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Filosofia

Col paradosso della donazione Derrida ha «fatto scomparire» il dono. La settimana scorsa, ho cercato di «rimettere le cose a posto». Si trattava però di un esito che rischiava l’effimero, in assenza di una definizione di dono capace di offrire un impianto concettuale solido. Oggi è tempo di trovare tale definizione.
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La settimana scorsa, con Derrida, abbiamo visto scomparire il dono: a donar per niente non si dona davvero e a donar per qualcosa non si compie un gesto di totale gratuità, quale un atto di donazione dovrebbe essere.
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La filosofia, scrive Aristotele, nasce dalla meraviglia di fronte al mondo e, possiamo aggiungere, dalla capacità di porsi problemi. Come i bambini, i filosofi si pongono dei “perché” di fronte a cose alle quali altri fanno l’abitudine.
Quando doniamo, si direbbe che avviene qualcosa di strano: compiamo un atto gratuito eppure al contempo non agiamo «per niente». Questa situazione ha portato alla formulazione di un paradosso piuttosto intrigante.
Come è noto, in Italia l’insegnamento della filosofia è di tipo storico e questa impostazione, unica nella scuola superiore europea (con poche eccezioni parziali in Spagna e in alcuni Länder tedeschi), è stata spesso messa in discussione.
Su La Ricerca, di recente, ho già discusso uno dei paradossi del legame sociale. Vorrei qui affrontarne un altro, che mi sembra tra i più affascinanti in filosofia sociale: l’ho chiamato il paradosso di Moro. Si può davvero rompere un legame in nome del legame?
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Le nuove indicazioni nazionali sottolineano l’importanza di una didattica delle competenze. Quali sono le competenze specifiche della filosofia?
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Ho già discusso su «La Ricerca» alcuni paradossi dell’educazione. Vorrei questa volta segnalare un affascinante paradosso del legame. Ne ho trovato una formulazione brillante ed esteticamente bella nel testo della cantautrice Norah Jones, Don’t Miss You At All (2004).
Alcuni imperativi pedagogici ricordano formule paradossali che generano sconcerto e irritazione, come “sii spontaneo”, oppure “non pensare a quel che ti dico”.
Dall’anno scolastico 2014-15 l’insegnamento CLIL (Content and Language Integrated Learning) sarà nella scuola italiana una realtà su larga scala. Vale la pena di cominciare a pensarci da adesso.

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