Il global warming e il rispetto dell’ambiente sono temi sempre più presenti anche a scuola nei percorsi di educazione alla cittadinanza attiva. E non solo. “Sostenibilità” è un termine ormai quasi abusato dai media e dal marketing, ma forse rischia di perdere significato se non tradotto in pratica. Se da un lato l’ansia prodotta a livello mediatico dall’elencazione, spesso catastrofica, dei rischi a cui va incontro il Pianeta ha creato grande attenzione verso l’ambiente, dall’altro appare evidente che la “rivoluzione sostenibile” debba avvenire attraverso tante, diverse, piccole rivoluzioni quotidiane delle nostre abitudini e non solo come una preoccupazione generale – e generica – per le sorti di Gaia.
Come scrive Anthony Giddens, autore di The Politics of Climate Change, «il cambiamento climatico è un’idea che incute paura, ma nello stesso tempo è anche astratta. I cittadini captano l’ansia, ma è difficile collegare possibili future catastrofi con la banalità della vita quotidiana. Quindi molte persone, semplicemente, ripongono la questione nel retrobottega della mente, dove essa si apposta nelle vesti di un’ansia generalizzata».
In sostanza, ciò di cui ci avverte Giddens è che occorre trasformare l’ansia in azione consapevole, e che la sostenibilità rischia di diventare una formula sterile se non tradotta nella vita di tutti i giorni. Educare alla sostenibilità significa quindi, innanzitutto, educare nella pratica alla consapevolezza dell’impatto prodotto dall’uso delle risorse che ogni giorno alimentano i nostri bisogni.
Quale miglior laboratorio, quindi, della comunità scolastica per costruire un diverso modo di pensare e rispettare l’ambiente, che si traduca in azioni realmente sostenibili e orientate a creare un legame tra territorio e comunità? È di fondamentale importanza, quindi, che la sostenibilità si faccia azione quotidiana e che i ragazzi sperimentino quanto i loro singoli e specifici comportamenti possano assumere conseguenze – sia negative sia positive – più generali.
È esattamente l’obiettivo, meritorio, del progetto Applus-énergie, il primo living lab realizzato in una scuola italiana: gli studenti imparano a consumare meno e a occuparsi dell’efficienza energetica, diventando un po’ informatici, un po’ energy manager, un po’ scienziati, per monitorare in tempo reale quanto consumano un’aula, un computer o una fotocopiatrice, e soprattutto per calcolare quanto possa incidere il comportamento di ciascuna persona sull’intero sistema e intervenire per renderlo più efficiente.
Elena Piastra di Proxima Centauri – tra i coordinatori del progetto – ci racconta le caratteristiche di questa iniziativa e soprattutto i suoi metodi e risultati didattici.
D: In cosa consiste il progetto?
R: Applus-énergie è un sistema di monitoraggio elettrico e climatico in tempo reale pensato per edifici complessi, nei quali si muove un alto numero di individui. Il progetto è stato finanziato con un bando europeo trasfrontaliero che ha coinvolto la Regione Valle d’Aosta, il Piemonte e la regione francese di RhÔne-Alpes, realizzato dalla PMI torinese Proxima Centauri in collaborazione con Bosch Italia, Politecnico di Torino e Università di Annecy.
La scelta di monitorare l’energia consumata da edifici scolastici è dovuta a motivazioni differenti, che coinvolgono sia alcuni aspetti tecnici sia quelli più sociologici. Infatti, la scuola superiore individuata in Valle d’Aosta presenta caratteristiche architettoniche interessanti che la rendono molto costosa rispetto al riscaldamento e al raffrescamento dell’edificio. Allo stesso modo, la scelta di monitorare strutture come il Politecnico di Torino o l’Università di Annecy risponde all’esigenza di individuare edifici pubblici molto frequentati, che risentono in modo importante dei comportamenti di chi li abita quotidianamente.
D: L’aspetto più rilevante è proprio quello sociale, cioè la valenza didattica e educativa che un progetto come questo assume per gli studenti…
R: La scuola non è stata scelta come spazio di realizzazione del progetto per questioni meramente tecniche. Si tratta di un luogo fondamentale per la sperimentazione: al suo interno si muovono persone che compiono attività diverse e interdipendenti, un po’ come in una piccola città. Gli allievi hanno imparato come funziona tecnicamente il consumo dell’edificio nel quale si muovono nella quotidianità, ma hanno anche scoperto quanto il loro comportamento incide sul contesto.
