Ho spesso pensato al miracolo di resistenza che la nostra Costituzione ha dimostrato nei 75 anni della sua vita. Soggetta alla violenza lacerante di contrapposti interessi politici ed economici, sociali e religiosi, sempre veementi, spesso feroci e crudeli, sembra essere rimasta illesa negli anni, se non addirittura rafforzata e temprata dalle singole prove.
Oggi come allora, la nostra Legge fondamentale dice che è facile (e bello) essere italiani. È sufficiente accettare pochi principi fondamentali: che siamo tutti uguali di fronte alla legge; che siamo tutti liberi di esprimere le nostre idee; che tutti dobbiamo contribuire al progresso economico e sociale del Paese; che siamo tutti autorizzati ad associarci con chi ci pare; che possiamo professare il culto che più ci aggrada; che abbiamo tutti diritto ad esprimere il nostro potenziale umano e sociale (e che lo Stato in questo è tenuto ad aiutarci); che abbiamo il dovere di essere accoglienti e tolleranti; che possiamo, insomma, fare, dire, scrivere, pensare, frequentare, essere chi ci pare, a condizione di non nuocere al prossimo…
Ho sempre pensato con gratitudine alla fortuna di vivere in un Paese come il nostro, regolato da una Costituzione come questa.
E ho provato anche fastidio, a volte autentica rabbia, verso coloro che invece hanno dimostrato, con le parole e con i fatti, di non gradire la tolleranza democratica che ne sostanzia spirito e lettera.
Quelli che vorrebbero ripristinare distinzioni e privilegi, appartenenze ed esclusioni, in nome di principi, provenienze, identità, nascita e credo…
A tutti costoro, confesso, ho sempre pensato con l’ostilità tipica dei deboli, sorprendendomi a fantasticare a mia volta di punizioni esemplari, e di rivalse ed esclusioni…
Il tutto (la mia irosa contrapposizione all’altrui rabbia), vissuto sotto lo sguardo paziente e indulgente di questa nostra Carta, che a tutti ordina di rispettare le idee di ciascuno.
Quali che siano!