È di quest’ultimo periodo, per esempio, una nuova iniziativa di Amazon, Kindle Unlimited, attualmente in versione di prova.
Per la modica somma di 9.99 dollari al mese, sarà possibile leggere tutto quello che si vuole – e si riesce, come in certi luoghi di ristorazione –, attingendo alla collezione di libri elettronici di Amazon.
“All you can read”, insomma: offerta che appare lì per lì davvero allettante; la fruizione del catalogo (attualmente circa 600.000 titoli) avviene in streaming online, come già sperimentato in modo efficace per musica e film, i cui sistemi di distribuzione – adottati da diverse altre aziende – funzionano e soddisfanno le esigenze di intrattenimento dei loro clienti. Del resto, non è nemmeno una novità assoluta: Scribd e Oyster funzionano già in questo modo. A fare rumore e suscitare stupore sono la notorietà e le dimensioni di Amazon, che fanno pensare a un nuovo modello, non solo di business.
Tanto che si è immediatamente manifestato il plauso incondizionato dei soliti sostenitori dell’innovazione “senza se e senza ma”, pronti ad affermare convinti che “la lettura cambia”.
E in effetti questa volta hanno perfettamente ragione: le condizioni di lettura implicate da questo scenario sono diverse da quelle a cui siamo abituati ed è bene esserne consapevoli.
Con l’abbonamento si acquisiscono i diritti di fruizione culturale personale via Internet di tutti libri (in realtà dei testi e del loro eventuale corredo culturale) attuali e di quelli che andranno via via a arricchire la collezione di Amazon.
L’acquisto di un libro tradizionale o digitale, invece, consente a ciascun consumatore di beneficiare solo del contenuto dell’oggetto cartaceo o del file di cui entra in possesso, collocando poi il primo sulla scrivania, in tasca, sul comodino e così via e il secondo, invece, su un dispositivo digitale di sua proprietà.
C’è però un altro aspetto della questione, una sorta di rovescio della medaglia.
Chi smettesse di acquistare volumi a stampa o ebook, avrebbe comunque accumulato una propria biblioteca, a cui potrebbe attingere in qualsiasi momento, per rileggere, confrontare, citare e così via.
In caso di cessazione del versamento del canone per lo streaming – che implica la completa dematerializzazione dei manufatti culturali utilizzati – agli utenti non resterebbe invece assolutamente nulla. La stessa (e in quel caso non prevista) sorte – descritta da Hess e Ostrom in La conoscenza come bene comune – in cui incorrevano qualche tempo fa quelle università e quei centri di ricerca che scoprivano di non avere più i fondi per mantenere attivi gli abbonamenti a riviste leggibili soltanto mediante un accesso protetto, non scaricabili da parte dell’utente e quindi perdute anche per i numeri coperti dagli abbonamenti stessi.
Di segno opposto, però, un altro lancio. “Play on the iPad with Real People and Real Objects”: è questo lo slogan di Osmo, batteria di giochi per bambini che in questi giorni è possibile pre-ordinare, per riceverla poi a casa propria a ottobre 2014. Una sorta di telecamera dotata di sensore consente l’interazione tra un iPad e una serie di oggetti materiali, che l’utente può combinare e ordinare, vedendo in tempo reale gli effetti di ciò che fa sullo schermo del tablet.
Con buona pace del totalitarismo digitale.