Sabina Minuto: Da qualche mese è uscito il nostro libro, mio e di Elisa Golinelli, Amano leggere, sanno scrivere (Pearson, Milano 2019), un compendio del metodo statunitense del Writing and Reading Workshop, che non è certo recente1, ma è conosciuto e sperimentato nel nostro paese da non molti anni. Il Metodo si basa su un ambiente di apprendimento laboratoriale, sull’insegnamento per competenze e sullo sviluppo dell’autonomia dello studente sia nel processo di lettura che di scrittura.
Personalmente considero il mio WRW un’occasione fortunata che mi ha offerto la vita. Ho imparato a lavorare in modo completamente diverso, a ricevere vere soddisfazioni nel mio essere docente; ho cambiato, direi ribaltato il mio ruolo professionale imparando a fare molta pratica riflessiva e a considerare punti di vista inediti fino a pochi anni fa. Oserei anche dire che lavorare in laboratorio mi ha cambiata come persona.
Ora applico il WRW anche nel mio istituto professionale a Savona, dove abito, con un certo successo, nonostante la costante fatica.
Perché? Perché, mi chiedo, questa metodologia, basata su competenze vere e non esclusivamente su contenuti, mi appaga tanto? Perché continuo a studiare e a impegnarmi per farmene portavoce?
Riassumo qui le mie personali motivazioni; lascerò poi spazio a Elisa.
Lavorare in un istituto professionale è per me un impegno etico ancor prima che un lavoro qualsiasi. So che io, in quelle aule, posso fare una piccola differenza. Posso tentare di essere incisiva in qualche modo sul futuro di studenti che transitano (spesso solo questo, purtroppo) nelle nostre aule.
Io credo fortemente che non esistano cattivi studenti, ma se mai studenti che non sanno come e perché sia bello e utile studiare. Credo che lettura e scrittura siano valori. Siano competenze chiave di cittadinanza non perché stanno scritte nelle Indicazioni nazionali o nelle Linee guida, ma perché sono competenze utili per tutta la vita di un individuo che voglia esserlo a pieno titolo.
Per anni ho provato a insegnare a leggere trasmettendo passione, e così pure a scrivere. È stato sempre un fallimento, tranne in casi rarissimi in cui non sono stata certo io a fare la differenza. Ora invece ho un potere vero: intervengo fortemente sulla vita dei miei studenti. A scuola quasi tutti, se non tutti, si cimentano nei “pezzi” del laboratorio. Provano, ragionano, discutono tecniche, ne sono padroni. Non svolgono “un tema” per avere un voto. Provano a scrivere: il che è molto diverso, a mio avviso. Certo, la valutazione esiste, ovviamente, e io so bene che essa è un mio compito istituzionale. Ma le griglie di valutazione sono condivise con i ragazzi, e i risultati arrivano rispettando tempi e modalità del percorso di ognuno. Leggono con più interesse e andando più in profondità. Mi chiedono, anzi, amano la mia lettura ad alta voce (una delle parti essenziali del WRW), scelgono libri per loro interesse personale, consultano e ora accedono alla nostra neonata biblioteca di plesso.
Già questo è molto per me.
Ma c’è di più. Io vedo risultati tangibili. Studenti non scrittori o che si rifiutavano anche di provare (per scarsa autostima) ora non hanno paura del foglio bianco. I momenti di condivisione della scrittura sono bellissimi e veri e propri scambi di idee da scrittori. Vedo alunni appassionarsi alle storie di cui tutti noi siamo fatti, scoprire che stanno nei libri (come Bastiano nella Storia infinita), trovare motivi per leggere Pascoli perché alla fine parla anche di me, di noi, dei nostri “abbandoni”.
Non credo sia poco. Credo anzi sia il senso vero e unico del mio lavoro. Umberto Galimberti ha avuto modo di dire che la letteratura insegna i sentimenti. È verissimo. Ma bisogna portare i nostri studenti a leggere letteratura, non solo a studiare un manuale, e il WRW con le sue armi potenti mi aiuta.
