PREMESSA
La porta è un elemento simbolico e un’icona frequente nel fantasy, nella narrativa di fantascienza, nelle fiabe, negli albi illustrati. È un’immagine che tutti abbiamo incontrato, quando a scuola qualche insegnante ci ha parlato della porta oltre la quale Dante scopre il suo Inferno esponendo alla nostra vista l’ignoto. La porta, lo sappiamo, è segno del passaggio nell’altrove, laddove si incontrano guardiani, come il Cerbero.
Esistono porte sulle quali sono incise frasi misteriose in grado di evocare leggende: si pensi alla porta magica seicentesca di Palombara a Roma. Nelle storie la porta scopre, toglie il coperchio, è desiderio, spinta per allontanarsi dai luoghi conosciuti (la casa), avventurandosi in spazi nuovi. L’apostolo Pietro conserva le chiavi per aprire la porta del Paradiso. In Attraverso lo specchio di Lewis Carroll (del 1871, seguito delle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie), la porta è rappresentata dallo specchio che permette alla protagonista di spostarsi in un’altra realtà: è una specie di varco spazio-temporale. I riferimenti culturali e letterari sono moltissimi.
Proprio quest’abbondanza mi spinge a selezionare e a proporre, agli insegnanti e a tutti i lettori, nuovi testi che accendano i pensieri dei bambini e dei ragazzi e che li avvicinino alla letteratura, alla forma e ai significati delle parole, alle possibilità offerte dalle storie.
PRIMO LABORATORIO NARRATIVO: LE IPOTESI E LE SOLUZIONI
Per verificare la potenza dell’immagine della porta, decido di narrare a mio figlio di cinque anni, abituato ad ascoltare storie, la fiaba di Barbablù (1697) che troviamo nei Racconti di mamma Oca di Charles Perrault. Mentre racconto, disegno personaggi e luoghi. La storia, molto conosciuta, è quella del temibile Barbablù, ricchissimo signore, che per via del singolare colore della sua barba e del mistero che avvolge la fine delle precedenti mogli fa scappare tutte le ragazze. Grazie ai suoi modi galanti e a feste e divertimenti d’ogni tipo, gli riesce infine di convincere la figlia maggiore della vicina a sposarlo. Dopo il matrimonio l’uomo deve assentarsi per affari, allora lascia le chiavi di tutte le stanze della sua reggia alla donna: può aprire tutte le porte tranne una. Se dovesse trasgredire il divieto, le conseguenze per lei sarebbero terribili.
Il bambino ascolta la fiaba e osserva i dettagli fino a questa scena, quando gli chiedo di decidere cosa si cela dietro alle diverse porte che aprono le stanze non proibite: in una c’è un magazzino di attrezzi (anche magici), in un’altra c’è del cibo, in una terza troviamo degli elicotteri. In particolare, nella camera – hangar troviamo anche un elicottero della Guardia Aerea Svizzera di Soccorso (REGA) per il quale il nostro piccolo lettore nutre un forte interesse.
Nel frattempo mi chiede cosa si nasconde dietro la porta proibita. Rilancio la domanda.
Adulto: Secondo te?
Bambino: Fai il disegno di lei che entra!
Adulto: Devo fare il disegno di lei che entra? O sei tu che entri?
Bambino: NO! È lei che entra. Nel disegno.
Adulto: Ah, lei, non tu. E cosa ci sarà, dentro?
Bambino: Dentro, c’è dentro un… un… un segreto.
Adulto: Allora disegniamo la porta. C’è lei che apre?
Bambino: Sì.
Adulto: Non resiste alla tentazione.
Bambino: No.
Scatta la curiosità, una spinta irresistibile a voler scoprire. Sapendo che le conseguenze saranno terribili, il bambino vuole scoprire giocando, senza entrare come personaggio nella storia, nel disegno. Mentre disegno la moglie di Barbablù che apre la porta, sale la tensione e l’interesse. Chiedo al bambino se non vuole tornare indietro e finirla lì. Ovviamente vuole continuare:
Bambino: Io voglio andare avanti davvero… È lei che entra.
