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Attualità

La domanda è: vogliamo scegliere una scuola che si centri sui contenuti o una scuola che si centri sulle competenze? Una scuola centrata sugli allievi e i loro bisogni o sugli insegnanti e i loro bisogni? La risposta starebbe nelle Indicazioni Nazionali, se qualcuno si prendesse la briga di leggerle.
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Inauguriamo oggi la rubrica Convergenze: contaminazioni «fra la letteratura e le altre discipline (matematica, neuro-scienze, giurisprudenza, ecc.), viste non dal punto di vista della situazione universitaria e culturale in senso ampio, ma da quello concreto delle discipline insegnate a scuola». La firma è quella di Remo Ceserani, autore, insieme a Lidia De Federicis, di quello straordinario laboratorio per lo studio della letteratura italiana che è stato il Materiale e l'Immaginario.
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Quando si parla di fonti audiovisive ci si riferisce a documenti di natura estremamente diversa fra di loro, come il cinema, il repertorio televisivo (montato e non), i documentari, i film familiari, tanto per citare le tipologie più ovvie. Ogni fonte presenta problemi di tipo epistemologico differenti.
Mentre che vi siano nativi digitali è alquanto controverso, è stato invece di recente pubblicato un interessante lavoro che getta una prima luce sull’impatto che possono avere le nuove tecnologie sui nonni digitali.
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La zia sono io. Il protagonista è Leonardo, quasi dodici anni. Il MuSe è il nuovissimo Museo della Scienza di Trento, decisamente da visitare.
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Misericordia e coscienza: note “letterarie” a margine alla lettera del Papa a Repubblica.
Tra le tante osservazioni critiche sulle politiche scolastiche nazionali contenute nel rapporto OCSE sull'andamento del progetto Scuola Digitale, è particolarmente interessante il calcolo secondo cui, con il trend attuale, sarebbero necessari all'Italia ben 15 anni per raggiungere il livello di diffusione delle lavagne interattive multimediali del Regno Unito, che per parte sua è arrivato a coprire l'80% delle aule.

Una vivace città, divisa tra Inter e Milan, in mostra a Palazzo Reale di Milano.

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È interessante che, con atteggiamento giocoso, ma ricorrendo agli strumenti rigorosi della glottodidattica, si propongano oggi agli alunni che devono imparare l’italiano degli esercizi basati su poesie. Mi pare un ottimo modo per usare la poesia senza conferirle un ruolo eccessivamente ingombrante, come se essa fosse – e come di fatto è – un fatto semplice e necessario.
Nell’articolo di fondo uscito sul Corriere della Sera del 10 settembre 2013, Biopsia dei mali italiani, Antonio Polito avanza una serie di considerazioni amare sulla scuola, sul suo modo di valutare e sul sistema di valutazione che la misura. Mi pare che, come molti, Polito sia vittima di una serie di abbagli. Proverò a spiegare il perché.

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