voci – quella dell’attrice Elisabetta Vergani che ha messo in scena un bellissimo monologo teatrale intitolato “Per troppa vita che ho nel sangue”.
Insomma, pur non sottovalutando le intense pagine di critici come Stefano Crespi e  Goffredo Fofi, del filosofo Fulvio Papi, dello psichiatra Eugenio Borgna, e di molti altri importanti studiosi uomini e curatori dell’archivio Pozzi ora depositato a Varese all’Università dell’Insubria, ci sembra che l’universo espressivo di Antonia abbia coinvolto e accompagnato soprattutto il percorso di molte donne. Come quello di chi scrive, che ha conosciuto queste poesie grazie all’insegnamento liceale di un bravo professore di lettere alla fine degli anni ’70 e ancora le legge per sé e per i propri alunni e alunne.

L’allestimento della mostra al MUST.

Addendum di Mauro Reali, dopo avere visitato la mostra al MUST di Vimercate 
A differenza dell’amica e collega Antonella Cattaneo, che ha partecipato attivamente alla realizzazione di questo evento (uno dei tanti per celebrare i 40 anni del nostro Liceo) io non avevo mai visto le foto scattate da Antonia Pozzi, e – lo confesso – ho anche una conoscenza non troppo approfondita delle sue poesie. Pertanto mi sono accostato alla mostra con quella curiosità, unita a una buona dose di “impreparazione”, che mi ha forse consentito di godere appieno delle “parole leggere” che esse emanano. Parlano di una Milano fatta di Navigli aperti e lavandaie; di campagne lombarde popolate da pecore e pastori che sembrano strappati ai quadri di Segantini; di montagne innevate; di piccole cappelle devozionali; di volti di bimbi e di vecchi accomunati da una dolce tristezza. Parlano di quel mondo di cui spesso mi raccontavano i miei milanesissimi nonni, che di Antonia erano però un poco più anziani; un mondo che già avevo intravisto in qualche foto ingiallita – conservata in famiglia dentro qualche vecchia scatola di latta (mia mamma scappò dalle bombe di Milano rifugiandosi proprio in Valsassina) – e del quale ho potuto respirare gli ultimi echi bazzicando, da bambino, quella stessa Brianza che la Pozzi amava. Vedere quelle foto è stata dunque un’emozione forte, per me, ma credo lo sarà per chiunque visiterà la mostra vimercatese, che – come ha detto il preside del “Banfi” prof. Giancarlo Sala all’inaugurazione – non può che essere un invito alla ricerca della bellezza.
Quella bellezza che, forse, la breve vita di Antonia ha percepito solo per barbagli – per citare Montale – ma che certo le sue foto e i suoi versi ci hanno lasciato come melanconica, a tratti struggente, eredità.

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Antonella Cattorini Cattaneo

Insegna Storia e Filosofia al Liceo “Antonio Banfi” di Vimercate.

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