I decreti delegati lo individuarono al Capo IV di quel decreto – Organi Collegiali a livello Nazionale – (artt. 16, 17 e 18); tale normativa è stata successivamente trasfusa negli artt. 23, 24 e 25 del T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione, approvato con decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297.
Tale organismo, presieduto dal ministro dell’Istruzione – più o meno Pubblica, a seconda delle smanie privatistiche dei vari governi – era composto da consiglieri per la gran parte eletti dalle varie categorie del personale scolastico, e ha esplicato le sue funzioni consultive di natura essenzialmente tecnico-professionale, formulando pareri facoltativi o obbligatori, in taluni casi anche vincolanti, espressamente richiesti dall’Amministrazione, o pronunce di propria iniziativa.
L’art. 18 ne individuava le funzioni:
[il CNPI]
a) formula annualmente, sulla base delle relazioni dell’amministrazione scolastica, una valutazione analitica sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei relativi servizi;
b) formula proposte in ordine alla promozione della sperimentazione e della innovazione sul piano nazionale e locale, e ne valuta i risultati;c) esprime, anche di propria iniziativa, pareri su proposte o disegni di legge e in genere in materia legislativa e normativa attinente alla pubblica istruzione;
d) esprime pareri obbligatori: sui ritardi di promozione, sulla decadenza e sulla dispensa dal servizio, sulla riammissione in servizio del personale ispettivo e direttivo di ruolo delle scuole e istituti di ogni ordine e grado e del personale docente di ruolo della scuola secondaria superiore e artistica; sulla utilizzazione in compiti diversi del personale dichiarato inidoneo per motivi di salute; sulla restituzione ai ruoli di provenienza del personale direttivo nei casi previsti dal quarto comma dell’art. 114 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, numero 417, relativo allo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo delle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche;
e) esprime parere vincolante sui trasferimenti d’ufficio del personale appartenente a ruoli nazionali per accertata situazione di incompatibilità di permanenza nella scuola o nella sede;
f) si pronuncia su ogni altro argomento attribuito dalle leggi o dai regolamenti alla sua competenza;
g) si pronunzia sulle questioni che il Ministro per la pubblica istruzione ritenga di sottoporgli.
Un ruolo non neutro, che avrebbe dovuto, nelle intenzioni del legislatore, rendere il CNPI “organo di garanzia dell’unitarietà del sistema nazionale dell’istruzione e di supporto tecnico scientifico per l’esercizio delle funzioni di governo”. Proposte e pareri obbligatori: voleva dire o avrebbe voluto dire (imperfetto e condizionale sono d’obbligo) che – per quanto riguarda le materie indicate – non si poteva procedere senza la formulazione del parere di questo organo. In buona sostanza si tratterebbe dell’organo garante della libertà di insegnamento nella sua forma più alta. Ma come può (e come poteva) tale organo espletare tale funzione, se esso è presieduto dal ministro di turno, portatore delle politiche del governo di turno? Nonostante molte volte – e in particolare durante le mobilitazioni per il ddl Aprea Ghizzoni – una parte della scuola abbia chiesto di sanare quest’anomalia e questa contraddizione, appellandosi a esempi quale quello del Consiglio Superiore della Magistratura, che esercita le sue funzioni di organo di autogoverno della magistratura stessa, determinando il mantenimento dell’autonomia di tale organo rispetto a tutti gli altri organi dello Stato, ogni appello è stato inascoltato. Non solo.
Nel frattempo il ministro Berlinguer, che aveva avviato il processo di aziendalizzazione della scuola, con il DPR n. 233/99 riordina il sistema degli organi collegiali territoriali, eliminando ogni competenza in materia disciplinare e di mobilità di ufficio.
Dal 1999, però, governi centro-sinistra e di centro-destra, ritenendo evidentemente superate queste “limitate” forme di partecipazione democratica, non si sono mai preoccupati di attivare tali organismi. Prova ne è la prospettiva iper-gerarchizzante che la scuola ha assunto e che assumerà se la nuova figura del dirigente manager, responsabile persino del reclutamento, dovesse passare, come proposto dall’attuale Governo.
Ma nel corso degli anni, non essendo stato istituito il nuovo CSPI, il CNPI è stato prorogato per 3 anni consecutivi, e successivamente abolito, con conseguente sanatoria degli atti adottati dal Ministro (per esempio le immissioni in ruolo del personale scolastico) senza il previsto parere.
È di questi giorni la notizia che le nuove elezioni per del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) sono state fissate, con ordinanza Miur n. 7, per il 28 aprile 2015: in grave ritardo rispetto alla data stabilita dal decreto del giugno 2014, che lo voleva costituito per il 31 dicembre 2014 (con l’indicazione di un ulteriore termine perentorio del 30 marzo 2015).
Il nuovo organo si chiamerà Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI) e disciplinato – come dicevamo – dal D. Lvo. 233/99, nel quale trova compimento l’ispirazione neo-liberista che ha caratterizzato l’insieme dei provvedimenti di riforma della governance della scuola di Luigi Berlinguer (Dirigenza, Autonomia, nuovo regolamento di contabilità, Legge di parità, ecc.).
