L’ora di religione

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Tra le varie anomalie del nostro Paese, per quanto riguarda i sistemi scolastici, c’è quello dell’Insegnamento della Religione Cattolica. Se ne accorse persino Francesco Profumo, ministro del governo tecnico Monti, le cui dichiarazioni sul tema fecero scalpore: «Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso».

 

La proposta di archiviazione (o quasi) dell’’ora di cattolicesimo (IRC) che, come è noto, è stata introdotta dal regime concordatario voluto da Mussolini nel 1929 e riconfermato da Craxi nel 1984, lasciò molti sconcertati, facendo alzare la voce a moltissimi altri. Fu lo stesso Profumo ad affermare che «nelle nostre classi il numero degli alunni che non partecipano all’ora di religione ha superato il 10%… e il numero degli studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30%», ed è forse l’unico merito da riconoscere al suo oscuro mandato. È di questo inverno la notizia che in una quinta liceo classico del Liceo Colombo di Genova tutti gli alunni hanno scelto di non avvalersi dall’ora di religione, e non a causa di conflitti con il docente.

Il quadro generale

L’insegnamento della religione cattolica esiste perché esiste il concordato. Nella legislazione postunitaria l’insegnamento (facoltativo) era previsto solo per le scuole elementari, affidate ai comuni. Nel 1923 il primo governo fascista, con la riforma della scuola, lo rese obbligatorio. Con il concordato del 1929 si introdusse l’ora di religione anche nelle scuole medie e superiori, quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica».
Nelle modifiche concordatarie del 1984 la formula venne trasformata così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principî del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado».
Apparentemente un progresso: nei fatti, l’insegnamento della religione cattolica (IRC) venne così esteso anche alle scuole materne.
Il nuovo Concordato ha dunque apparentemente introdotto la facoltatività dell’IRC, rinunciando all’idea dell’obbligatorietà della religione di Stato a favore del “diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento” – art.9, comma 2. In realtà il meccanismo amministrativo per la rilevazione di coloro che intendono avvalersi dell’insegnamento ha reso tale facoltatività difficile da comprendere, oltre che da praticare, in considerazione anche delle modalità di collocazione dell’insegnamento nell’orario di lezione. Il non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica non può determinare obblighi di frequenza di attività alternative; l’ora di religione cattolica non è opzionale ad altro e con la sentenza della Corte Costituzionale n.13 del 1991, antesignana della n.203, si arriva a sostenere che – qualora gli alunni decidano di non seguire le attività alternative, proposte dalla scuola – è nella loro facoltà di allontanarsi anche dall’edificio scolastico.

I docenti

«All’autorità della Chiesa è sottoposta l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola o viene procurata per mezzo di vari strumenti di comunicazione sociale; spetta alla Conferenza episcopale emanare norme generali in questo campo d’azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su esso». (Diritto Canonico, canone 804).
«L’Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come insegnanti di religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica. È diritto dell’Ordinario del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedono motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi» (Diritto Canonico, canone 805).
Questi sono i due canoni che costituiscono – combinati con la legge 186/03, con la quale Moratti immise in ruolo gli insegnanti di IRC, modificandone lo status giuridico – il sostanziale motivo di un dibattito che non tende, fortunatamente, a smorzarsi: l’insegnante di religione cattolica è selezionato dai vescovi sulla base della sua organicità all’ideologia della Chiesa, che ne controlla “dottrina e costumi”. Vuol dire che la Curia stabilisce criteri, seleziona, recluta e – talvolta – rimuove coloro che si dimostrano “eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana”; e lo Stato paga, in termini economici e in termini di laicità, garantendole di fare tutto ciò nell’ambito della scuola pubblica. Lo Stato italiano (asservito da questo punto di vista alla Chiesa Cattolica sin dai Patti Lateranensi, continuando a obbedire a quanto essa decide), con la norma del 2003 garantisce che questi particolarissimi docenti possano anche andare ad insegnare materie diverse (quelle obbligatorie per tutti) dalla religione cattolica, se ne hanno i titoli e in caso di rimozione (prerogativa insindacabile del vescovo competente) dal ruolo in RC, scavalcando nelle relative graduatorie i docenti curricolari. Gli automatismi salariali dei docenti IRC, infine, sono differenti da tutti gli altri e più vantaggiosi.

