Il bravo Esopo, nella sua favola sulla volpe e l’uva, l’ha rappresentato efficacemente: siamo capaci di ostentare disdegno per ciò che non riteniamo alla nostra portata. Capita così che nel mondo della scuola molti, lamentando una serie di problemi effettivamente reali e oggettivi legati al lavoro sulla tesina per l’esame di Stato, ne invochino l’abolizione.
Nella ricerca di immagini ad alta definizione messe gratuitamente a disposizione dai musei, ci si può imbattere in un’opportunità del tutto particolare, offerta dal Rijksmuseum di Amsterdam. In questo caso, infatti, non solo ci è concesso di scaricare le immagini, ma possiamo addirittura utilizzarle a piacere per decorare i nostri oggetti personali.
Su Wikipedia la definizione è presente in lingua inglese e in lingua portoghese, ma non ancora in italiano. Sto parlando dell’“Evangelista tecnologico”, appena proposto dal ministro dell’istruzione Giannini, nell’ambito dell’immancabile evocazione della necessità assoluta e inderogabile di digitalizzare la scuola.
Ho parlato in una precedente rubrica di biblioteche digitali. Prendo ora in esame la questione molto più spinosa della consultazione in digitale delle riviste scientifiche negli Stati Uniti, in Europa e in Italia.
Gli Oxford Dictionaries l’hanno scelta come parola dell’anno 2013. Si tratta di selfie (o selfy; plurale selfies), definita come una fotografia che si fa a se stessi, soprattutto con uno smartphone o una webcam, destinata a essere pubblicata sui social network, Facebook, Twitter, Instagram, Tumblr, Snapchat.
La valorizzazione del lavoro e delle competenze andrebbe promossa nella scuola ove attualmente si lavora molto gratis, un po’ per passione, un po’ per “non perdere classi” e perciò posti di lavoro. Provo a formulare alcune proposte che mancheranno di un impianto complessivo, ma che di per sé potrebbero essere attuate utilmente.
La scoperta di un ulteriore autoritratto di Rembrandt in una residenza inglese ci conduce al tema dell’autorappresentazione dell’artista nella sua opera e al suo eventuale rapporto con il dilagare contemporaneo del selfie, l’“autoscatto” destinato alla pubblicazione sui social network.