Surfing #10 Guida alle web app per la didattica (1)

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Negli ultimi anni, l’attenzione per le web app destinate alla didattica è cresciuta in maniera esponenziale. Sono tante, tantissime, e possono essere utilizzate per i più svariati scopi, didattici o meramente pratici. Come fare a destreggiarsi? Ci sono insegnanti che hanno captato tra i propri colleghi e le proprie colleghe il desiderio di mettersi alla prova e il contestuale bisogno di una guida. Da qui, il proliferare di tutorial e repository curate proprio da docenti che hanno scelto di mettere in condivisione le proprie esperienze. Nel secondo di questi due articoli di surfing dedicato alle webapp proverò a fare un elenco ragionato delle principali risorse online, da cui ogni insegnante può attingere ogni qualvolta desideri sperimentare, chiarirsi le idee, confrontarsi. Ora, però, vi riporto un’interessante chiacchierata con Andrea Maiello.

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Giovane docente di italiano e latino, Andrea è anche formatore di insegnanti sull’uso delle tecnologie applicata alla didattica. In seguito alla sua esperienza come formatore, Andrea ha deciso di realizzare brevi video-tutorial fruibili online attraverso il canale YouTube, la pagina e il gruppo Facebook Prof in rete.
Sono tanti gli spunti di riflessione emersi dalla chiacchierata con Andrea: si tratta di questioni su cui può essere utile interrogarsi per non perdere, tra un click e l’altro, l’obiettivo che guida le scelte quotidiane di ogni insegnante: la didattica.

Possibili utilizzi didattici delle web app 

Andrea ha iniziato a integrare gli strumenti didattici tradizionali con le nuove tecnologie, fin dal suo primo approccio con l’insegnamento. Per un motivo piuttosto pratico: «mi semplificavano la vita in molti momenti dell’attività didattica – racconta Andrea – e rendevano più snelle certe operazioni che si prestavano a ritardi o a inconvenienti». Come il banale quanto fastidioso: “Prof, ho perso la fotocopia!” «Le prime esperienze in questa direzione sono state le pagine web. Le utilizzavo per condividere online i materiali che distribuivo alla classe con le fotocopie. Se uno studente perdeva la sua copia, poteva ritrovarla online e ristamparla in autonomia».

Le funzionalità aggregative di molti strumenti hanno anche consentito a Andrea di raccogliere e valorizzare gli stimoli che venivano direttamente dalle sue classi: «molte loro curiosità nascevano da contesti informali: trasmissioni televisive, video in rete». Da qui, la creazione di repertori online di link e videoda cui attingere per integrare le lezioni: non per semplificare le lezioni, ma per stimolare l’interesse con materiali tratti da fonti alternative ai libri di testo.

«Man mano che la rete diventava pervasiva, capivo che stava ancge diventando lo strumento privilegiato di ricerca di informazioni da parte degli studenti e delle studentesse che dunque non erano gli appunti presi a lezione, ma proprio internet». Andrea ha scelto di non combattere questa tendenza, cercando però di contestualizzarla, a partire da una valutazione importante: le risorse online consultate non erano sempre erano affidabili. Da qui l’idea di creare insieme alle sue classi delle wiki: «la mattina facevamo lezione e il pomeriggio, in gruppi di lavoro, i ragazzi e le ragazze organizzavano gli appunti in wiki online». L’attività non solo offriva un’alternativa valida a risorse non sempre autorevoli, ma aveva anche due importanti risvolti didattici. Il meccanismo dei collegamenti ipertestuali tipico delle wiki consentiva di realizzare connessioni tra le singole parti di una disciplina: «riuscivano a passare tranquillamente dal canto I della Divina Commedia alla definizione dell’allegoria».
E soprattutto, l’operazione di costruzione dei propri materiali studio era coerente con il costruttivismo: «è un approccio didattico in cui credo molto».