Adulto: Non posso disegnarti qui, fuori dalla porta?
Bambino: NO!
Si apre la porta e scopriamo, disegnando, le mogli uccise da Barbablù (ne disegno due). Prendo il rosso e disegno il sangue.
Bambino: Ma a me non mi fa neanche un po’ paura!
Adulto: Sì, però è uno schifo. È tutto sangue, qui dentro! Ma sarà vero?
Bambino: Sì. È vero.
Adulto: E cosa fa adesso lei? Dove va? Adesso che ha visto cosa c’è nella stanza?
Bambino: Va a chiamare la REGA (Soccorso Aereo)…
Adulto: Cosa fa REGA?
Bambino: Prende la barella e … dentro l’hangar, qua, c’è la REGA, dentro.
Adulto: Sì, ma la REGA salva la donna? Cosa vuoi fare? Salvare la donna?
Bambino: Le salviamo, le donne.
Adulto: Salviamo le donne? Ok.
Bambino: Le due donne… E fai tu il disegno dell’elicottero della REGA.
La ricerca di una soluzione narrativa all’inferno, trovata dal bambino che recupera dal proprio vissuto e dai propri interessi delle strategie per risolvere la situazione, è molto significativa. Dietro alle porte ci può essere l’inferno, ma la porta offre anche l’opportunità di pensare.
SECONDO LABORATORIO DI NARRAZIONE: LA VOCE SULLE IMMAGINI
Viaggio di Aaron Becker (Feltrinelli, 2016) è un silent book che fa parte di una trilogia avvincente, in grado di aprire vie didattiche molto ricche, nel lavoro con i bambini. Semplicemente, potremmo cercare le parole e i connettivi per costruire un testo coerente e coeso, riuscendo nella sfida di narrare la stessa storia senza immagini e solo con la voce dei bambini.
Il secondo esperimento nasce dal caso. Mio figlio mi chiede di registrare nel nostro studio la presentazione di un libro che lui sceglierà. Vuole forse imitare papà, o forse vuole fare meglio. Mi aiuta a collegare i cavi, a sistemare la camera, sceglie il testo (Viaggio, appunto) e inizia a raccontare. Nel video, il racconto del bambino, di cinque anni.
Il libro si apre con una bambina isolata; nessuno vuole giocare con lei. Si chiude quindi nella sua camera, dove scopre una matita rossa, con la quale disegna, sul muro, una porta. Quest’ultima si materializza e si apre. La protagonista entra così in un mondo magico, dove potrà muoversi grazie alla sua matita rossa (disegnerà una barca, una mongolfiera, un tappeto volante) cercando di superare una prova: liberare un uccello viola. Tornerà a casa vincente, attraverso una porticina diversa. In quel luogo conoscerà un ragazzo che tra le mani ha una matita, viola come l’uccello che lei ha liberato. Insieme disegneranno una bicicletta e se ne andranno verso nuove avventure.
Mio figlio decide di raccontare tutta la storia. Ha cinque anni, quindi in alcuni momenti devo chiarire dei significati che il bambino non esplicita: «Qui, lui acchiappa la bambina», dice. «Lui chi? Chi è questo personaggio?». In questo modo cerco di costruire coesione e coerenza testuale.
Alla fine del racconto chiedo a mio figlio perché ha scelto questo libro e cosa gli piace:
Bambino: Mi piace quando entra in questo paesaggio.
È il momento dell’apertura della porta, quando si spalanca l’immaginario narrativo.
TERZO LABORATORIO NARRATIVO: LA PORTA DI JI HYEON LEE
L’artista coreana Ji Hyeon Lee disegna storie morbide; sembra che le sue matite abbiano percorso i fogli con calma. Orecchio Acerbo ha pubblicato diverse sue opere: nel 2015 La piscina, mentre nel 2018 è uscito La porta.
