Dentro la scatola nera #2. Valutare senza misurare

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Secondo articolo della rubrica, a cura di Sonia Bacchi, sui “racconti di scuola senza voto”. La valutazione dialogica nella Scuola del Gratuito

 

La rete di insegnanti che si riconosce nella Pedagogia del Gratuito ha svolto esperienze di ricerca sul tema della valutazione in alcune scuole primarie e secondarie di primo grado delle province di Pesaro e di Rimini a partire dai primi anni 2000 a oggi. Pur lavorando all’interno di un sistema scolastico propenso alla classificazione, alla meritocrazia e alla competitività e ben strutturato su tali parametri, essi sono riusciti a produrre esperienze significative dal punto di vista di un’organizzazione alternativa della valutazione e anche dei risultati. Non potendo ignorare gli obblighi normativi a cui erano sottoposti, gli insegnanti ricercatori hanno studiato forme di valutazione che togliessero quanto meno enfasi e centralità alla pura misurazione di prestazioni, per dare spazio a un tipo di valutazione capace di valorizzare le capacità e le intelligenze individuali, attraverso forme diverse di dialogo tra i soggetti scolastici.

Sono state attuate modalità di valutazione tese a tranquillizzare emotivamente gli allievi, quindi a renderli coscienti delle loro capacità, compartecipi e responsabili dei loro progressi, motivati a migliorarsi.

Gli insegnanti hanno chiesto prima di tutto ai propri ragazzi di riflettere sulla bellezza del sapere e delle scoperte che ognuno può fare attraverso lo studio, arrivando a concordare come l’ansia delle verifiche e delle misurazioni rovini tutto. Dopodiché si è proposto loro di intraprendere modalità nuove di valutazione che non avessero bisogno di attribuire voti o giudizi, ma che facessero capire chiaramente, del percorso di crescita, le tappe raggiunte, i modi e l’impegno necessari per migliorarsi. Di tale intenzione sono state informate le famiglie, attraverso gli allievi stessi nella scuola secondaria, con una riunione tra genitori e insegnanti nella scuola primaria. Nelle righe che seguono vengono illustrate separatamente per i due ordini scolastici le linee d’azione usate. Seppure l’intento sia unico sono, infatti, inevitabilmente diverse le modalità di approccio sia per l’età degli allievi, sia per il contesto scolastico (ad esempio il numero di insegnanti, la presenza o meno di esami), sia per le attese delle famiglie.

Nella scuola primaria il lavoro è stato impostato con la partecipazione ed il consenso di tutti i genitori, ai quali sin dall’inizio dell’anno è stato chiesto di partecipare attivamente al progetto; sono quindi resi consapevoli e acconsentono al fatto che non vengano apposti sui quaderni o sulle verifiche voti o giudizi di merito (faccine comprese) e che nel documento ufficiale di valutazione risulti un nove per tutti. Al momento della consegna la maestra dà la “pagella” ai genitori, con la raccomandazione di tenerla per sé, e ai bambini una lettera di valorizzazione, la vera valutazione, da leggere insieme al babbo e alla mamma. È un messaggio che indica con precisione i punti di forza e di debolezza del bambino e usa un linguaggio che, pur indicando gli sforzi da fare, comprende e valorizza la globalità della sua persona. A titolo di esempio si riportano due di tali lettere.

Caro D…,

a scuola sei interessato, curioso, disponibile, ma non sempre attento. Hai continuamente qualcosa in mano: la colla, un pezzo del temperino, la pagina del quaderno, gli occhiali che ti cadono sul naso… E come stai seduto sul banco? Così sei distratto e a volte, purtroppo, sbagli. Il tuo astuccio è un disastro! Vero? Te lo dico sempre. Non c’è un colore al suo posto, matita e gomma sono buttate come pezzi di carta in un cestino, ti manca sempre qualcosa o non trovi quello che ti serve perché l’hai messo chissà dove. Fai aspettare tutti perché spesso non hai il materiale. Vero? Partecipi alle attività e intervieni spesso. A volte fai sorridere perché dici la frase giusta al momento giusto, infatti ti chiamo “D…, il saggio”. Vedo che rispetti le regole, sei bravo, buono, corretto con i compagni, presti volentieri le tue cose, non litighi con nessuno e ti piace stare con tutti. Mi piacerebbe se diventassi un po’ più ordinato. Cosa dici? Ci provi?

