In un precedente articolo ci siamo chiesti, stimolati dalla lettura del libro di Aldo Grassini, Per un’estetica della tattilità. Ma esistono davvero arti visive? (Armando Editore, Roma 2015), quali siano le differenze principali fra vista e tatto nell’avvicinarci a un oggetto e, in particolare, a un’opera d’arte.
Oggi scopriremo come si possa esplorare con il tatto un’opera di pittura. Sembra quasi un controsenso: come si può pensare di “toccare” un dipinto? Eppure…
Per fare questa esperienza mi sono recata al Museo tattile di Pittura antica e moderna Anteros di Bologna, istituito nel 1999 nell’ambito dell’ottocentesco Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza (che ospita anche l’interessantissimo Museo Tolomeo).
Obiettivo primario del museo Anteros è quello di educare all’uso integrato dei sensi residui le persone disabili della vista, rafforzando le loro facoltà percettive e cognitive. La pittura si rivela così non solo un mezzo per avvicinare le persone non vedenti o ipovedenti all’arte, ma anche come mezzo fondamentale per facilitare la comprensione delle relazioni delle forme in uno spazio. L’esplorazione tattile, però, può educare anche la sensibilità delle persone vedenti, portandole a scoprire le cose da un diverso punto di vista. Un museo utile a tutti, quindi.
La responsabile del museo, Loretta Secchi, mi introduce nella sala che ospita le postazioni di lettura dedicate alle traduzioni in bassorilievo di noti dipinti, corredate da schede descrittive storico-artistiche in Braille o stampate con caratteri ingranditi.
Molte riproduzioni realizzate nel laboratorio del museo sono ospitate in musei italiani e internazionali: nei Musei Vaticani, la Deposizione di Caravaggio, la Trasfigurazione di Raffaello e uno dei Ritratti del Fayyum; agli Uffizi, la Nascita di Venere di Botticelli; a Palazzo Te a Mantova, nella Pinacoteca di Bologna (e infatti ci accoglie San Giorgio e il drago di Vitale da Bologna), nella National Gallery di Washington. Una vera e propria filiazione del museo Anteros, inoltre, è stata creata a Tōkyō nel 2013.
- Postazioni per la lettura tattile delle opere. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Traduzione di San Giorgio e il drago di Vitale da Bologna. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Postazione di lettura di Amor sacro e Amor profano di Tiziano. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Postazione di lettura della Nascita di Venere di Botticelli. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Lettura guidata del Cristo morto di Mantegna. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Postazione di lettura della Grande onda di Hokusai. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Particolare della Grande onda di Hokusai. Museo tattile Anteros, Bologna.
- Laboratorio di modellazione della creta. Museo tattile Anteros, Bologna.
La realizzazione di ogni bassorilievo è frutto di un incredibile lavoro interdisciplinare, in cui hanno collaborato storici dell’arte, esperti in teoria e in pedagogia dell’arte, in psicologia della percezione tattile e ottica, in tiflologia e scultura applicata. Scopro così, con sorpresa, che per l’esplorazione tattile di un dipinto-bassorilievo sono adottate le teorie di Erwin Panowsky, con i tre progressivi livelli di interpretazione dell’immagine a cui corrispondono tre successivi livelli di lettura.
L’analisi preiconografica di Panofsky corrisponderà così alla percezione tattile delle singole forme e delle strutture del dipinto; quella iconografica ci porterà a riconoscere il contenuto dell’immagine; l’interpretazione iconologica attribuirà un significato complessivo a quanto abbiamo esplorato.
Ed è proprio seguendo questo percorso in tre tappe che ha luogo la mia visita guidata. Giampaolo Rocca, non vedente acquisito, guida storica del museo, mi farà scoprire, a livello tattile, il bassorilievo che riproduce La Grande Onda, xilografia del grande artista giapponese Katsushika Hokusai. Quindi io so che cosa stiamo per esplorare, ad occhi chiusi. Lo so, ma le mie mani, da sole, non saprebbero bene come muoversi e dove andare. È Giampaolo che guida le mie mani, nella perfetta progressione del metodo di Panofsky. Prima mi fa riconoscere le forme: il profilo dell’onda, quello delle imbarcazioni, il monte Fuji, le teste dei pescatori; poi mi descrive l’immagine dando un senso a quello che sto esplorando. L’ultima fase è quella dedicata alla lettura iconologica, con il confronto fra la cultura orientale, in cui la natura è l’indiscussa protagonista, e quella occidentale in cui domina l’uomo, al centro dell’universo.
Mi rendo conto subito di una grande differenza: la memoria tattile è effettivamente diversa da quella visiva. Con la vista colgo – e ricordo – l’insieme; con il tatto colgo – e ricordo – il particolare. Con l’esplorazione tattile, non riesco a ricostruire un’immagine mentale completa dell’opera. Ci vorranno più ripetizioni per riuscire a ricordare l’insieme: ricordo frammenti di immagine sotto i polpastrelli, i leggeri rilievi degli schizzi delle onde, il profilo acuto delle imbarcazioni, le teste tondeggianti degli uomini. La mia percezione dell’opera è diversa da quella che ho quando la guardo. Ma il senso c’è, anche in questo caso, c’è un’esperienza estetica, cognitiva ed emotiva.
Chiedo a Giampaolo di riportare le mie mani al monte Fuji. Dopo qualche tentativo riesco da sola a riconoscerlo (e questo mi dà molta soddisfazione!), poi percorro la cresta della grande onda, e ritrovo le imbarcazioni e i piccoli personaggi, sovrastati dalla forza della natura.
