Filosofia e prima prova scritta

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In qualche misura, l’Esame di Stato è una preziosa cartina tornasole, capace di portare alla luce ciò che sta a cuore alla classe politica al governo riguardo alla formazione delle giovani generazioni. A guardare le tracce appena uscite per la prima prova dell’Esame di Stato è evidente che coloro che, nei mesi scorsi, hanno difeso l’importanza della storia per la formazione culturale delle giovani generazioni hanno ottenuto che la prova prevedesse per la storia un ampio spazio. Ovviamente, lo dico anche da insegnante di storia, di questo c’è da stare contenti. Lo stesso non può dirsi però, purtroppo, per la filosofia, sempre stando alle tracce.

La prima obiezione a questa amara presa d’atto è che ciò è inevitabile, perché, a parte i licei, la filosofia non viene trattata negli altri indirizzi di istruzione superiore, diversamente dalla Storia. Si tratta però di un’obiezione che tiene solo se si riduce la filosofia alla serie di autori e correnti presentati nei manuali, cioè alla Filosofia come disciplina (si noti la maiuscola). Si può infatti fare filosofia anche senza passare necessariamente per i suoi classici, e anzi così avviene solitamente quando, ad esempio, si affrontano direttamente questioni di etica, oppure quando si riflette sul diritto e la giustizia, sul significato della vita e sul senso del mondo. Un’obiezione più banale, ma che merita di essere qui affrontata, è che il termine “filosofia” compare nella Proposta B1, nel testo di Tomaso Montanari, come se bastasse essere menzionati per “esserci”. In realtà non solo non basta nominare la filosofia perché essa “ci sia”, ma non è neanche sufficiente citarne un esponente, visto che il nome di McLuhan compare nella Proposta B3.

La terza obiezione, secondo cui la filosofia sarebbe presente nella prima prova, perché alcune competenze filosofiche sono presenti nell’argomentare previsto dalla tipologia B, mi pare non comprenda che, sebbene la filosofia sia un’attività che si svolge eminentemente (ma non esclusivamente) per via argomentativa (si pensi alle filosofie nemiche dell’argomentazione, come quelle irrazionaliste, quelle decostruzioniste e, più ampiamente, quelle postmoderne), l’argomentare non sia un marchio distintivo del filosofico. Esso infatti si avvale semmai di competenze trasversali a più discipline.

Una quarta obiezione è che la filosofia è presente, per quanto in maniera laterale, nelle tematiche proposte, e può illuminare la discussione di alcuni dei contenuti offerti agli studenti. Qui si deve dare atto, anche con un certo sollievo, che l’obiezione coglie nel segno: va riconosciuto che la filosofia, sostanzialmente assente, riesce in qualche misura e talvolta persino in forme alte a rimanere in campo. Un primo esempio è dato dalla proposta B2, ove si parla del «paradosso fondamentale del genere umano: la mente umana è, allo stesso tempo, geniale e patetica, brillante e stolta». Un rompicapo antropologico con conseguenze mozzafiato sulla ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e, vorrei aggiungere, l’etica applicata.
Forse però il vertice filosofico, nelle proposte ministeriali, si trova proprio in apertura, nella prima proposta (A1), ed è messo in bocca a Ungaretti che si chiede: «Ma Dio cos’è?». Si tratta forse della più alta tra le domande filosofiche. Essa, non a caso, ridesta l’umano del poeta, lo risveglia e gli apre gli occhi sul mondo e sulla vita. Siamo dunque grati al senso religioso di Ungaretti, alla sua domanda viva, ridestata dal dolore e dalla morte, perché egli ci fa riflettere. Peccato però che le richieste della traccia pieghino la riflessione dello studente a un lavoro per lo più storico-letterario.

Nel complesso, bisogna insomma prende atto che questo modo di presentare le tracce, pur lasciando sul tappeto alcune questioni filosofiche, sottrae le giovani menti in formazione da quello che è forse il carisma più affascinante della filosofia, la sua propensione a problematizzare e a concettualizzare (e si badi che chiedersi se si ritiene che «la bellezza salverà il mondo» o se «la bellezza non salverà proprio nulla, se noi non salveremo la bellezza» è travestire il buon senso da quesito filosofico, cfr. B1, p. 4).
Resta l’amara constatazione che se la Filosofia è morta, scomparsa, a quanto pare definitivamente dalle proposte ministeriali, non è del tutto morta la filosofia (con la minuscola). Aspettiamo che chi formula le tracce riesca però a recepire il vero portato della sensibilità filosofica che si esprime in un domandare vibrante e aperto alla concettualizzazione. Quando succederà, sarà un bene per le giovani generazioni.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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