Infine, il divertimento e la gratificazione nello svolgere questo tipo di attività sicuramente rafforza la motivazione. In questo senso, Andrea organizza spesso quiz: «i ragazzi e le ragazze costruiscono le domande, a partire dalle mie lezioni. Domande adeguate, sfidanti, stimolanti. Poi a squadre si sfidano, tablet in mano. Si tratta di un’attività che agevola lo scambio di informazioni e, quindi, l’apprendimento».

I rischi della rete

Non mancano ovviamente gli aspetti problematici, prima fra tutte la sicurezza in rete. «L’utilizzo della rete espone gli studenti e le studentesse a dei rischi, in termini di privacy, di limiti di età per il possesso di account online: tutti aspetti che ogni insegnante che decida di muoversi in questa direzione deve conoscere». Ma questo non deve spaventare, anzi: la scuola mai come ora ha la responsabilità di guidare le nuove generazioni attraverso i cambiamenti profondi e repentini del mondo in cui viviamo. «La competenza digitale è una delle otto competenze chiave di fronte alle quali non possiamo chiudere gli occhi – ricorda Andrea – e i nostri alunni e le nostre alunne si muoveranno comunque in rete, e correranno dei rischi». La scuola deve fornire loro gli strumenti necessari per riconoscere l’attendibilità delle informazioni, per tutelarsi dai pericoli legati alla divulgazione dei propri dati online. In questo senso, l’uso integrato delle nuove tecnologie nella didattica può diventare interessante.

Difficoltà logistiche: come aggirarle

Una seconda problematica è di carattere logistico: non tutte le scuole sono attrezzate in questo senso. Ma in un momento storico in cui la tecnologia ce la portiamo addosso, «è possibile organizzarsi in ambienti anche molto tradizionali con le risorse a disposizione – dice Andrea – penso al BYOD (Bring your own device). Fermo restando, la possibilità di accedere a una rete di istituto, è possibile integrare nella didattica l’utilizzo dei dispositivi individuali degli alunni e delle alunne». Le applicazioni possono essere molteplici: realizzare foto per documentare l’attività didattica, organizzare quiz.

Web app: strumenti utili ma non irrinunciabili

Andrea tiene a fare una precisazione:«se gli strumenti online sono utilizzati solo come tentativo di avvicinamento alle abitudini delle nuove generazioni, funzionano poco: le tecnologie devono portare al docente un vantaggio». Che sia di natura pratica o didattica, devono comunque aggiungere un valore aggiunto all’insegnamento.
Se da un lato non mancano le resistenze all’utilizzo di questi strumenti, dall’altro non è nemmeno consigliabile lasciarsi prendere dall’ansia di sostituire, a tutti i costi, gli strumenti tradizionali con gli strumenti online.

«Circola in rete un video molto bello, – aggiunge Andrea – un video in cui il maestro Manzi insegna con spazzolino e dentifricio quali operazioni sono necessarie per una corretta pulizia dei denti. Smonta un’operazione complessa in operazioni semplici: educa a un pensiero algoritmico. Quello che oggi si fa con un robottino si può fare anche con uno spazzolino da denti e un dentifricio. Una volta che l’obiettivo è chiaro, la strada si trova. Le tecnologie rendono meno accidentato il percorso, riducono i tempi morti, ma di fatto molto si può fare ancora in modo tradizionale».

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Annachiara Scalera

Facebook Manager per Loescher Editore, blogger di Vitadafemmina.it, giornalista freelance. Dovevo dare senso al mondo. L’ho studiato sui libri. Non è stato sufficiente. Allora, nel mondo ci sono entrata, da segretaria, educatrice, operaia, promoter, bidella, organizzatrice eventi. Ma visto dall’interno, il mondo è ancora più incomprensibile. Allora, ho iniziato a tradurlo, scrivendo. Articoli, post, racconti: parola dopo parola, tutto aveva più senso. Non ho più smesso. È stato così che, a quasi tre decadi di esistenza, mi sono ricordata che da grande avrei fatto questo: scrivere.

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