Quando riapro gli occhi, mi sembra di essere di fronte a un’opera che non conoscevo del tutto: la guardo in modo diverso. Ora gli schizzi delle onde del mare posso anche sentirli sotto le dita, e così il tumultuoso movimento del mare, e la fragilità delle imbarcazioni.
Nella sua lettura, Giampaolo ha recuperato un’attività che noi stiamo accantonando: la descrizione.
La descrizione verbale è simultanea alla guida tattile, rafforza la comprensione dell’opera, ma non deve prevaricare. Il linguaggio è semplice ed essenziale, puramente informativo.
Nella scuola di fine Ottocento-inizi Novecento c’erano i tabelloni didattici appesi alle pareti. In un paese come l’Italia, con un alto tasso di analfabetismo, i tabelloni servivano non solo a convogliare informazioni, ma anche a stimolare i bambini a descrivere quello che vedevano. In questo modo avrebbero appreso a esprimersi, acquisendo nuovi vocaboli e sostituendo l’italiano al loro dialetto nativo.
Se noi proviamo a descrivere un’immagine, generalmente saltiamo subito al suo significato, o meglio, a quello che noi pensiamo sia il suo significato, in base alle nostre conoscenze, alla nostra esperienza, alle nostre credenze. Non ci limitiamo all’osservazione, arriviamo direttamente alle conclusioni.
Pensiamo alle differenti versioni dei testimoni che devono descrivere un fatto a cui hanno assistito.
Negli Usa, per imparare a descrivere la scena di un crimine, è stato varato un progetto per portare i poliziotti di New York nei musei. Davanti alle opere del Metropolitan Museum of Art devono imparare a notare i dettagli e a descrivere le immagini. Devono dire quello che vedono, senza saltare a conclusioni affrettate. In questo modo si confrontano con le descrizioni degli altri colleghi e capiscono come la scena possa essere vista, vissuta e percepita in tanti modi diversi. Un esempio particolarmente efficace è quello relativo a un dipinto raffigurante Cristo che caccia i mercanti dal tempio: per un poliziotto si trattava di una persona mentalmente disturbata che stava creando confusione, e che lui avrebbe arrestato immediatamente.
L’esperienza del museo prevede la verifica dei processi cognitivi nel laboratorio di modellazione della creta: dalla lettura tattile alla ricostruzione mentale dell’immagine, alla sua riproduzione in creta. Attraverso la restituzione plastica di un’opera esplorata con il tatto, sotto la guida di esperti scultori, è possibile cogliere i diversi gradi di percezione e conservazione mnemonica delle immagini.
Mi affaccio infine nel laboratorio dove vengono realizzati i bassorilievi. Anche qui, ogni processo è studiato e discusso fra operatori con differenti competenze, tenendo sempre presente qual è il fine della riproduzione e a quale pubblico è principalmente rivolta.
La prima fase progettuale prevede lo studio della riproduzione in scala del dipinto e della traduzione dei valori estetici pittorici in valori tattili. Le linee di contorno dell’immagine vengono trasportate su lucido, e quindi su un piano di argilla.
La realizzazione è artigianale, a opera di uno scultore, procedimento che permette una maggiore finezza interpretativa. Inizia quindi il processo di modellazione e costruzione dei volumi, con particolare attenzione ai rapporti di profondità; una volta realizzato il prototipo in creta si procede alla definizione dei dettagli e alla cottura del bassorilievo.
Sia in questa fase, che alla fine del procedimento, il rilievo viene sottoposto a un test di leggibilità tattile da parte di persone minorate della vista con competenza in materia. Dall’opera così realizzata si ricava uno stampo in gomma siliconica (immagine in negativo) da cui produrre copie positive in gesso alabastrino (più piacevole al tatto) o in resina bianca (più resistente).
Il sito del museo offre molti esempi di schede di opere di pittura tradotte in bassorilievo, con consigli per un’appropriata lettura tattile: dal Cristo morto di Mantegna, al Cenacolo di Leonardo.
Mi chiedo come si possano comunicare, attraverso il bassorilievo, alcuni elementi propriamente visivi: sto pensando al rapporto luce-ombra di Caravaggio. Mi viene spiegato che per agevolare l’esplorazione tattile non si può mai rinunciare alla forma, e che devono essere evidenziate alcune linee privilegiate per orientare la lettura, evitando confusione e dispersione. Per rendere le parti in ombra dei dipinti di Caravaggio esistono però altre possibilità; si possono rendere con una texture diversa, o con materiali che restituiscono una diversa temperatura.
Necessariamente, in una traduzione, qualcosa si perde. Nella pittura si perde sicuramente il colore, perché le qualità cromatiche non sono riconducibili (almeno per ora) a sensazioni alternative. Anche i non vedenti congeniti, comunque, devono essere informati dell’esistenza di questa “categoria”, che d’altra parte si può comunicare alle persone ipovedenti con riproduzioni fotografiche ingrandite e video ingranditori.
Si perdono anche la sensazione della materia e la tecnica dell’originale (sto pensando a quei dipinti particolarmente materici, in cui i grumi di colore sporgono dalla tela). Ma vale comunque la pena comunicare la pittura. E vale la pena provare la lettura tattile di un dipinto: ci insegnerà a guardare in modo diverso un’opera già nota, e soprattutto a conoscere, e a utilizzare meglio, tutti i nostri sensi.
Museo tattile Anteros
Istituto dei ciechi Francesco Cavazza
Via Castiglione 71 – 40124 Bologna
Tel. +39 051 332090 – Fax. +39 051 332609
Orari di apertura al pubblico: venerdì 9.00-18.00; sabato 9.00-13.30 (è consigliata la prenotazione).
Facebook: https://www.facebook.com/museoanteros/?fref=ts