In quest’ultimo libro il lettore incontra, in un mondo grigio, una simpatica mosca che guida un bambino a raccogliere una chiave e a trovare una vecchia porta. Aprendola, il ragazzino scopre uno strano personaggio, forse un musicista, con una testa da animale e un corpo umano. Nel nuovo paesaggio tutti sembrano accoglienti, anche se parlano un linguaggio indecifrabile. Nel frattempo il ragazzino ha perso la chiave, ma grazie all’aiuto del misterioso musicista incontrato precedentemente, riuscirà lo stesso a tornare nel suo mondo, che è rimasto grigio, insipido, ostile. Lascerà però schiuso l’accesso e dunque la possibilità che l’aggressivo progredire dei signori grigi del suo mondo possa essere contaminato dalla spensieratezza e dai colori dell’altrove.
L’immagine della porta, ripresa tre volte sulla pagina dove è raffigurata l’apertura, è molto simile a quella in cui la ragazzina protagonista del Viaggio di Aaron Becker disegna la sua, sul muro della camera. I due testi possono essere accostati anche per questi dettagli. La chiave dell’accoglienza e il contrasto tra i mondi, con la possibilità di immaginarne di nuovi, sono altamente significativi.
C’è anche un lavoro proficuo che si può imbastire in classe per trovare tutti i verbi che ci permetteranno di scrivere la storia di Ji Hyeon Lee (anche questo un silent book). Andrebbe sviluppata una riflessione sul laboratorio di scrittura e di riflessione sulla lingua che sta caratterizzando questo esperimento in corso d’opera, ma mi limito a questa lavagna, frutto di una prima discussione in classe, con ragazzini di dieci anni.
TOM TRUEHEART E LE PORTE DELLE FIABE: quando di mestiere fai l’eroe
Tom, dodicenne, settimo dei fratelli Trueheart, famiglia di eroi, è chiamato a risolvere un problema molto grave: ognuno dei suoi fratelli ha ricevuto l’incarico di interpretare la parte di un eroe nelle diverse fiabe. Quasi tutti dovranno diventare principe. L’ordine è impartito dal Dipartimento Storie. I sei fratelli partono, ma non accennano a ritornare: pare quindi che qualcosa sia andato storto, le storie non hanno avuto lieto fine, gli eroi scomparsi. Dev’esserci qualcuno al Dipartimento Storie che sta mescolando pericolosamente le carte. Il Gran Maestro scrive allora al giovane Tom, non ancora pronto per vivere avventure, chiedendogli di partire alla ricerca dei sei fratelli (si chiamano tutti Jack).
L’autore, Ian Beck, ricostruisce così i mondi delle fiabe, disegnando una mappa di storie, collocandole in una dimensione che permette alle trame e ai personaggi di dialogare tra di loro. Le fiabe dentro alle quali Tom deve viaggiare, le porte narrative che deve aprire avventurandosi a cercare i suoi fratelli, sono quelle conosciute da tutti: “Cenerentola”, “Biancaneve”, “La bella addormentata”, “Il principe ranocchio”, “Hansel e Gretel”, “Raperonzolo”, la fiaba inglese “History of Jack and the Beanstalk” (“Giacomino e la pianta di fagioli”, già rimaneggiata da Roald Dahl nei suoi “Versi perversi”) che sta al centro dell’architettura narrativa, e “La gallina dalle uova d’oro”.
Tom è chiamato ad avventurarsi verso l’ignoto: questo può certo far paura, e infatti il piccolo eroe apprendista deve farsi coraggio in parecchie situazioni. Nel contempo, però, il bambino (come anche l’adulto lettore) nell’aprire queste porte si sente rassicurato dai territori narrativi conosciuti.
Una forza oscura impedisce ai vari Jack (eroi al lavoro) di concludere le storie: alcune sono sospese e manca soltanto un bacio del principe per portarle alla fine, altre sono già chiuse (come Hansel e Gretel) e danno una spinta alla storia, o un luogo dove riposare a Tom.