Gli studenti sono l’utente ideale per un’iniziativa di questo tipo perché, imparando a essere consapevoli dei loro consumi, possono influenzare positivamente quelli futuri: credo che questo sia il modo migliore di educare alla cittadinanza attiva, relativamente al rispetto delle risorse del Pianeta.
D: Questo progetto ha anche un’importanza più di medio-lungo periodo per le ricadute che l’acquisita con- sapevolezza dei ragazzi avrà anche in futuro…
R: Il fatto che i ragazzi possano misurare i propri miglioramenti e vedere gli effetti reali delle loro azioni è un aspetto innovativo e ha una grande portata sociale, oltre che didattica. Non solo perché a scuola sono degli energy manager attenti che si preoccupano delle risorse consumate, ma ben più in generale e in prospettiva futura. Ognuno di loro porterà la consapevolezza acquisita, e i relativi skills, in tutti i diversi contesti che frequenta e frequenterà negli anni a venire: in famiglia, innanzitutto, ma anche, ad esempio, nell’ambito lavorativo in cui sarà inserito. Come affermano chiaramente tutte le analisi scientifiche sul futuro delle risorse del Pianeta, nei prossimi anni la chiave di volta sarà l’efficienza energetica, e Applus-énergie sta già formando oggi, a scuola, gli energy manager che un po’ tutti dobbiamo e dovremo diventare.
D: Il progetto ha usato una metodologia ancora poco nota in Italia: il living lab. In cosa consiste?
R: L’applicazione è stata installata all’interno del Politecnico di Torino, nella Cittadella della Mobilità a Mirafiori, e di un istituto tecnico di Verrès (Aosta). Gli edifici sono stati scelti considerando alcune loro caratteristiche significative, come il numero di utenti coinvolti (molte centinaia) e la presenza di forme di misurazione energetica già esistenti con le quali interfacciarsi.
Le scuole selezionate sono diventante un laboratorio vivente in cui sperimentare Applus-énergie e verificare la sua efficacia, anche in situazioni complesse. Nelle aule e negli spazi comuni delle scuole-living lab sono stati installati monitor che mostrano quanto stanno consumando l’edificio e le singole aule in un preciso istante e l’andamento storico dei consumi, rendendo così evidenti i progressi in termini di efficienza energetica e mirando ad aumentare il livello di conoscenza degli allievi coinvolti.
D: Quali strumenti per intervenire sul sistema sono stati messi a disposizione degli studenti?
R: Agli studenti, aspiranti periti elettronici ed elettrotecnici, è stata fornita una vera e propria “valigetta degli attrezzi”, con gli strumenti necessari per misurare quanto consuma un qualsiasi elemento del sistema. Tutti i ragazzi accedono al sistema via web, su un sito in cui possono confrontare i consumi e le variabili ambientali delle diverse altre aule e dove hanno a disposizione dati e informazioni per realizzare analisi, studi specifici, tesine, che possono caricare su www.applus-energie.org.
D: Come abbiamo detto, il progetto è un esempio virtuoso di partecipa- zione attiva: come hanno reagito gli utenti coinvolti?
R: Misurare la temperatura di un’aula è relativamente semplice. Eppure tutti sappiamo per esperienza che la percezione del clima di uno spazio in cui trascorriamo molte ore può variare da persona a persona. Per questo abbiamo pensato che il sistema non dovesse limitarsi a misurare oggettivamente la temperatura, la concentrazione di anidride carbonica e l’illuminazione dei locali, ma che si dovesse provare a considerare anche la percezione soggettiva degli utenti.
Gli allievi e gli insegnanti hanno la possibilità di partecipare attivamente perché esprimono il loro grado di comfort rispetto all’ambiente in cui studiano e lavorano e, soprattutto perché la loro opinione incide direttamente sul sistema di regolazione. Per fare un esempio concreto: se il sensore di un’aula studio rileva 20 gradi, ma tutti gli allievi e gli insegnanti esprimono nell’area a loro dedicata sul sito internet che la temperatura percepita è molto più elevata in base a un calcolo che pondera il numero di opinioni raccolte, il sistema abbasserà la temperatura di quella stanza.
D: Con quali modalità sono stati coinvolti gli studenti?
