Esattamento: intrappolati nella rete

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Non si tratta di un lapsus, tantomeno di un refuso. Esattamento (o exattamento) è una parola d’autore, non ancora entrata nei dizionari generali di italiano.

digitale

L’onomaturgo è il noto Stephen J. Gould, che ha introdotto il termine (in inglese exaptation) nell’ambito della biologia evolutiva per indicare il fenomeno contrario all’adattamento (il prefisso ex-, dal lat. ex ‘fuori’, allude a un movimento contrario rispetto ad ad-, dal lat. ad ‘verso’): se nell’adattamento è la funzione a creare l’organo (come nel famoso esempio del collo delle giraffe), nell’esattamento è l’organo a creare la funzione (come per le piume degli uccelli, che da strumenti di isolamento termico sono diventati strumenti per il volo). Il termine è stato recentemente ripreso ed esteso nel suo significato da Raffaele Simone, linguista e filosofo, nel saggio Presi nella rete. La mente ai tempi del web (Garzanti, 2012).

La comparsa di nuovi mezzi tecnologici in rete (in particolare smartphone, webcam e tablet) avrebbe creato funzioni e bisogni prima inesistenti (si pensi allo sviluppo della capacità di digitare col pollice, o al bisogno collettivo di comunicare in modo compulsivo): una gigantesca operazione di esattamento, dunque. L’insieme dei mezzi che ci circondano, e che Simone propone di chiamare mediasfera, avrebbe finito per modificare in profondità quella che – riprendendo questa volta un termine di Teilhard de Chardin – Simone chiama noosfera: la sfera della mente, ovvero “il modo in cui si creano e si elaborano il nostro sapere, le nostre idee e le nostre informazioni” (p. 21). È il trionfo di quella che Simone (in un volume eponimo apparso nel 2000) aveva già chiamato “Terza Fase”, caratterizzata dal passaggio dal predominio della lettura a quello della visione e dell’ascolto, e da una visione alfabetica di tipo sequenziale a una visione non alfabetica, all’insegna della simultaneità.

Il cambiamento di paradigma ha influenzato profondamente non solo le nostre abitudini quotidiane, ma anche il significato delle parole: il sito non è più un luogo reale, dove si fanno scavi archeologici o gite culturali, ma un luogo virtuale dove si fanno acquisti, incontri, ricerche. Navigare non vuol più dire soltanto viaggiare per mare o nei cieli, ma anche spostarsi nel grande ipertesto del web. “Il senso stesso della parola leggere è molto più ampio di trenta anni fa” (p. 24): non si tratta più di una pratica che richiede attenzione esclusiva, ma che ammette l’uso simultaneo di altri media; non è più un’attività solitaria, ma conviviale. Anche il testo digitale “altera alla radice i parametri del testo scritto così come lo conosciamo” (p. 90), eliminando ogni traccia materiale dell’autore e diventando continuamente modificabile e diffondibile. Memoria labile (o comunque delegata), attenzione discontinua e frammentazione dei saperi completano il quadro: la nostra mente, e soprattutto quella dei nostri figli (nativi digitali), è entrata in un nuovo orizzonte.

“L’esattamento produce mostri?”. “Internet ci rende stupidi?”. Domande che risuonano nel libro come nella mente di molti insegnanti. Pur ammettendo che “una gran varietà di cose che prima erano inimmaginabili ora ci risultano facili e naturali” (p. 26), è innegabile che siamo di fronte a un mutamento radicale del modo produrre la cultura, e di trasmetterla. Di fronte a questo cambiamento non può che accentuarsi lo scarto tra il mondo-dentro-la-scuola (che Simone, con singolare talento onomaturgico, battezza endopaideia) e il mondo-fuori-della-scuola (chiamato esopaideia): “il luogo in cui la conoscenza circola di più è ormai il mondo esterno, con il quale la scuola è quasi in opposizione” (p. 153). Ma le informazioni che provengono dall’esterno, e in particolare dalla rete, risultano irrelate e spesso inesatte: a differenza del sapere trasmesso dalla scuola, che aspira ad essere sistematico e di buona qualità.

Qual è dunque il bilancio costi-benefici, per il mondo della scuola? Per citare le parole usate da Raffaele Simone in un suo intervento sul tema: “Nella scuola, l’uso della rete introduce un formidabile elemento di rapidità di accesso e di reperibilità di dati introvabili, ma insieme un elemento di deconcentrazione e di superficialità nell’apprendimento; e poi smaterializza alcuni ambiti di esperienza, dove la materialità sarebbe essenziale: pensiamo alla fisica o alle scienze in generale. E infine nessun libro elettronico ha la flessibilità d’uso del libro di carta, sebbene quest’ultimo abbia un peso materiale. […] Chi vivrà vedrà. […] Ma sarà bene ricordare un motto del grande Elias Canetti: “Il progresso ha dei vantaggi. Ma ogni tanto scoppia” (in La provincia dell’uomo)”.

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Cristiana De Santis

Ricercatrice di Linguistica italiana presso l’Università di Bologna (sede di Forlì). È coautrice della grammatica Sistema e testo (Loescher, 2011).

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