Ad un certo punto le trame si incontrano, e così, nel castello del rozzo e terrificante Gigante, in cima alla pianta di fagioli di Giacomino, Tom libera la gallina dalle uova d’oro. Molti sono gli elementi delle diverse fiabe che Ian Beck inserisce nella trama, giocandoci abilmente, recuperando gli oggetti magici che saranno in parte riutilizzati da Tom: le uova d’oro della gallina, la palla dorata della principessa del Principe ranocchio, la lunga chioma di Raperonzolo. E a guidare Tom ci sarà Jollity, folletto trasformato in corvo, parente dell’uccello che accompagna Hansel e Gretel nella casa di cioccolato.
Il testo si presta per un bel lavoro didattico volto alla conoscenza prima di tutto delle diverse fiabe, dei vari oggetti, dei personaggi, perché leggendo successivamente il romanzo di Ian Beck, nei vari capitoli le attese del lettore sono arricchite da sottili anticipazioni date dai riferimenti alle opere dei fratelli Grimm e alla famosa fiaba della tradizione inglese, nella quale Jack è il contadino protagonista. Certo, giocare con le trame aprendo porte narrative per scrivere una storia non è facile. Per approfondire i temi del romanzo, invitiamo i lettori a guardare il video della puntata del Bidello Ulisse:
APRIRE PORTE NARRATIVE per riscrivere Il Piccolo Principe
Il piccolo principe di Saint Exupery non ha bisogno di presentazioni, tuttavia ci limitiamo a ricordare che in questa storia l’occhio del bambino e l’occhio dell’adulto sembrano incontrarsi. Quello degli adulti è un mondo che non sempre i bambini riescono a capire, ma anche gli adulti non comprendono l’infanzia e i bambini ogni tanto sono stufi di spiegare loro le cose della vita. Ecco il motivo per il quale, forse, la lettura dell’opera con i bambini si è rivelata sorprendente in una classe di quinta elementare. Gli allievi dell’insegnante Massimo Bonini di Massagno (Svizzera) hanno letto e discusso il testo, trascrivendo su una pergamena di ottanta metri le considerazioni formulate, i pensieri emersi durante il dialogo con il testo. Spesso i bambini sanno individuare dettagli che l’adulto non vede (e magari si tratta di poche cose essenziali, che danno senso alla vita):
“Buon giorno”, disse il piccolo principe.
“Buon giorno”, disse il controllore.
“Che cosa fai qui?” domandò il piccolo principe.
“Smisto i viaggiatori a mazzi di mille”, disse il controllore “Spedisco i treni che li trasportano, a volte a destra, a volte a sinistra”.
E un ripido illuminato, rombando come il tuono, fece tremare la cabina del controllore.
“Hanno tutti fretta”, disse il piccolo principe. “Che cosa cercano?”
“Lo stesso macchinista lo ignora”, disse il controllore.
Un secondo rapido illuminato sfrecciò nel senso opposto.
“Ritornano già?” domandò il piccolo principe.
“Non sono gli stessi”, disse il controllore “È uno scambio”.
“Non erano contenti là dove stavano?”
“Non si è mai contenti dove si sta”, disse il controllore.
E rombò il tuono di un terzo rapido illuminato.
“Inseguono i primi viaggiatori?” domandò il piccolo principe.
“Non inseguono nulla” disse il controllore. “Dormono là dentro, o sbadigliano tutt’al più. Solamente i bambini schiacciano il naso contro i vetri.”
“Solo i bambini sanno quello che cercano”, disse il piccolo principe. “Perdono tempo per una bambola di pezza, lei diventa così importante che, se gli viene tolta, piangono…”
“Beati loro”, disse il controllore. (pp.99-100)
In altri passaggi troviamo la descrizione del rapporto del principe con la rosa (alla quale occorre dedicare tempo, il tempo che tutti ci chiedono o ci rubano) oppure la dimostrazione dell’esistenza dell’asteroide B612 (sul quale probabilmente abita il Piccolo Principe) da parte di uno scienziato che veste con un abito alla turca: nessuno gli crede, ma quando, nel 1920, un dittatore impone di vestire all’europea, lo scienziato può riproporre la stessa argomentazione scientifica a sostegno della sua tesi, questa volta di fronte a un pubblico disposto a dargli credito.
