Così scrive un ragazzo di tredici anni, dopo un lungo lavoro svolto in classe (analisi e discussione) a partire da una poesia di Rainer Maria Rilke, che troviamo nelle Liriche e prose, tradotte da Vincenzo Errante per l’editore Sansoni (1984). L’allievo ha ripensato il componimento originale, dove si parla di un vento che si risveglia, modificandone il cuore tematico e sfruttando la struttura:
Nel colmo della notte, a volte accade
che si svegli, come un bimbo, il vento.
Solo, pian piano, vien per il sentiero
penetra nel villaggio addormentato.
Striscia, guardingo, sino alla fontana;
poi, si sofferma, tacito, in ascolto.
Pallide stan tutte le case, intorno;
tutte le querce: mute.
Dopo una fase di analisi del testo, grazie alla quale si riconosce la similitudine (il vento è come un bambino), si discutono i verbi che muovono l’immagine (“si risveglia”, “penetra”, “striscia”) e le parole che evocano staticità (“addormentato”, “guardingo”, “mute”, “stan”), si propone un laboratorio poetico, chiedendo agli allievi di imitare il modello. L’ossatura di base della poesia, inalterata, diventa un trampolino di lancio per ricostruire il testo, modificando il cuore tematico: seguo gli spunti offerti da Chiara Carminati nel suo libro intitolato Perlaparola e pubblicato dall’editore Equilibri di Modena.
Alcuni allievi sono aiutati nella riscrittura, perché senza idee e sprovvisti di parole; altri si dimostrano già capaci di rielaborare pensieri e immagini, trasferendo il testo dentro nuovi significati.La lettura ad alta voce del componimento dedicato alla rabbia scatena un certo risentimento da parte di alcune compagne di classe: contestano il fatto che delle donne possano stare lì, zitte, mentre lui sfoga la sua rabbia indiavolata!
“Chi sono queste donne mute, in casa tua?”
“Mia mamma e le mie sorelle.”
“E stanno zitte?”
“Era per dire… è solo un compito!”
“Per fortuna non sono tua sorella. Ti farei stare zitto.”
“Con cosa?”
“Con le mie parole.”
La discussione prosegue, finché un’allieva chiede di declamare i propri versi:
Nel colmo della notte, a volte, accade
che si aggiri, come un lupo, la rabbia.
Sola, procurando rumore, cammina per le strade,
penetra nel villaggio addormentato,
striscia, spericolata, sino al gregge.
Poi si sofferma, tacita, scrutandolo.
Pallide son tutte le case intorno,
tutte quelle pecore mute.
La rabbia è come un lupo tra le pecore mute: l’idea è potente, quindi germogliano discussioni, si rivedono e si migliorano i versi cercando qualche endecasillabo. Di seguito, nel video, un’altra versione di questa poesia rielaborata.
A questo laboratorio poetico si aggancia la lettura del romanzo di Guus Kuijer Per sempre insieme, amen. La protagonista è Polleke, undicenne controcorrente che vuole diventare poeta in una classe in cui tutti, per provocare il maestro, sognano una carriera come generali. Polleke è fidanzata con Mimun, un musulmano che le spiega di non poter più stare con lei, perché nella sua cultura non è ammissibile che una donna sia poeta. La reazione della ragazza è piena di rabbia: “Vai a quel paese, tu e la tua cultura. Trovati una donna con già uno strofinaccio in testa” scrive in un bigliettino.
Per sempre insieme, amen è un romanzo penetrante, dove i conflitti trovano anche una soluzione nelle parole, nella meraviglia della poesia, nel coraggio di vivere l’amore e addirittura nella preghiera, entro situazioni narrative che sanno incantare i giovani lettori e gli adulti.
Sul ruolo di genere e sempre nell’ambito dei conflitti che fanno crescere, decido di continuare l’esperienza di lettura con gli stessi allievi, portando La guerra dei bottoni di Louis Pergaud, nell’edizione tradotta da Angela Nanetti per i tipi di EL. Di seguito, un video di presentazione del libro.
Di questo lungo percorso scriverò prossimamente; per ora mi limito a citare un episodio significativo.
Gli allievi, dopo aver letto in classe il libro e dopo una serie di riflessioni sui temi legati alla guerra tra bande e all’organizzazione di quelle comunità di ragazzini cresciuti nella Francia contadina di inizio Novecento, ricevono il compito di scegliere una situazione narrativa presente nella storia, di disegnare le scene attivando il proprio “cinema mentale”:
traducendo infine le sequenze in un testo che comprenda delle didascalie (cosa vedo?) e dei dialoghi (cosa si dicono i personaggi?): l’obiettivo è di scrivere un copione.
Due ragazze scelgono di capovolgere la situazione narrativa. Nel libro, infatti, sono i maschi a combattere le battaglie, a imprigionare qualche nemico e a staccargli i bottoni della camicia come punizione. Le femmine devono semmai ricucire i pantaloni e limitarsi a un sostegno in retrovia. Le allieve decidono allora di rappresentare una scena in cui tutti i guerrieri di Longeverne sono prigionieri dei nemici di Velrans, così le ragazzine si devono attivare nel liberarli per assumere un ruolo centrale nella vicenda: tradendo l’originale di Pergaud, le allieve rivelano un mondo diverso.
Nello stesso gruppo lavora un alunno che decide in un secondo momento di riscrivere una scena diversa, isolandosi dalle compagne, non condividendo le loro scelte.
Il percorso prelude a un’attività di scrittura più complessa: agli allievi si chiede di presentare il libro nella forma scritta, organizzando il testo in blocchi informativi e recuperando le considerazioni formulate e condivise in classe.
La mia speranza, in un mondo di rabbia, è che la scuola sappia offrire l’opportunità ai ragazzi di respirare l’incanto delle storie, la preziosità delle parole, la potenza dei pensieri e del confronto aperto.