Gli studenti

Se numerose sono le anomalie dal punto di vista dei docenti, non inferiori si rivelano quelle relative agli studenti. Ogni anno, per esempio, è necessario controllare i termini in cui si esprime l’ordinanza relativa agli esami di Stato del II ciclo. Nel nostro ordinamento il docente di IRC fa parte degli organi collegiali dell’istituzione scolastica e possiede pertanto lo status degli altri insegnanti; però non esprime un voto numerico in decimi, limitandosi a compilare una speciale nota, da consegnare assieme al documento di valutazione; è sua prerogativa votare per l’ammissione o la non ammissione di un allievo alla classe successiva o agli esami finali, ma solo per gli alunni che hanno seguito l’attività di RC; il giudizio, qualora il suo voto in sede di scrutinio finale risulti determinante, diviene un giudizio motivato scritto a verbale.
La religione cattolica non concorre al calcolo della media, nonostante siano state tentate numerose forzature, contro cui si sono pronunciati Tar e Corte Costituzionale. Solo nel 2008 siamo riusciti a scongiurare, con una mobilitazione di forze provenienti dall’associazionismo scolastico, tra cui l’associazione Per la scuola della Repubblica, di cui faccio parte, che fosse dichiarato illegittimo il fatto che l’ordinanza ministeriale sui crediti per l’Esame di Stato prevedesse il riconoscimento a pieno titolo dell’attribuzione del credito scolastico da parte del docente di religione cattolica e di attività alternativa. Fu stabilito da allora in poi che il voto IRC non determinasse il passaggio da una fascia all’altra del credito scolastico, ma potesse intervenire solo nella determinazione della banda di oscillazione all’interno della stessa fascia. Mi rendo conto che per i non “addetti ai lavori” si tratti di materia oscura e poco intellegibile. Ma, per farla breve, l’arbitrarietà con cui era previsto fossero valutati coloro che non si avvalgono (che, ricordiamo, possono seguire un insegnamento alternativo se le scuole lo istituiscono, cosa che non accade necessariamente; praticare un’attività di studio individuale; o uscire da scuola, ottenendo, con certificazione dell’attività svolta, accesso a crediti diversamente valutabili dai diversi istituti) rispetto al credito che, invece, veniva attribuito automaticamente a chi avesse frequentato IRC, determinava condizioni in cui la legge non era uguale per tutti, configurando persino diseguaglianze tra i diseguali.

Qualche conto

La circostanza che non tutte le scuole – a maggior ragione, considerando i tagli che ci sono stati – sono in grado di garantire l’insegnamento della materia alternativa non è neutra, perché rischia di segnare un netto discrimine tra studenti. È chiaro, però, che i numeri denunciati dallo stesso Miur e molte situazioni che si stanno determinando richiedono da una parte la nostra incessante vigilanza, dall’altra a breve una auspicabile revisione della situazione del nostro Paese.
La sordità più o meno mascherata con cui i governi trasversalmente hanno reagito allo stesso di deprivazione progressiva cui la scuola pubblica è stata ridotta rende ormai inutile recitare il cahier de doléance, lungo e dettagliatissimo, a questo proposito. Quello che è certo, però, rispetto al tema di cui ci occupiamo, è che la riduzione di 135.000 posti di lavoro entro l’anno scolastico 2011-12 riguarda i docenti di tutte le discipline, tranne i 15.000 docenti di ruolo e i 10.000 “precari” di Religione Cattolica.
In entrambi i casi l’anomalia è tanto più grave poiché riguarda personale (come ho già evidenziato) pagato dallo Stato Italiano, ma sottoposto – in termini di operato e di contenuti – alla gerarchia cattolica, che lo abilita, lo inserisce e lo rimuove, secondo le norme del diritto canonico. La riduzione del tempo scuola nella primaria appaiono ancor più clamorose, considerando che né alla primaria né alla scuola dell’infanzia sono state toccate le 2 ore di IRC. Se sull’orario di 30 ore settimanali l’incidenza di questo insegnamento corrispondeva al 6.7%, con la scuola a 24 ore curriculari proposta dal governo (e sventata in alcuni casi solo grazie alla capacità della scuola primaria di mantenere fede alla propria vocazione democratica e di tutela dei diritti) che ha lasciato le ore di IRC inalterate, l’incidenza sarebbe/è dell’8.3%. Si tratta di cifre abbastanza impressionanti, considerando la vocazione laica della scuola dello Stato e la scure che la cura Tremonti e l’incuria che Gelmini e i ministri che l’hanno seguita hanno esibito nell’abbattere posti e qualità nella scuola pubblica italiana. Ancora peggiore la situazione alle superiori: in una complessiva riduzione di più del 10% del monte ore – con il relativo taglio di tutte le sperimentazioni e tutte le classi di concorso “toccate” – proposta dai regolamenti della (contro)riforma Gelmini, dai licei ai tecnici ai professionali, e che ha visto “semplificazione” o “razionalizzazione” come etichette eufemistiche di una drastica operazione di tagli e addirittura di falcidia su taluni insegnamenti, l’ora di religione rimane garantita. Con l’aggravante che, alle superiori, sono proprio quei tagli che impediranno definitivamente l’istituzione dell’ora di insegnamento alternativo per coloro che non si avvalgono. Si aggiunga che per istituire una classe di IRC (ossia per impegnare l’ora di un docente) basta un unico studente. Dato clamoroso per un duplice motivo: a) per lo squilibrio, al contrario, che caratterizza l’attuale rapporto alunni-docente, ritoccato sempre al rialzo, con una realtà di classi affollatissime e di conseguente difficile gestione da parte dei docenti, con una totale incuria dei diritti all’apprendimento e al lavoro b) perché, ancora a differenza che nella maggior parte dei Paesi europei, i docenti IRC incidono sullo stesso rapporto alunni-docente, alterandolo (considerando la progressiva diminuzione degli studenti che si avvalgono) al servizio dei detrattori della scuola pubblica, che hanno continuato – mentendo – ad esibire cifre “truccate” per dimostrare che in Italia le classi sono più esigue che altrove.