 

Cara N…,

Vedo che ti impegni davvero moltissimo e nel tuo lavoro hai fatto tantissimi progressi. Sei diventata molto brava a leggere. Sei interessata, pronta e attenta. Mi piacerebbe che partecipassi un po’ di più. È vero che sei molto timida e anche un po’ insicura, pensi di non saper dare la risposta giusta o di non saper trovare la soluzione a un problema. A volte impieghi molto tempo a rispondere e fai aspettare un po’ tutti, perché pensi di non essere capace, ma non è così. Non è vero!!! Se vuoi sei capace e quando questo succede sei talmente felice che tutte le volte ti dico: “Se potessi ti filmerei!” Vero!!! Tu lo sai che si può sbagliare. Alza quella mano e intervieni, se sbagli non importa! Ok? Sei ancora un po’ lenta nell’esecuzione del tuo lavoro, spesso cancelli anche le cose giuste e devi riscriverle nuovamente, mi piacerebbe che diventassi un po’ più veloce. Cosa dici? Ci provi? Con i compagni sei abbastanza corretta, anche se a volte litighi o fai dei dispetti.

La valutazione valorizzante non è un episodio isolato, non riguarda solo il momento della “pagella”; anzi, esso è semmai la conclusione logica di un percorso che si realizza e si snoda via via durante la vita di classe quotidiana. Ogni lezione è un’occasione per ribadire ai bambini la gratuità dell’apprendere: non si parla più di voti in classe; i lavori eseguiti correttamente vengono gratificati verbalmente dalla maestra, quelli errati segnalati al bambino, che corregge e riceve la stessa gratifica per l’impegno che ha messo. Le verifiche sono normali lavori che servono all’insegnante per capire come adattare il proprio insegnamento alle capacità dei suoi allievi; gli allievi non sanno neppure che sono verifiche. Tutti vengono valorizzati per i loro progressi, anche piccoli. Ogni attività coinvolge tutto il gruppo: una parola detta dal bambino più intuitivo mette sulla buona strada un altro che stimola il pensiero di un altro ancora, e così via, finché tutto il gruppo costruisca la soluzione. Chi fa più fatica viene sostenuto dagli altri e non classificato o giudicato, perché non esiste più la competizione per il voto migliore, ma ognuno la sfida la fa con sé stesso per scoprire i propri doni e capacità, comprendere la propria bellezza e unicità, portare agli altri la sua ricchezza per il bene comune. Ciò conduce i bambini a sentirsi parte di un gruppo, a comprendere in modo concreto e non solo intellettuale cosa significhi diventare un buon cittadino.

Il percorso di valutazione nella scuola secondaria di primo grado, pur mantenendo un approccio simile a quello della primaria nel coinvolgimento delle famiglie e nel lavoro di classe con i ragazzi, sviluppa, per ragioni già dette, modalità peculiari.

In questo tratto di percorso scolastico risulta ovviamente più difficile introdurre una valutazione completamente alternativa, come realizzata nella scuola primaria, in quanto occorre mettere d’accordo un notevole numero di insegnanti e superare barriere culturali più radicate. La maggior parte delle volte è il singolo educatore ad assumersene la responsabilità.

Anche così, la scelta di valutare in modo gratuito produce comunque risultati significativi. L’esperienza che segue, realizzata dal singolo insegnante, è divenuta ormai un punto di riferimento nell’ambito della Pedagogia del Gratuito.

All’inizio della classe prima (e poi solo per conferma all’inizio di ogni anno scolastico) l’insegnante parla ai ragazzi della valutazione senza voto, spiegando loro che al posto del voto numerico potranno ricevere sul foglio di verifica una lettera del tipo “caro Mario…” in cui saranno spiegati gli errori e i punti di forza del lavoro svolto con i suggerimenti per poter migliorare. Egli chiarirà che lo scopo è quello di valutare il lavoro, non la persona, di far tesoro degli errori per crescere, evitando di finalizzare l’impegno al voto e alla competizione con i compagni. Gli allievi stessi avranno il compito di presentare ai propri genitori la proposta, e ciò per due ragioni sostanziali: sia per assumersi la responsabilità di discutere e sostenere la loro scelta, mettendo a prova le loro motivazioni (ciò diviene anche un’ottima occasione di dialogo in famiglia sui valori più importanti), sia per una necessità specifica dell’insegnante di scuola secondaria, quella di tenere un basso profilo in un ambiente assolutamente non favorevole a iniziative di genere libertario. Normalmente l’adesione spontanea alla proposta (cioè prima di consultare la famiglia) degli studenti è prossima al 90% della classe: per l’esperienza che hanno del voto, ragazzi e ragazze ne comprendono subito gli effetti positivi in termini di benessere personale. Un po’ meno le famiglie, spesso legate al mito del merito: al ritorno in classe infatti solo un 50% circa degli allievi dichiara di aderire di fatto al nuovo modello di valutazione. I genitori che acconsentono lo fanno per convinzione sulla bontà di tale modello e per il fatto che il proprio figlio lo vive come fattore liberante. Non è infatti l’insegnante a tentare di convincerli, ma i figli stessi.

