Al di là delle montagne

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Jia Zhang-Ke è uno dei più lucidi interpreti del mutamento della società cinese in bilico tra tradizione, passato e slancio capitalista verso il futuro.

Il suo cinema osserva con occhio attento la quotidianità, le vite di uomini e donne che attraversano il loro tempo, disorientati e incerti. Individui alla ricerca di nuovi punti di riferimento alle prese con una Cina sfuggente, liquida, dispersa in una dimensione straniante. Premiato con il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 2006 con Still Life, Jia Zhang-Ke ha firmato nel 2013 Il tocco del peccato, presentato con successo al Festival di Cannes, ed è da poco uscito nelle sale italiane Al di là delle montagne, in concorso all’ultimo festival di Cannes.

L’inizio del film ci riporta al capodanno del 1999: il nuovo secolo s’affaccia simbolicamente all’orizzonte di una Cina in tumultuoso e contraddittorio cambiamento. Ma la storia narrata sembra essere la più vecchia del mondo. Un triangolo amoroso in cui la giovane Tao deve scegliere tra Zhang, ignorante e superficiale bulletto che si sta arricchendo con una stazione di servizio, e Lianzi, un ragazzo serio e sensibile che lavora in una miniera.

Tutto il film gira attorno a tre personaggi, che con la loro presenza-assenza sullo schermo rincorrono il destino senza pace. Tre personaggi che sembrano incarnare tre idee e tre epoche della Cina: Lianzi un passato fatto di tradizioni, valori, sentimenti profondi e sincera umanità; Zhang un capitalismo aggressivo occidentalizzato e senza scrupoli, che ha come unico fine i soldi e il successo individuale; Tao la Cina attuale, disorientata e confusa, incerta tra i vecchi valori e le vuote illusioni di un progresso consumistico.
Dopo qualche incertezza, Tao cede al fascino della bella vita, delle discoteche, dell’esibizione del denaro e di macchine potenti, e rinuncia all’amore sincero per Lianzi per vendersi al “buon matrimonio” con il ricco benzinaio. Lianzi, ferito e deluso, si trasferisce in un’altra città per crearsi una nuova vita.
Passano gli anni, i pochi che bastano per portare in luce la realtà. Tao si separa dall’insulso Zhang, il quale, ormai ricchissimo, vive a Pechino con il figlio di nome Dollar. Lianzi si è sposato, ha un figlio, ma anche un tumore causato dalle polveri respirate in miniera.

Un panorama umano desolato e devastato, relazioni in cui i vuoti e le assenze si fanno sempre più spazio, anche nelle inquadrature, che dilatano luoghi e silenzi in un universo di crescente incomunicabilità. 
Nella terza e ultima parte, Zhang non riesce neppure a parlare con Dollar, cresciuto in Australia e ormai madrelingua inglese. A Tao, che ha lasciato il marito e perso per sempre l’affetto del figlio, resta solo una vita agiata. Lianzi è stato sconfitto dal tempo, dal carbone e dal cancro. È solo un fantasma della vecchia Cina destinata a sparire.
Vite allo sbando, disperse, tragicamente svuotate di senso. Una metafora esistenziale che, partendo dai destini individuali, sembra disegnare anche lo scenario della società del futuro verso cui si sta velocemente muovendo la Cina, forse senza neppure rendersene conto. Noi, invece, siamo già arrivati. E da molto tempo.

Al di là delle montagne
Regia: Jia Zhang-Ke
Con: Zhao Tao, Zhang Yi, Liang Jingdong, Dong Zijiang, Sylvia Chang
Durata: 131 min.
Produzione: Cina, Francia, Giappone, 2015

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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