Cosa succede in Europa

Il quadro dell’insegnamento della religione in Europa è piuttosto vario. Innanzitutto dobbiamo individuare i paesi nei quali l’insegnamento coincide con quello della religione cattolica. Ciò accade esclusivamente in 5 paesi oltre al nostro: Croazia, Irlanda, Portogallo, Slovacchia, Malta. Questa – in un mondo in continuo cambiamento e auspicabilmente caratterizzato dalla convivenza civile tra popoli diversi – è la prima importante caratteristica. In 12 paesi europei è previsto un insegnamento multireligioso; un esempio significativo in questo senso è quello dei Lander tedeschi, che praticano questa opzione anche là dove – ad esempio al Sud – la prevalenza è nettamente cattolica. Esistono inoltre 6 paesi in cui l’insegnamento si sostanzia in diverse confessioni cristiane (cattolica, ortodossa, protestante), persino coesistenti nella stessa scuola, più la Bulgaria e la Russia, dove di fatto si insegna religione ortodossa e islamica (in Russia anche buddismo e ebraismo) e la Finlandia, dove si insegnano più confessioni protestanti.
I paesi che non prevedono l’insegnamento di religione sono 3: Slovenia, Ungheria e Francia, con l’eccezione dell’Alsazia-Lorena. Alcuni paesi, 6, hanno disposto l’insegnamento di religione come materia alternativa al corso curricolare laico di Etica: è il caso, tra quelli in cui coincide con l’IRC, del Portogallo. Quanto all’obbligatorietà, della quale l’Italia ha potuto fare a meno dopo il 1984, con il Concordato, esistono 14 paesi che la prevedono, con possibilità di dispensa; e 12 paesi – tra cui il nostro – che la considerano materia facoltativa. Vedremo in che termini e a quali condizioni.
La pratica della disciplina alternativa è altrettanto varia: 12 paesi la scelgono nell’ambito del raggruppamento disciplinare “Etica”; solo 3 (Italia, Russia, Ucraina) delegano alle scuole la determinazione del tipo di insegnamento alternativo, con le difficoltà italiane che conosciamo. Ma la reale particolarità italiana sta nello status giuridico dei docenti di Irc. Solo in due paesi europei – l’Italia e la Grecia, dove l’insegnamento di religione è relativo alla religione ortodossa, obbligatorio con dispensa – gli insegnanti sono dipendenti statali. Nel resto del Continente ovunque c’è una forma di controllo statale, ma la giurisdizione e la retribuzione degli addetti all’insegnamento sono in capo agli organi ecclesiastici.
È questa la più clamorosa delle anomalie italiane: un insegnamento confessionale, pagato dallo Stato, ma tutto nelle mani del Vaticano. Il luogo (l’ora di religione cattolica) in cui la legislazione italiana si subordina interamente al diritto canonico: nella scuola statale, la scuola della Costituzione e della Repubblica, la scuola laica, pluralista e democratica disegnata dalla Carta, la Chiesa trova un pulpito per propagare la fede. La scuola confessionale (dello Stato) è servita.

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Marina Boscaino

Docente di italiano e latino in un liceo classico di Roma, blogger del Fatto Quotidiano e di MicroMegaOnline, e coordinatrice delll’Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica. Scuola e Costituzione il binomio cui ispira la sua attività di insegnante e giornalista e il suo impegno di cittadina.

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