Si formeranno così due gruppi, uno con valutazione dialogica e valorizzante, costituito da chi ha accettato la proposta, l’altro con il metodo tradizionale del voto. Ciò rende possibile condurre un’indagine per capire quali sono le conseguenze di tali scelte. Non tutti gli anni i due gruppi risultano composti in modo omogeneo per quanto riguarda il numero, la distribuzione per sesso e per livello di partenza, per cui non sempre è possibile dare un valore di scientificità alla stessa. Quando ciò avviene i risultati costituiscono materiale di interesse scientifico. A titolo di esempio vengono riportati i dati dell’indagine compiuta in una classe prima nell’anno scolastico 2010/2011 per ciò che riguarda l’insegnamento della Matematica e delle Scienze.

Nella prima tabella vengono riportati il numero di aderenti ai due gruppi di sperimentazione e la loro suddivisione per livello di partenza, valutato nelle verifiche dei primi tre mesi di scuola in modo complessivo tra matematica e scienze.

Gruppo N° allievi Livello didattico di partenza
incerto medio soddisfacente
Senza voto 10 4

40% del gruppo

4

40%

2

20%

Con voto 15 5

33% del gruppo

5

33%

5

33%

Al termine dell’anno scolastico la situazione didattica, misurata in termini di “miglioramento”, è evoluta nel modo illustrato dalla successiva tabella.

Gruppo Migliorati totale Stazionari totale Calati totale
Senza voto 70% 20% 10%
Con voto 40% 27% 33%

I risultati sono stati scorporati e analizzati anche per gruppi di livelli di partenza.

Gruppo Livello did. Incerto Livello did. Medio Livello did. Soddisf.
Migl. Staz. Scesi Migl. Staz. Scesi Migl. Staz. Scesi
Senza voto 50% 50% 00% 100% 00% 00% 50% 00% 50%
Con voto 40% 20% 40% 60% 20% 20% 20% 40% 40%

*dove migl. = migliorati; staz. = stazionari;

Appare chiara la differenza in percentuale tra i miglioramenti del gruppo senza voto rispetto a quello di controllo, costituito dai ragazzi che hanno scelto il voto. Anche all’interno dei tre gruppi di livello si nota che i risultati sono comunque sempre superiori nel gruppo senza voto (ad eccezione del dato livello soddisfacente “Scesi”, che riguarda un solo alunno come frequenza assoluta, ma dà luogo a un 50% essendo il totale di due alunni). I dati di una classe e di un anno non potrebbero essere di per sé significativi, se non fosse che l’esperienza è stata ripetuta regolarmente dall’anno scolastico 2000/2001 al 2019/2020, producendo risultati sempre a favore del gruppo senza voto.

In conclusione, i dati numerici appaiono chiari da interpretare. Certo, la ricerca va allargata a insegnanti diversi, in scuole diverse, in situazioni diverse, su molti più allievi. Lo scopo di questa presentazione non è quello di esaurire l’argomento, semmai di proporlo come obiettivo di indagine per altri ricercatori, fornendo prime risposte. Si è partiti pensando di dimostrare che una valutazione dialogica non incide negativamente sull’impegno e sui risultati degli allievi per arrivare a concludere che, anzi, con tutta probabilità li favorisce: il voto non aiuta quindi l’apprendimento e non ha quell’effetto motivante che gli viene tradizionalmente attribuito. Le cause possono essere ricercate nello stress da competizione, forse nell’effetto ansiogeno del voto vissuto come misurazione della propria persona attraverso l’abilità misurata. Chi insegna sa che sono piuttosto frequenti i casi di bambini e ragazzi che prima delle verifiche accusano malesseri vari come nausea, mal di pancia, sudorazione eccessiva eccetera. La scuola, d’altra parte, induce gli studenti a credere che il voto sia il perno fondamentale della vita scolastica, attorno a cui ruotano la motivazione, l’impegno, il comportamento.

Anche le esperienze condotte nella scuola primaria ci portano alle stesse conclusioni. Sono dati, quelli che noi raccogliamo, frutto dell’osservazione continua delle stesse insegnanti e dei riscontri che esse trovano nel modo di porsi dei loro allievi nei confronti del sapere, dello studiare, dell’impegnarsi, dell’aiutarsi reciprocamente, del vivere sereni la scuola; anche i genitori vedono i propri bambini partecipare e andare a scuola contenti e trovano la possibilità di un dialogo competente con la scuola.