La ricchezza delle osservazioni trascritte sulla pergamena è servita ai bambini per riscrivere un proprio “Piccolo Principe” in un progetto che li ha coinvolti per molti mesi. Durante le discussioni trascritte in un rotolo di carta di ottanta metri – didatticamente possiamo far riferimento all’approccio Tell me (DIMMI) spiegato da Aidan Chambers (2015) nel suo Piacere di leggere e come non ucciderlo (Sonda edizioni) o nel Lettore InFinito (Equilibri edizioni) – il docente Massimo Bonini ha osservato che tutto quello che i bambini «tiravano fuori era molto diverso da quello che io mi sarei aspettato che loro potessero dire di un libro, o quello che avrei chiesto, se avessi fatto domande di comprensione». «Non era il significato che per forza loro cercavano. Loro si fermavano su una parola, su una frase, ci ricamavano sopra, richiamavano ricordi, portavano altri libri che parlavano di questo o quel tema, portavano i film… Era un’altra maniera di leggere il libro».
Per nutrire i pensieri, gli allievi hanno letto anche altre opere, come L’approdo di Shaun Tan, o Il libro delle terre di Guillaume Duprat, in modo da rielaborare immagini di mondi dove viaggiare… come il Piccolo Principe.
In una sessione di discussione filmata, svoltasi in biblioteca, otto bambini che hanno svolto questo percorso di due anni, ricchissimo di contenuti, abbiamo parlato di storie e di scrittura: i bambini hanno spiegato la loro esperienza di lettori e ci hanno regalano considerazioni di rara sensibilità sulle difficoltà della scrittura. Rimando al video youtube (Il bidello Ulisse) per ascoltare e vedere i bambini e trascrivo una parte di intervista a Emily, che spiega cosa significa aprire le “porte narrative”, in qualità di scrittrice in erba. Emily ha dieci anni!
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Daniele Dell’Agnola: Emily, Tu hai letto, oltre al Piccolo Principe, anche L’approdo di Shaun Tan, per poter riscrivere il TUO Piccolo Principe. Che cosa hai recuperato da Shaun Tan?
Emily: Il modo di disegnare, il modo, anche disegnando una faccia, di interpretare quello che sta succedendo.
Daniele: Attraverso la scrittura…
Emily: Sì.
Daniele: Ma scrivere una scena e dare un’interpretazione cosa significa per te?
Emily: Significa: se tu hai un’idea chiara, devi interpretare quell’idea lì, che è simile ma magari non te l’aspettavi. Per esempio, nel finale avevo tantissime idee, però alla fine abbiamo dovuto toglierle perché c’era troppo poco tempo e troppe porte da chiudere e non c’era modo per inquadrare tutto.
Daniele: Quindi hai dovuto fare delle scelte?
Emily: Sì.
Daniele: E questo non è facile per uno scrittore.
Emily: No, non è facile per niente.
Daniele: Parlavi di porte. Se apri troppe porte narrative…
Emily: Non si chiudono, cioè, se si ha tanto tempo va bene, però se è come un anno scolastico che ha una fine non si può perché non si sa a che punto si arriverà alla fine.
Daniele: Grazie Emily.
BREVI ESPISODI PER FUTURE/I INSEGNANTI
Ho provato a proporre tre porte narrative agli studenti ventenni, futuri insegnanti che hanno seguito il mio corso opzionale “Leggere e inventare storie”, proposto alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana di Locarno.