R: Con livelli diversi di interazione: alcune classi hanno partecipato attivamente, portando proposte di modifica, controllando che il sistema rilevasse in modo corretto, introducendo modifiche e miglioramenti; altre classi hanno partecipato in modo meno attivo, ad esempio hanno preso parte ai focus group nei quali hanno potuto fare proposte rispetto alla diffusione e alla divulgazione del progetto nel proprio istituto e nelle altre scuole del territorio. Inoltre, tutti gli studenti hanno scoperto quanto consumano con le loro abitudini quotidiane e quanto la loro azione e la loro attenzione possa incidere sul contesto. Alcuni allievi, poi, si sono mostrati più interessati ad approfondire gli aspetti tecnici e hanno avuto la possibilità di lavorare, grazie agli stage retribuiti messi a disposizione dall’impresa informatica coinvolta nel progetto.
D: Alcuni esempi di proposte concrete di miglioramento da parte degli studenti, emerse durante il living lab?
R: Il monitoraggio energetico, reso operativo negli edifici a fine agosto 2013, ha permesso in pochi mesi di evidenziare alcune anomalie nei consumi, prima poco visibili. Un aspetto interessante su cui gli allievi si sono soffermati è che il monitoraggio della concentrazione di anidride carbonica permette di conoscere la reale occupazione dell’aula; quindi le aziende coinvolte nel progetto hanno chiesto di poter intervenire sulle serrande di regolazione per permettere una riduzione sensibile dei consumi di condizionamento dovuti ai ricambi d’aria, forniti altrimenti in modo indipendente dal bisogno reale e dall’effettivo numero di presenze basandosi sul numero teorico di persone che possono abitare il locale. Gli allievi hanno inoltre scoperto che le aule di informatica consumano molto anche di notte e in orari in cui la scuola è chiusa, perché spesso i computer vengono lasciati accesi o in stand-by: hanno quindi deciso di “adottare” le sale computer, elaborando un sistema elettronico e informatico automatico di spegnimento dei PC. Altro dato emerso in questi mesi di collaborazione con gli studenti, interessante soprattutto per i gestori pubblici dell’istituto di Verrès, è che l’edificio “lavora” e consuma indipendentemente dalla presenza degli allievi a scuola, tanto che la domenica consuma appena la metà rispetto agli altri giorni in cui l’istituto è frequentato.
D: Come è avvenuta la dissemination del progetto da parte dei ragazzi?
R: È stato chiesto agli studenti di raccontare ai loro coetanei l’attività svolta durante il progetto con il medium da loro preferito (video, testo scritto eccetera). Alcuni allievi della classe quinta hanno scelto di spiegare il progetto facendo una parodia di una nota pubblicità virale (“Never Say No to Panda”, spot di un formaggio egiziano) e hanno girato e montato un video divertente in cui il protagonista è un panda – mascotte del WWF e quindi per traslato un simbolo ambientale più in generale – che invece di essere l’animale pacioso che tutti conosciamo è irascibile e arrabbiato con chi nella scuola consuma troppo: professori, bidelle, compagni.
Gli studenti hanno anche preso direttamente parte ad alcune conferenze nazionali sui living lab, svoltesi ad Aosta e a Genova durante il Festival della Scienza.
D: Prospettive per il futuro?
R: Rispetto al progetto nello specifico sarà interessante fare valutazioni alla fine dell’anno scolastico, per capire se e quanto abbia inciso sulle abitudini degli allievi e degli insegnanti. Certo sarebbe stimolante misurare non solo le eventuali diminuzioni nei consumi della scuola, date dal cambiamento dei comportamenti, ma anche le variazioni che gli studenti possono produrre negli altri contesti che frequentano oltre alla scuola: a casa, in palestra, e così via.
Più in generale, il modello del living lab è interessante perché la partecipazione attiva degli allievi-utenti è un test di verifica fondamentale per le aziende e per gli istituti di ricerca coinvolti. Con la loro attività, infatti, gli utenti hanno aiutato a migliorare direttamente il prodotto e a calibrarlo meglio rispetto alla realtà specifica. Si tratta quindi di un modello di verifica potenzialmente molto utile sia per la Pubblica Amministrazione sia per il privato, oltre naturalmente che per le istituzioni scolastiche che potrebbero utilizzarlo come laboratorio avanzato e concreto di educazione alla cittadinanza attiva attraverso la gestione consapevole delle risorse da parte degli studenti.
Elena Piastra è assessore all’Innovazione nel Comune di Settimo Torinese. Si occupa, inoltre, di sviluppo del sistema informativo locale, di progetti di cooperazione internazionale e di servizi educativi e scolastici.