Nell’esperienza degli insegnanti con anni di carriera alle spalle ci sono i bambini formati alla scuola del profitto e bambini educati nella Gratuità. Il confronto è inevitabile. I bambini educati ad apprendere senza voti sono più stimolati a fare e affrontano il loro impegno di studenti senza preoccupazione. Sono più autonomi, si fanno domande, non vanno in crisi se non sanno rispondere, sono motivati e curiosi, sono contenti di venire a scuola; si sentono tutti bravi, e quando qualcuno manifesta le proprie capacità in qualche cosa gli altri non sono invidiosi, ma contenti. Non si prendono in giro, tutti stanno con tutti e sanno lavorare insieme. Si è persino notato che sono i primi a tornare al lavoro quando la campana suona alla fine dell’intervallo.

Le famiglie vedono i loro figli contenti, sereni, maturi, e così lo sono anche loro. Cercano maggiormente un confronto con la scuola perché non si sentono giudicati e accettano anche i giudizi severi, perché sentono che il figlio è accettato per quello che è. In questo modo nasce una continuità tra scuola e casa che aiuta moltissimo i bambini. La scuola inizia allora a configurarsi come una comunità educante, in cui tutti i soggetti si pongono lo stesso obiettivo, che non è quello di “formare persone”, ma liberare i doni che si celano in esse, per crescere non come un insieme di “io” in competizione, ma come un unico “noi” solidale.


Bibliografa

Associazione Papa Giovanni XXIII, Il Manifesto della scuola del Gratuito, Autoproduzione, Rimini 2003

Ferdinando Maria Ciani, La scuola di Pinocchio, Esperienze, Fossano 2001

Ferdinando Maria Ciani, A scuola senza profitto, Sempre, Legnago 2008

Ferdinando Maria Ciani, Scuola del Gratuito, Sempre, Legnago 2013

Célestin Freinet, I detti di Matteo, La Nuova Itala, Firenze 1976

Célestin Freinet, Le mie tecniche, La Nuova Italia, Firenze 1986

Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria editrice fiorentina, Firenze 1988

Maria Montessori, Educazione per un mondo nuovo, Garzanti, Milano 2006

Rubem Alves, La scuola che ho sempre sognato, EMI, Bologna 2003

Alexander Sutherland Neill, I ragazzi felici di Summerhill, RED, Novara 2004

Francesco Codello, Irena Stella, Liberi di imparare, Terra Nuova, Firenze 2011

Howard Gardner, Formae mentis, Feltrinelli, Milano 2010

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Augusta Moletto, Riziero Zucchi, La metodologia Pedagogia dei genitori, Santarcangelo di Romagna, Maggioli 2013

Ferdinando Maria Ciani, Apprendere è bello… senza voto è meglio sul sito Scuola del gratuito


Chi ha scritto

L’equipe della Scuola del Gratuito, cui appartengono gli autori dell’articolo, è costituita da insegnanti e genitori che condividono un ideale e una visione di scuola impostati sulla gratuità educativa. Essi lavorano per diffondere i principi della Pedagogia della Gratuità attraverso corsi di formazione, interventi nelle scuole su richiesta, convegni a livello nazionale. Il territorio che vede nascere l’esperienza, attorno alla metà degli anni Novanta, va dalla Repubblica di San Marino alla provincia di Rimini e Pesaro-Urbino, ma nel corso degli anni la Scuola del Gratuito si estende a numerosi insegnanti e ricercatori, nonché a diverse istituzioni scolastiche italiane che ne colgono oltre alla valenza pedagogica generale anche l’innovativo pensiero in tema di valutazione. La Pedagogia della Gratuità nasce da una provocazione di Don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, sulla necessità di progettare una società diversa, basata su meccanismi alternativi al profitto, il cui centro siano le relazioni di gratuità tra le persone. Alcuni insegnanti cominciano ad applicare i principi di tale Pedagogia all’interno delle loro classi, nei vari ordini scolastici, cercando di dare vita a una scuola capace di sviluppare le risorse possedute da ognuno, secondo il progetto irripetibile che contiene, al di fuori di ogni logica di profitto. I valori centrali che la rappresentano sono la partecipazione e la cooperazione di tutti i soggetti coinvolti (insegnanti, studenti, genitori), la motivazione allo studio, la valorizzazione delle diversità, la cura e l’inclusione dei più deboli.
L’obiettivo didattico, non disgiunto da quello educativo, diviene insegnare a imparare, trasmettere amore per lo studio e passione per ciò che si fa, attraverso una didattica più lenta che si adegua ai ritmi di chi è più in difficoltà, che è quindi capace di scendere in profondità e sviluppare lo spirito critico.

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