A margine del breve itinerario dedicato al tema della “porta”, che verteva sui contenuti fin qui esposti, ho proposto di aprire almeno due situazioni: nella prima troviamo la bella addormentata che non si sveglia, nella seconda il cacciatore cerca inutilmente di sventrare il lupo. Le studentesse e gli studenti si sono divertiti, recuperando, nella costruzione narrativa, tratti di quotidianità (forse troppo grigia) che acquista una parentesi colorata. Il contrasto ricorda la stanza della bambina di Viaggio (Becker) e lo spazio dove cammina il bambino de La porta (Lee) opposti ai colori delle loro avventure.
È un tipico e noioso martedì pomeriggio, quando nella pausa dei 5 minuti quattro spavaldi studenti decidono di dare una svolta alla loro giornata, dirigendosi in mensa per un buon caffè. Tuttavia, mentre stanno discendendo le scale, si rendono conto che la porticina, che si trova sotto l’orologio presente sulle scale, è sorprendentemente socchiusa. I nostri impavidi eroi, incuriositi, decidono dunque di varcare la soglia per scoprire cosa si cela dietro codesta barriera.
Dolorante e triste Cenerentola è distesa sulle scale che portano alla sua cantina.
Marco chiede “Cara Cenerentola, cosa ti è successo?”, e la povera donna risponde “Scendendo le scale mi sono slogata una caviglia!”.
I quattro eroi portano Cenerentola in cucina e dal frigorifero prendono del ghiaccio che adagiano sull’arto inferiore. (S)fortunatamente, due degli impavidi personaggi del gruppo l’anno precedente si ruppero il legamento crociato e ormai, da esperti fisioterapisti, fanno un massaggio rilassante a Cenerentola, che magicamente riesce nuovamente a camminare con l’apposita scarpetta elegante. A questo punto Alice e Lorenzo interrompono la scena: “La pausa dei 5 minuti è finita! Cara Cenerentola, potresti indicarci la via più veloce per tornare al nostro mondo?”.
Cenerentola risponde ”Arrangiatevi!”, tirando una mannaia ai poveri e indifesi eroi che scappano e attraversano la porta del soggiorno. Sciaguratamente non approdano nel loro mondo, ma in quello di Cappuccetto Rosso, dove un furibondo cacciatore sta cercando di squartare il lupo. Il suo piccolo coltellino svizzero non riesce a incidere i robusti tessuti del canide e a questo punto Lorenzo, sfilandosi la mannaia conficcata nella schiena, dice “Eeeeh, yabadaaaa!”.
Il cacciatore, sbalordito ma allo stesso tempo felice, esclama “Vacca lögia, se avrei… un coltello più lungo taglierei più meglio, zio lupo!”. Lorenzo porge la mannaia al cacciatore che finalmente apre il lupo, riportando la nonna e Cappuccetto Rosso in libertà. A questo punto Alice chiede al cacciatore “Sapresti indicarci la strada per tornare alla Scuola Universitaria della Svizzera Italiana?”.
Il cacciatore, utilizzando un linguaggio non verbale impeccabile, indica con l’indice la porta di un grotto.
I quattro eroi così fanno e tornano al loro monotono martedì pomeriggio.
LE CHIAVI PER RISOLVERE PROBLEMI
Apriamo la porta della fiaba di Biancaneve e inventiamoci un inghippo che ha bloccato quel mondo narrativo. Nel dialogo con i ragazzini di prima media riusciamo a costruire uno schema. La discussione è guidata con domande che mirano a far avanzare la trama.
1) Matrigna stupida: NON SA AVVELENARE, non fa fare niente. È imbranata.
2) Conseguenza: Biancaneve vive pacificamente dai sette nani.
3) C’È PERÒ UN PROBLEMA: si stufa. Vuole una vita sua.
4) CHIAVE per risolvere il problema? SI ALLONTANA.
5) Dove va? Va al mare.
6) NUOVO CONFLITTO: fa molto caldo (lei indossa vestiti pesanti… il dettaglio diverte i bimbi perché c’è il contrasto con Biancaneve al mare)
7) CHIAVE PER RISOLVERE IL PROBLEMA? Entra in un negozio, ma non ha soldi.
