Abbiamo lasciato Edmond nella cella dell’abate Faria, alle prese con un lento e doloroso processo di autoconoscenza e di acquisizione di consapevolezza. Ma una volta compresa l’origine delle proprie sventure e dato un senso alla sua storia, il nostro prigioniero cambia completamente comportamento.
Innanzitutto, comincia a meditare la vendetta. Se prima voleva mettere fine alla sua vita, adesso desidera avere un futuro. Ora vive come se dovesse, un giorno, uscire da quel castello. Per questo decide di cominciare a studiare.
Faria è una grande conversatore, ed è un sapiente, un uomo di cultura: un maestro. Edmond sarà il suo allievo. I due concordano un piano educativo, che entrambi seguono scrupolosamente: comprende le lingue, i comportamenti della nobiltà, la matematica, il ragionamento filosofico, l’alchimia.
Faria mostra a Dantès anche la mappa di un tesoro straordinario, che sarebbe nascosto in una grotta sull’isola di Montecristo, davanti alle coste maremmane. È un tesoro talmente favoloso da apparire inverosimile: un tesoro immaginario – nessuno lo ha mai visto – e comunque irraggiungibile. Almeno fino alla fuga dal carcere, che i due meditano e perseguono per lungo tempo.
Fino al giorno della morte di Faria: è quello il momento cruciale della vita di Edmond, che proprio quando sembra perdere per sempre le speranze di fuga ha un’idea geniale, che gli salverà la vita. Trova infatti il modo di sostituirsi al cadavere dell’amico, e verrà sepolto al suo posto nel cimitero d’If: il mare. A quel punto è fuori dal castello: in mare aperto, in mezzo a una tempesta, ma finalmente libero. Tratto in salvo da contrabbandieri italiani, riesce a farsi portare sull’isola di Montecristo.
Naturalmente, il tesoro viene trovato. Una grotta ricolma di oro, di pietre preziose e di gioielli. Un tesoro da favola.
Scese, tolse il masso, si riempì le tasche di pietre, rimise a posto lo scrigno, lo ricoprì di terra, pestò il terreno, vi gettò sopra un po’ di sabbia per nascondere le tracce del recente scavo, uscì dalla grotta, riposizionò la lastra, le ammucchiò sopra diverse pietre di varia grandezza, infilò la terra nelle fessure e vi piantò mirti e eriche, li annaffiò, poi cancellò le tracce dei suoi passi e attese con impazienza il ritorno dei compagni. Ora infatti non doveva trascorrere il tempo a guardare l’oro e i diamanti e rimanere a Montecristo come un drago che sorveglia i suoi tesori. Ora bisognava tornare alla vita, in mezzo agli uomini, e assumere il rango, l’influenza e il potere che in questo mondo danno le ricchezze, che sono la prima e la più grande delle forze di cui possa disporre la creatura umana. [Il conte di Montecristo, capitolo 25]
A questo punto Edmond può diventare il conte di Montecristo: un uomo bello, intelligente, incredibilmente ricco, che ha molto imparato dal suo maestro, l’abate Faria, ma che per diventare davvero in grado di usare quelle risorse ha bisogno di studiare ancora. Per questo viaggerà, soprattutto in Oriente, dove farà esperienze fondamentali e conoscerà molte persone. E poi, solo quando sarà pronto, arriverà a Parigi, dove metterà in atto la sua vendetta.
Edmond non si lascia distruggere dal tesoro: al contrario, egli lo utilizza per potenziare le proprie capacità e dotarsi degli strumenti che gli servono per portare a termine la sua missione.
Ora anche tu, lettore o lettrice, immagina di aver appena ricevuto un tesoro, una grande quantità di denaro, che ti consentirebbe di acquisire un enorme potere su te stesso e sugli altri. Immagina che il tesoro rappresenti un’opportunità per realizzare la tua missione. Individuala, la missione, descrivila in maniera dettagliata. Cosa vuoi realizzare? Che cosa ti serve per riuscirci? Traccia il percorso che ti porterà all’obiettivo.
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