In attesa di verificare le continue dichiarazioni relative alla centralità della scuola da parte del governo Renzi, mi limito ad osservare che, per il momento, ad occuparsi di scuola sono stati scelti (è un caso?) personaggi le cui convinzioni non sembrano compatibili con l’idea di scuola configurata nella Carta. E che, ad oggi, ciò che sta emergendo è un quadro non proprio incoraggiante.
Dopo le ripetute dichiarazioni a tutto campo del ministro Giannini (accorciamento di un anno del percorso liceale; valutazione dei docenti dai parte dei dirigenti scolastici; equiparazione tra scuola pubblica e scuola paritaria, con conseguente sostegno finanziario delle seconde con i contributi della collettività; impossibilità della stabilizzazione dei precari, in attesa del 27 marzo, quando la Corte di Giustizia Europea sarà chiamata a decidere sulla legittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato), è ora il turno del sottosegretario Toccafondi, sostenitore senza se e senza ma delle scuole paritarie. Distogliendo (almeno apparentemente) la propria attenzione dal suo personale rovello (aumentare i privilegi e i finanziamenti delle paritarie), Toccafondi si è esibito in una dichiarazione imbarazzante e minacciosa. «Non c’è giorno che passa in cui non ci siano genitori costretti a dar battaglia vedendo lesa la loro libertà di educazione, per altro protetta dall’articolo 30 della Costituzione. Penso all’ultimo episodio di Modena in cui si pretendeva che Vladimir Luxuria entrasse a parlare al liceo classico Muratori senza nemmeno un contraddittorio. Non si può usare la scuola così, come un campo di battaglia ideologico. Oltre al governo quindi tutti dovranno fare un passo in avanti per fermare questa invasione di campo».
La dichiarazione si inserisce nell’ambito dell’offensiva che il quotidiano Avvenire, incoraggiato dal cardinal Bagnasco a Radio Vaticano e dall’appoggio di un gruppo di senatori della Repubblica (Giovanardi, Sacconi, Formigoni, Compagna, Chiavaroli e Bianconi), sta sferrando contro l’operato dell’Unar, Ufficio antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le Pari opportunità. Che fu incaricato da Elsa Fornero, allora ministro del Lavoro (con deleghe per le Pari opportunità), di farsi promotore di un progetto sull’educazione alle diversità, inserito in una più ampia sperimentazione del Consiglio d’Europa per la lotta alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Gli opuscoli informativi dell’Unar, che dovevano essere distribuiti nelle scuole, sono stati bloccati da Toccafondi, che ha dichiarato che «il governo si deve esprimere sui problemi a monte, che risiedono nell’ambiguità di certi organismi come l’Unar, e poi sulle loro conseguenze che vediamo in atto».
Il problema è molto serio. Arrivano da tutta Italia segnalazioni da parte di agguerriti genitori di associazioni cattoliche. Si veda, ad esempio, il vademecum del Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria, che ha pubblicato addirittura “Dodici strumenti di autodifesa dalla “teoria del gender” per genitori con figli da 0 a 18 anni”, di cui riporto – un “assaggio”, tanto per gradire – l’illuminante incipit: “Prima dell’iscrizione verificate con cura i piani dell’offerta formativa (POF) e gli eventuali progetti educativi (PEI) della scuola, accertandovi che non siano previsti contenuti mutuati dalla teoria del gender. Le parole chiave cui prestare attenzione sono: educazione alla effettività, educazione sessuale, omofobia, superamento degli stereotipi, relazione tra i generi o cose simili, tutti nomi sotto i quali spesso si nasconde l’indottrinamento del gender. Ricordatevi che i genitori sono gli unici legittimati a concordare e condividere i contenuti di una seria e serena educazione alla affettività dei per i loro figli, rispettandone la sensibilità nel contesto del valore della persona umana”. No comment.
È triste vivere in un Paese in cui l’insegnamento della religione cattolica viene impartito nelle scuole pubbliche, laiche e pluraliste, con docenti pagati dallo Stato (e cioè con i soldi di tutti i contribuenti), tra un’adesione al Family Day e una concessione alle private; è triste – ancora di più – che chi ha la responsabilità politica ed amministrativa dia risposte tanto unilaterali e perentorie rispetto a problemi drammatici e sempre più diffusi come la ghettizzazione, la disperazione, persino il suicidio di tanti adolescenti omosessuali; incoraggiando atteggiamenti retrivi, controriformisti, oscurantisti, razzisti e sfruttando la cassa di risonanza dei media; consentendo di ammantare di sospetti di sudiciume, malafede – persino di perversione – iniziative che configurano invece un passo significativo verso la concretizzazione del principio di uguaglianza. E verso la rimozione degli ostacoli che determinano il giudizio (e la sanzione), per lo più inappellabili, nei confronti di aspetti strettamente legati alla garanzia delle libertà individuali.
I nostri ragazzi chiedono risposte, desiderano possibilità, sentieri da poter imboccare e perlustrare. Sanno capire, sanno sentire, sono in grado di valutare. Possono avere fiducia piena solo nei confronti di adulti che abbiano fiducia in loro, in grado di accogliere i loro dubbi, mediare il loro disorientamento senza infingimenti, nominando le cose e proponendo, sulla base di principi condivisi, domande possibili e possibili risposte.
Toccafondi ha richiamato alle armi il popolo della discriminazione: i “normali”, i “giusti”, i detentori della “verità”, in una sua personale Guerra Santa che non dubitiamo, avrà l’appoggio di molti, spalleggiati dalla Chiesa, legittimata dai governi di sempre a dettare l’agenda. «Occorre che i genitori si riprendano il loro posto e che le scuole glielo diano»; «Ripeto che serve una presa di posizione di ciascuno: del governo, dei ministeri, delle istituzioni locali, delle scuole e delle famiglie». Se non vogliamo dichiarare definitivamente sconfitta la scuola pubblica, laica, pluralista, inclusiva, democratica disegnata dalla Costituzione; se vogliamo prospettare ai futuri cittadini di domani un mondo in cui ciascuno abbia la possibilità di esprimere la propria individualità nel rispetto reciproco delle scelte e dell’identità di ciascuno, non possiamo rinunciare a fare la nostra parte di insegnanti; consci del fatto che emarginazione, primato della “normalità”, detenzione di una verità unica ed inappellabile non sono viatico di cittadinanza consapevole.