8) CHIAVE PER RISOLVERE IL PROBLEMA? Il proprietario si innamora di lei e le propone di sposarla
9) Lei dice di no al matrimonio, però accetta di lavorare con lui nel negozio e di conoscersi. Poi si vedrà.
(Nella decisione per il finale c’è una discussione accesa: si sposa? Non si sposa? Dice sì? Dice no?).
Ecco una prima versione, improvvisata dal docente, prima di assegnare il compito ai bambini.
Biancaneve ha un problema: la matrigna è talmente rimbecillita, che non sa avvelenare la ragazza, così l’eroina vive pacificamente. Però si annoia, quindi decide di allontanarsi per costruirsi una vita, stufa di dover servire quotidianamente i sette nani. Arriva al mare, ma indossa le sue solite vesti, calde e pesanti. Lì fa un caldo da morire, allora deve cercare un costume e dei vestiti. Purtroppo non ha soldi per acquistare ciò che le serve. La temperatura supera i trenta gradi e Biancaneve non ce la fa più; vorrebbe spogliarsi e andare in giro nuda, ma la arresterebbero. Ad un certo punto vede un negozio, entra, e rimane incantata dai bellissimi vestiti esposti. Ne prova uno. Quando esce dal camerino per specchiarsi, il commesso, proprietario del posto, rimane abbagliato dalla bellezza della donna. Si avvicina:
– Bello. Le sta molto bene.
Biancaneve arrossisce.
– Sì. Se potessi averlo…
– Il prezzo è buono. Posso farle uno sconto.
– No. Ora lo tolgo e me ne vado.
– Signorina, la prego. Lei è tanto splendida! Le regalo il costume!
Ma c’è di più. Il dialogo tra i due prende il volo, così il giovane si innamora perdutamente, come quando hai un colpo di fulmine. A fine giornata, dopo che il ragazzo ha chiuso il negozio, ha invitato Biancaneve a mangiare il gelato, a passeggiare sulla spiaggia, a fare il bagno e a bere un super aperitivo, giunge una proposta strepitosa:
– Biancaneve, ora che ho iniziato a darti “del tu”, vuoi stare con me? Puoi lavorare nel negozio, faremo una vita in due.
– Non stai correndo un po’?
– Non vuoi sposare il tuo principe?
– Tu pensi che possa fidarmi di uno che mi regala un costume da bagno e mi offre un gelato? Per ora posso accettare l’offerta di lavoro. Non è che sia proprio innamorata di te, ma non sei male. Il tempo dirà la verità.
E così finisce questa storia, un po’ a metà.
A metà, perché questa indagine non si chiude qui…
BIBLIOGRAFIA
Charles Perrault, I racconti di Mamma Oca, trad. Elena Giolitti, Mondadori, Milano 2001.
Aaron Becker, Viaggio, Feltrinelli, Milano 2015.
Ji Hyeon Lee, La porta, Orecchio acerbo, Milano 2018.
Ian Beck, La vera storia di Tom Trueheart, giovane eroe, trad. F. Capelli, San Paolo, Milano 2009 (prima edizione inglese, 2006, The Secret History of Tom Trueheart, Oxford University Press, 2006).
Grimm, Fiabe, pref. Cocchiara, trad. Bovero, Einaudi, Torino 2017.
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, traduzione di N. Bompiani Bregoli, Bompiani, Milano 2016.
Aidan Chambers, Piacere di leggere e come non ucciderlo, a cura di M. P. Alignani Sonda edizioni, Casal Monferrato, 2015; Lettore InFinito, a cura di G. Zucchini, EquiLibri editrice, Modena 2015.
Shaun Tan, L’approdo, Tunué, Latina 2016.
Guillaume Duprat, Il libro delle terre immaginate, trad. Ombretta Romei, L’ippocampo, Milano 2018.