Dal confronto tra il vecchio e il nuovo organismo emergono alcune differenze significative:
Mentre il CNPI era un organismo di rappresentanza democratica con una molteplicità di compiti, tra i quali l’elaborazione di pareri, obbligatori se pur non vincolanti, sulla gran parte degli atti del governo e dell’amministrazione in materia scolastica e con poteri vincolanti per quanto concerne la gestione degli aspetti disciplinari del personale docente, il CSPI è ridotto, nella sostanza, alla sola funzione di “supporto tecnico-scientifico per l’esercizio delle funzioni di governo in materia di istruzione”.
Quanto alla composizione, nel CNPI era largamente preponderante la componente elettiva e solo una piccola parte, in rappresentanza del mondo del lavoro, era designata dal CNEL. Il nuovo CSPI, invece, sarà per metà elettivo e per l’altra metà di nomina diretta del ministro, per un totale di 36 membri. Tra l’altro, poiché la componente elettiva comprende anche 3 rappresentanti delle minoranze linguistiche e 2 dei dirigenti scolastici, la quota riservata alla “scuola di tutti” si riduce ad appena un terzo, 12 insegnanti e 1 ATA!!!
Vale la pena di sottolineare come diverse decine di migliaia di insegnanti di scuola dell’infanzia saranno rappresentati da un solo loro collega, mentre le poche migliaia di dirigenti scolastici avranno nel nuovo organismo 2 rappresentanti!
Della componente non elettiva fanno parte anche tre rappresentanti delle scuole paritarie, nominati dal ministro su indicazione delle associazioni rappresentative del settore. Anche in questo caso è da notare che si tratta dello stesso numero di rappresentanti che era presente nel vecchio CNPI che però aveva ben altra numerosità, più del doppio. Tanto per parlare di “adeguata rappresentanza”…
Infine, le modalità di elezione. Il Decreto 233 prevedeva per il nuovo CSPI un meccanismo di elezioni di secondo livello a cascata così concepito: i rappresentanti delle varie componenti (insegnanti, ATA e Dirigenti) nei Consigli d’Istituto avrebbero eletto i propri rispettivi rappresentanti negli organismi regionali (o eventualmente in quelli territoriali), i quali a loro volta avrebbero eletto i rispettivi rappresentanti nel CSPI. Un meccanismo “all’americana” sulla cui non democraticità credo non servano commenti.
Proprio su quest’ultimo punto si è incagliata la riforma di Berlinguer, a seguito di una levata di scudi della conferenza Stato-Regioni che rivendicava per le Regioni il potere di decidere sugli organismi territoriali e regionali. In concreto il nodo non è stato sciolto, e si è proceduto alla proroga del CNPI fino al suo scioglimento di fatto per mancato rinnovo della proroga. Il resto – ricorsi e pronunciamenti del TAR e del Consiglio di Stato e conseguente indizione delle elezioni – è cronaca di questi giorni.
Vediamo cosa prevede l’ordinanza.
In virtù di una possibilità di deroga espressamente prevista dal D.L. 90 del 2014, l’elezione del CSPI non avverrà con elezioni di secondo livello, impossibili vista la mancanza degli organismi territoriali, ma a suffragio universale tra gli appartenenti alle tre componenti (docenti, ATA, DS).
Per la presentazione delle liste è sufficiente la sottoscrizione di 10 elettori. Ciò significa che potrebbe esserci un numero enorme di liste che però non avranno molte possibilità di affermarsi, salvo che non facciano riferimento a organizzazioni che dispongono di una presenza capillare, o almeno adeguatamente diffusa, su tutto il territorio nazionale. L’illustrazione dei programmi di ciascuna lista, infatti, in specifiche riunioni a livello di scuola, “può essere effettuata soltanto dal presentatore di lista, dai candidati, dalle organizzazioni sindacali e dalle organizzazioni professionali per le rispettive categorie da rappresentare”.
Poiché le liste possono essere costituite in numero non superiore agli eleggibili (da 1 a 4 a seconda del grado scolastico) aumentato di un terzo, il numero di possibili presentatori è estremamente limitato. Nell’ordinanza si fa menzione anche dei rappresentanti di lista, uno per seggio elettorale che coincide con la scuola, ma a una prima lettura questa figura sembra esclusa da un ruolo attivo riconosciuto nella fase di propaganda. È probabile che quest’aspetto venga chiarito con le circolari che inevitabilmente seguiranno nei prossimi giorni.
La tempistica è micidiale: entro il 13 marzo la costituzione delle Commissioni elettorali d’istituto, entro il 27 marzo devono essere presentate le liste, corredate dalle dichiarazioni di accettazione dei candidati e dalle firme autenticate dei dieci sottoscrittori, per arrivare al voto il 28 aprile.
Un’ultima considerazione. Il processo che si avvia è infinitamente lontano da una concezione di sia pur minima di democrazia scolastica, tanto nelle modalità quanto negli esiti.
Alla fine di questa giostra infernale, che difficilmente potrà vedere un reale coinvolgimento della gran parte di docenti e ATA (studenti e genitori sono esclusi del tutto), verrà fuori un organismo perfettamente controllabile, niente più che una sorta di “consigliere del principe” con al massimo un diritto di tribuna per le pochissime voci fuori dal coro che potranno farne parte.
Di fatto, saremo chiamati a partecipare a una partita truccata.
Di Marina Boscaino e Vito Meloni (componente ultimo CNPI)