Una fra tutte è il ricalco, ad esempio, per la poesia, o i quick write (“scritture lampo”), o lo schema a Y per la lettura2. Sono strumenti didattici che spalancano mondi. Strumenti molto specifici della metodologia ma di uso sostanzialmente semplice. Li rendono potenti la ricorsività, la struttura in cui essi sono inseriti, la cornice, l’ambiente di apprendimento che costruisco che è essenzialmente laboratoriale.
Molti colleghi oggi sono interessati a sperimentare. Tanti ci scrivono in privato. Tanti chiedono corsi, formazione, ma soprattutto fanno domande. Questo articolo potrebbe inaugurare uno spazio di approfondimento di strategie e tecniche. Uno spazio ricorsivo, come è la metodologia che applichiamo e che ne garantisce infatti, almeno in parte, la sua pregnanza. Uno spazio di “ricerca”, come da titolo dell’originaria collana di monografie Loescher, da cui io negli anni ho imparato tanto.
Elisa Golinelli: Non c’è bisogno di dirvi che, pur avendo noi due storie differenti e insegnando in ordini di scuola diversi – dato che sono docente di lettere alla scuola secondaria di primo grado a Mirandola, in provincia di Modena –, condivido in pieno la visione del WRW di Sabina, che ha molti punti in comune con la mia visione del metodo.
L’incontro con il Writing and Reading Workshop mi ha permesso di realizzare, dandogli voce, il mio desiderio di trasmettere ai miei studenti la gioia di leggere e di scrivere e di riscoprirla, insieme a loro, in prima persona; come docente mi è sempre piaciuto rimettermi in gioco: sentivo l’esigenza di sperimentare un’impostazione didattica differente e fare nuove esperienze nell’insegnamento della lettura e della scrittura.
Anche io, come Sabina, nonostante i tanti sforzi nell’insegnamento quotidiano, non riuscivo a ottenere cambiamenti significativi nei miei studenti: chi leggeva molto continuava a leggere molto e chi scriveva bene continuava a scrivere bene, mentre per la maggioranza di tutti gli altri il rapporto con la scrittura continuava a essere difficile e problematico.
Introdurre nella mia didattica quotidiana il WRW mi ha permesso di mettere in pratica concretamente le nuove Indicazioni nazionali e quindi di dedicare più tempo – tempo di qualità – alla lettura e alla scrittura in classe con i miei studenti in modalità laboratoriale, di riuscire a trasmettere l’idea che leggere possa essere una bella avventura per tutti, nessuno escluso, e di come, a scuola e nella vita, possa essere piacevole scrivere per sé e per gli altri, rendendo così lettura e scrittura compagne di vita quotidiane.
Gli aspetti che amo di questa metodologia sono tanti, ma uno in particolare continua anche oggi a essere per me un punto di forza e caratteristica vincente del WRW e allo stesso tempo un punto chiave nell’insegnamento: la sua adattabilità al soggetto e al contesto, essendo un metodo focalizzato sul processo e non sul prodotto.
Prendo in prestito da Sabina la metafora del viaggio e concludo dicendovi che ognuno di noi potrà intraprendere questo viaggio costruendo e tracciando il proprio percorso sulla roadmap del WRW, personalizzandolo con i propri approdi e i propri tempi e selezionando le tappe che ritiene fondamentali. Ho intrapreso questo viaggio con i miei studenti, insieme, tappa dopo tappa: un viaggio che mi ha permesso di conoscerli meglio e a fondo come studenti e persone, come lettori e scrittori.
Note
1. Nasce negli anni Settanta con “i due Donald”, ovvero Donald Murray e Donald Graves, che per la prima volta hannno posto l’attenzione sull’apprendimento della scrittura come processo e non come prodotto. Oggi in Italia i nomi più conosciuti sono senza dubbio quello di Lucy Calkins, che ha sistematizzato il metodo lavorando alla Columbia University, e quello di Nancie Atwell, vincitrice del Global Teacher Prize nel 2015
2. Strategie di scrittura e lettura: la prima per facilitare la produzione poetica, la seconda la “fluency” o scrittura di getto e la terza per aiutare i ragazzi a entrare in profondità nel testo che stanno leggendo.